L'idea dell'intervista ad Athos Ongaro nasce circa un anno fa. Quando Costanza Savini e Marco Cavara decisero di raccogliere una serie di interviste a personaggi più o meno noti - da Giulia Niccolai poetessa e monaca buddista a Valerio Massimo Manfredi scrittore, ecc...- che pur "operando" in ambiti molto lontani e diversi in qualche modo incarnassero la "passione di vivere", specie in tempi come oggi di facile "addormentamento". Così Athos Ongaro è uno degli "uomini antidoto" al grande sonno generalizzato che ci pervade lento come un veleno. Uno di quegli uomini che non hanno spento il loro spirito, come si può leggere da questa intervista breve ma densa.
Perché una persona decide di uscire dalla corrente principale ed “entrare nel bosco”?
Mettiamola così: vista la mia idea di innestare la potenza propulsiva americana alla visione del mondo egea dovrei usare la corrente come un velista usa il vento, anche contrario, per farsi portare dove vuole. Questo in teoria, nei fatti mi sono tenuto alla larga dalla corrente principale e quindi non ho bisogno di uscirne. La foresta negli anni della nostra infanzia paleolitica ce la siamo goduta, scorazzando a volontà nell'incanto di un mondo nuovo di zecca, poi ne siamo usciti e rientrare mi sembra problematico anche perché siamo un po' a corto di foreste. Sul bosco esistono diversi punti di vista. Lo spiritoso Boucher, ad esempio, asseriva che la Natura è "Troppo verde e male lumeggiata" ... Balle! La Natura è lumeggiata molto meglio dei suoi quadri ed estremamente più complessa. Alce Nero, invece, sopravvissuto al massacro di Wounded Knee, testimonia la disperazione per la fine della simbiosi Uomo-Natura: "Non sapevo allora quel che finiva. Quando guardo indietro dall'alta collina della mia vecchiaia, posso ancora vedere le donne massacrate e i bambini morti, ammucchiati e sparsi lungo il burrone tortuoso, con tanta chiarezza come quando li vidi con questi occhi da giovane. E posso vedere anche che qualcosa altro morì lì nel fango sanguinolento e fu sepolto dalla tormenta. Il sogno di un popolo morì. Era un bel sogno... Il cerchio della nazione è spezzato e disperso. Non c'è più un centro e l'albero sacro è morto".
No, la soluzione non è tornare nel bosco, ma, almeno per me, la riconquista del sacro. Heidegger indica la via quando afferma che l'arte instaura il luogo, ma quale se non il luogo originario della nostra cultura ovvero l'Acropoli o l'Arx dei nostri progenitori? Il centro della Polis era il luogo per eccellenza perché vi erano conservati gli Arcana, una sorta di trasformatore che riduceva la tensione del Sacro a un voltaggio utilizzabile dall'Uomo. Questa era e rimane anche la funzione principale dell'Arte: avvicinare il Sacro senza esserne risucchiati e perdere l'identità. Naturalmente ne siamo ben lontani visto che la Megalopoli ha obliterato la Polis, sostituendo l'Acropoli con la City e la ricerca del sacro con le trame dei sacerdoti-finanzieri. Aggiungo che questo era inevitabile viste le basi su cui è fondata la civiltà greca.
Cosa pensa del culto della velocità che caratterizza il nostro tempo?
Premesso che trovo la velocità esilarante... anzi no. Non è la velocità ma l'accelerazione a mettermi di buon umore, il momento del decollo ad esempio. Per quanto riguarda la velocità del bombardamento mediatico o i ritmi imposti alla nostra vita è chiaro che sono funzionali alla società dei produttori-consumatori, fermarsi a riflettere o a godersela è nocivo, l'idiozia è obbligatoria e istituzionale, la funzione critica e selettiva affidata, figuriamoci, al mercato. Mai il mondo ha visto una umanità così stupida e vuota, per la gioia delle case di moda che sono riuscite a imporre, anche alla cultura, l'obbligatorietà del cambio di guardaroba annuale. Non credo che una società del genere possa durare a lungo e, se non bastasse Isis, Osiris certamente darà una mano per far piazza pulita. Nel frattempo servono strategie di sopravvivenza, dimorare nell'Arte funziona.
Crede che l' Eros possa essere un buon antidoto contro il senso di morte e il nulla? E la pornografia?
La pornografia deriva dal credere di poter ottenere dal sesso quello che l'Eros può dare. Eros è il creatore dello spazio-tempo e ciò che contiene, ed è anche l'artefice di quei ponti tra visibile e invisibile, contatti tra il divino e l'umano, che con furia razionalista abbiamo demolito. Secondo il mito fu la sua morosa, la bellissima e curiosa Psiche, a combinare il pasticcio, ora la scommessa è come rimediare. L'Eros è alla base del mio lavoro che ha una funzione simile a quella della commedia di Aristofane nella Grecia classica: far affiorare elementi dissonanti rispetto a quelli caratterizzanti quella cultura (che è la nostra), elementi che appartengono a uno strato culturale precedente, apparentemente svanito ma vitale e operante nel profondo, possibile germoglio di una civiltà a venire. A questo proposito un quadro come Preludio è esemplare in quanto riflessione su di un mitologema fondamentale: L'offerta della mela. Diverse religioni lo hanno demonizzato ritenendolo, a ragione, pericoloso per la loro stessa esistenza. Ciò che viene offerto è lo svelamento della divinità dell'Uomo intesa come identità con l'Eros. Introduco il tema dell'identità perché sto riflettendo sull'ipotesi che la nostra vita non sia che un modellare il ritratto vivo e quadrimensionale di noi stessi. Un ritratto che sfida il tempo, è per sempre.
C’è qualcuno che considera un suo “maestro di vita”?
Sì, Dioniso.
Recentemente la Grecia è stata vista come un problema per l’Europa. Com’è possibile che siamo arrivati a questo?
Non mi occupo di problemi economici ma, con buona pace dei filoellenici, la Grecia o meglio il superamento della schizofrenia tattica che ha dato origine alla cultura Greca è Il problema dell'Europa. In questo il ruolo dell'Arte è fondamentale. Disquisire circa il potere terapeutico dell’arte sugli individui, è luogo comune, non che non sia vero, ma se ne è parlato anche troppo. Un po’ meno ci si è dedicati a riflettere se l’arte possa esercitare lo stesso potere su una Civiltà. Io lo credo, credo sia l’arte a tenere in piedi quella vecchia baldracca della nostra Civiltà. Dicono che da giovane fosse bellissima e molti siano impazziti per lei. Non so, ho vissuto nel suo tramonto e posso testimoniare che è invecchiata male, molto male. Ora la poveretta non ne può più, è stanca, stanca da morire … e di morire merita! Propongo, in ricordo della sua passata bellezza, di porre fine a questo assurdo accanimento terapeutico e facilitarle la dipartita con uno sciopero mondiale degli artisti.
Possiamo dire che la dimensione spirituale è componente costitutiva dell’animo umano. Perché in Occidente o viene rinnegata o si nutre di idoli, mentre in Oriente e nel mondo islamico procede ancora nel solco della tradizione?
In Occidente, a partire dalla cultura greca, con la separazione di Eros e Logos si è anche separato il Reale dal Sacro ma la cosiddetta dimensione spirituale non è monopolio di nessuna cultura o religione quindi è possibile viverla ovunque, sempre che uno lo voglia. Devo precisare che sono panteista e per me non esiste una dimensione spirituale separata da quella materiale.
Come cambia il sentimento vitale con le stagioni della vita di un uomo?
Penso che dovrebbe seguire lo stesso processo che va dal vino al Vin Santo. Quel che invece spesso succede è che il vino diventa aceto... e di pessima qualità.
Esiste per lei un fattore originario alla base della "avventura" della vita sulla terra?
Alla domanda fondamentale "Perché l'Essere?" la risposta lapidaria di Parmenide è "Perché il nulla non può essere". Quanto al perché della nostra presenza sulla terra la risposta è facile: per distruggerla.
Cos'è e dov’è il BELLO, oggi?
Dove è sempre stato... da nessuna parte. Il Bello appartiene alla categoria dei concetti platonici dove una cosa è tanto più bella quanto più si avvicina al bello ideale situato nell'iperurano. Detesto Platone e, molto prosaicamente, credo che l'idea del bello sia legata alla riproduzione e continuazione della specie, idea diversa per ogni razza, cultura e individuo. Amen!
Athos Ongaro nasce ad Eraclea (VE) nel 1947, attivo fin dagli anni Settanta, dopo un lungo periodo di opere scultoree realizzate impiegando i materiali più diversi, è passato, dal 2000, alla pittura. Oggi vive tra Belgrado e Pietrasanta.