Quando nel 1953 scelsi Mentana come patria di elezione trovai una comunità laboriosa ma totalmente ignota alla storiografia ove si fossero escluse le vicende dei dieci giorni di storia garibaldina, dal 25 ottobre al 3 novembre 1867; né migliore situazione trovai un lustro dopo allorché allargai il confine della mia attività professionale al vicino comune di Monterotondo.
Memore delle passioni liceali, iniziai il viavai verso la Biblioteca Alessandrina che mi consentiva l’accesso tra le ore 21 e le 24 dei giorni feriali, al termine dell’impegno nell’attività medica, mia principale occupazione. Per qualche anno ne fui assiduo frequentatore e quelle nozioni che acquisii mi consentirono di dare alle stampe le mie due prime monografie: Mentana: cavalcata su tre millenni! [1] e Monterotondo in Sabina [2]. Il capitolo iniziale di quest’ultimo trattava di Eretum, un insediamento sabino posto sulla via Salaria e che, per tradizione consolidata nei secoli, sorgeva in territorio di Monterotondo.
La storia si differenzia dalla tradizione perché i suoi assunti sono supportati dal “documento”; tuttavia la tradizione non nasce mai dal nulla. Per Eretum, sino agli anni Sessanta del secolo XX, fu costante l’accostamento del suo sito con Monterotondo. Ancora oggi nel palazzo comunale, i portali interni si fregiano della scritta CAROLVS BARBERINI / S.R.E. CAP. GENERALIS ERETI DVX. Gli scrittori dei secoli passati hanno costantemente tramandato l’etimo eretini per indicare i monterotondesi.
Nel Dictionarium historicum geographicum poeticum, era scritto:
Eretum, castello dei Sabini non lontano dal Tevere, posto su di un colle, che già gli antichi chiamarono Monte Eretum ma il popolo italico volgarmente chiama oggi Monte Rotondo [3].
Nel 1970, ponendomi la domanda sul sito di Eretum, compii una disamina ‘clinica’ delle quattro tesi al momento in discussione e, alla fine, optai per l’ipotesi Eretum = S. Anzino: è questo il nome corrente della collina già intesa di Sant’Antimo. Pier Nicola Pagliara, nel saggio su Monterotondo [4] scrisse:
Per un Marco Aiesenhofer, teutonico, che nel 1630 chiede diligentemente e ottiene dal camerlengo la patente per scavare tesori, statue comprese, […] col consenso dei Barberini, a Monterotondo innumerevoli sono stati gli scavatori senza patente. E in nota specificò: […] Un luogo in cui si riteneva fossero tesori era la collina di Sant’Antimo ove erano le rovine della basilica omonima e la presunta Ereto [5].
Ancora nel 1980 il Pagliara scrisse:
Un’altra chiesa legata a un martire sabino era sant’Antimo, vicino all’incrocio con la Salaria della strada che conduceva da Monterotondo al porto sul Tevere.[…] Qui erano rovine che Ghisleri riteneva che rispondessero ad Eretum […] Sulla questione cfr. Vicario, Monterotondo in Sabina, cit., pp. 47-65 [6].
Specificò che questa strada che da Monterotondo conduceva al porto sul Tevere era, in altri termini, la prosecuzione della via Nomentana antica rinominata di recente in via Edmondo Riva da Porta Romana a piazza Santa Maria e da questa alla via Salaria in via di San Martino che inizia quindi da piazza di Santa Maria [7] e giunge sino alla via Salaria nella zona di ponte del Grillo.
Qui mi viene l’interrogativo: Perché non si sono più rilasciate “licenze di cavar tesori” sul colle di Sant’Antimo?È dal 1970 che me lo chiedo: perché non eseguire dei saggi archeologici presso l’odierno colle di Sant’Anzino, alias Sant’Antimo? Forse perché questa mia tesi cozza con quella di Eretum a Casacotta, quella “certezza paludata” che parte da lontano, dal De Chaupy e, mi sembra, con il piede sbagliato? Hence Abbé Capmartin De Chaupy, infatti, in Decouverte de la maison de Champagne de Horace [8], pose Eretum a Arimane (Casacotta). Scrisse che essendo venuto in Monterotondo nel febbraio del 1760 trovò nei pressi del succitato luogo i ruderi delle mura e delle torri dell’antico Eretum, e che tornatovi dopo qualche mese, tutto era smantellato e raso al suolo.
La notizia fu presa per corretta in Roma antica da Famiano Nardini. Nel testo il Nardini tramandò una dissertazione di Antonio Nibby il quale reputò valido documento la notizia di De Chaupy:
La situazione precisa di questa antica stazione dee porsi a Rimane, dove molte vestigia si veggono, e ancora se ne trovarono l’anno 1768, quando queste stesse rovine furono visitate dal De Chaupy [9].
Il Nibby, certamente per distrazione, riportò il ritrovamento “delle mura e delle torri” nell’anno 1768 invece che nel febbraio del 1760 [10]. Notizia tuttavia difficile da essere presa sul serio, oggi, considerando che nel secolo XVIII ancora le “macchine per il movimento-terra” erano ben lontane dall’essere realizzate. Tesi inaccettabile pure per le fonti ufficiali odierne peraltro, ove è scritto:
Eretum (Ērētŭm) fu una città sabina del Latium vetus, che sorgeva lungo il percorso dell'antica via Salaria, in prossimità dell'incrocio con la via Nomentana, nella valle del Tevere. I resti dell'abitato sono stati identificati da ricerche del CNR sulla collina di Casacotta nel territorio comunale di Montelibretti e si riferiscono ad un centro fiorito tra l'VIII e il VI secolo a.C., privo di strutture difensive [11].
Nel 1965 infine Robert Maxwell Ogilvie [12] ritrovò sulla collina di Arimane (leggi Casacotta) elementi attribuibili a un pagus che, a suo parere, non potevano non essere altro che le rovine di Eretum. Agli inizi del anni Settanta del secolo XX nel territorio di Monterotondo si consolidò la presenza di un dipartimento di archeologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Iniziati gli scavi, gli archeologi si imbatterono in una importante presenza di tombe: venne alla luce la Necropoli di Colle del Forno e scattò subito l’ipotesi che si fosse in presenza della necropoli di Eretum. Dal 2 giugno 1973 iniziò così la campagna mediatica con la sommessa ipotesi che si fosse scoperto il sito di Eretum; la notizia fu passata a un giornalista di grido, Claudio Finzi, che la diede con la nota bravura:
Chi seppelliva i suoi morti a Colle del Forno? Una necropoli presuppone una città, un paese, un qualsiasi agglomerato urbano, perché nessuno porta i propri morti troppo lontano da casa. Nella Sabina tiberina, chiusa tra il medio Tevere e i monti Sabini, contrapposta alla Sabina interna con cui i Romani entrarono in contatto molto più tardi, soltanto alla fine del III secolo a. C. secondo le fonti, erano quattro città o villaggi: Cures, Eretum, Trebula Matuesca e Forum Novum. Qualcuno situa Eretum al chilometro 32 della Salaria, ma altri ritengono fosse sul colle di Casacotta, esattamente di fronte alla necropoli. La distanza è leggermente superiore alle consuete intercorrenti tra città e necropoli ma sempre in limiti accettabili. La dottoressa Paola Santoro, che ha diretto lo scavo sotto la supervisione del professor Massimo Pallottino, è convinta di avere dissepolto la necropoli di Eretum […]. Ora sarà necessario trovare la città per l’ultima conferma [13].
Da allora si succedettero le pubblicazioni degli archeologi del CNR, ciascuno citando i lavori precedenti, sino al marzo 1976 quando fu presentato il volume di Pala in pompa magna [14]. A pag. 115 fu offerta la stampella alla collocazione definitiva di Eretum a Casacotta:
105-Via Nomentana – Sul versante E del crinale a quota 122 una foto aerea del 1946 (fig. 303) rivela una traccia rettilinea in senso NS che corrisponde al tracciato della Nomentana (didascalia: Macchia del Barco, traccia della Nomentana). Un piccolo saggio sul terreno ha rivelato la presenza di basoli a circa cm. 20 di profondità.
Tanto è bastato perché Eretum a Casacotta diventasse dogma: vi era dietro la "cultura" che contava e conta ancora. Negli anni qualche cosa è cambiata. La via Nomentana alla macchia del Barco, dopo un decennio circa, da detta "cultura", è stata giocoforza sconfessata però sostituita con la Via Nomentum-Eretum e così descritta: Si tratta di un’area archeologica che conserva un tratto della strada basolata che costituiva l’antica via che da Nomentum portava ad Eretum. Gli scavi condotti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e l’instancabile opera di ricerca e di valorizzazione promossa dall’Archeoclub d’Italia sezione Mentana-Monterotondo hanno permesso di portare alla luce parte del tracciato viario e vari edifici funerari datati tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C.[15].
Tentai un confronto nel giugno 1999 con un tema: Eretum: una storia e una ricerca. Venne lo schieramento CNR al completo ma senza possibilità di confronto, bensì esibendo la potenza del possesso del timone del comando [16]. Troppo spesso mi tornano in mente, a proposito delle università italiane, le parole di Federico Zeri:
Le università italiane non possono nemmeno paragonarsi a quelle americane. Le considero uno dei flagelli di questo paese, perché coprono l’intero suolo nazionale con un’unica organizzazione che non offre possibilità di alternativa. Si forma quindi una sorta di mafia che esercita un potere indiscriminato e corrompe gli studenti. […] La sinistra universitaria è ancora più corrotta della destra [17].
Continua il 25 Giugno.
Note:
[1] Editrice Santini, Sarzana 1967.
[2] Editrice La Rondine, Roma 1970.
[3] Authore Carolo Stephano, Genevae M.DC: LXII (la prima edizione è del 1638). L’Autore del tempo volle tramandare il sito proprio sul colle ove sorgeva il nuovo insediamento e ciò non era esatto.
[4] Pagliara, Monterotondo, Storia dell’arte italiana, Inchieste su centri minori, vol. 8, Einaudi ed., Roma 1980, pp. 275-276.
[5] Id., cit., p. 276, 8n: Archivio Barberini, III, 617, fasc. 60, f. 110v, licenza di cavar tesori in data 7 settembre 1630. Collina di Sant’Anzino corrispondente a collina di Sant’Antimo è il parere riportato dal Pagliara, che non condivido. Tratterò il tema nella seconda parte.
[6] Id., cit., p. 238 e 7n.
[7] Dalla omonima chiesa di S. Maria delle Grazie in Sant’Ilario, l’antica chiesa di Santa Maria di Monterotondo.
[8] T. III, p. 91.
[9] Edizione terza romana, con note e osservazioni storico-critiche, dedicata Alla Santità di nostro Signore Papa Clemente XIV, in Roma a spese di Carlo Barbielli nella Stamperia di Lorenzo Capponi, anno 1771.
[10] Salvatore G. Vicario, Eretum a Casacotta? Una incertissima certezza, Sant’Agata Militello 2010, p. 48, 93n.
[11] Wikipedia, ad vocem.
[12] Papers of the British Scool at Rome, XXXIII, 1965, p. 71 sgg.
[13] Claudio Finzi, Che cosa nascondeva la Necropoli di Colle del Forno? I segreti dei guerrieri sabini, “Il Tempo”, a. XXX, n. 149, 2 giugno 1973, p. 3: l’articolo merita attenzione poiché è la prima pietra di un edificio alto “33 anni”.
[14] Corrado Pala, Nomentum, Unione Accademica Nazionale, Istituto di Topografia antica dell’Università di Roma, Forma Italiae, Regio I, Volumen XII, Roma 1976.
[15] Da Wikipedia, alla voce “Archeoclub d’Italia sezione Mentana-Monterotondo”. È il caso di notare la discrepanza tra la data del tracciato viario qui riportato e il centro fiorito tra l'VIII e il VI secolo a.C.
[16] Per correttezza l’ho voluto riportare interamente in Annali 1999 dell’Associazione Nomentana di Storia e Archeologia, di cui ero il Direttore responsabile, pp. 137-152, a futura memoria.
[17] Marco Bona Castellotti, Conversazioni con Federico Zeri, Ugo Guanda ed., Parma 1988, pp.74-75.