Dopo sette anni in loro compagnia, Carl Brandon Strehlke non sa se li ama tanto: “I Berenson erano un po’ cattivi”. Leggere nei diari le scene da un matrimonio tempestoso, gli insulti tremendi che volavano fra i Giotto e i fondi oro dei pittori senesi ha allontanato il cuore dello storico dell’arte statunitense da Bernard e Mary Berenson, monumenti del collezionismo, studiosi infaticabili e leggende della comunità anglosassone fiorentina della prima metà del Novecento. Se l’affetto di Strehlke si è intiepidito non così il suo giudizio: “Tutte due erano di grande intelletto e trovo bello che abbiano creato una casa di raccoglimento e di studio e lo splendido giardino”.
Strehlke ha pubblicato insieme con Machtelt Brüggen Israëls dell’Università di Amsterdam The Bernard and Mary Berenson Collection of European paintings at I Tatti (Villa I Tatti con Officina Libraria, 2015) e per questo ha “vissuto”con i Berenson nella dimora sulle colline di Firenze un settennato, come i presidenti della Repubblica al Quirinale. In questo periodo, buon per lui, ha fatto anche molte altre cose.
Bostoniano, laureato alla Columbia University, curatore della collezione John G. Johnson del Philadelphia Museum of Art, Strehlke dimostra decenni di meno della sua età, ha un sorriso stile Hollywood e un aspetto da villeggiante chic di Martha’s Vineyard, un aspetto custode di un’intelligenza che ospita interessi a profusione, anche nuovi. Il volume, spiega Strehlke, è nato grazie a una squadra: citiamo almeno Michel Laclotte, già direttore del Louvre, esperto di Lorenzetti e della pittura senese del Trecento e al quale si deve, fra l’altro, l’idea di trasformare la Gare d’Orsay di Parigi in un museo; Everett Fahy, una vita fra i dipinti del Metropolitan Museum di New York; Mattia Vinco, esperto di Quattrocento veronese (importante per i Berenson che non si sottrassero a un viaggio romantico a Verona. Sì, sempre Romeo e Giulietta), Roberto Bellucci e Cecilia Frosinini dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze.
Con ammirazione e ironia in dose giusta, Strelhke ci racconta i suoi Berenson, Bernard (1865-1959), detto B.B., dispiace per Brigitte Bardot, ma è arrivata dopo, e Mary, nata Smith, coniugata Costelloe (1864-1945). “Machtelt ed io abbiamo guardato bene tutti i dipinti, letto i diari di Mary, le lettere di Bernard, i suoi diari segreti. Anzi, più che segreti, mai pubblicati. Per capire l’ambiente, gli interessi culturali della coppia, che cosa volevano e perché”. Ecco i Berenson nelle parole di Carl Brandon Strehlke.
La collezione
Intorno ai Berenson c’erano, non soli: Gentile da Fabriano, Sassetta, Giotto, Lorenzo Lotto, Pietro Lorenzetti, Domenico Veneziano, Vincenzo Foppa, Bernardo Daddi, Cima da Conegliano, Giambono, Liberale da Verona, Pietro Perugino, Paris Bordon, Luca Signorelli e persino un Matisse e un piatto di Picasso, pur sempre figurativi e dunque ammessi. “Villa I Tatti è una casa della vita. Una biblioteca con intorno una casa - dice Strehlke -. Nel 1900, appena sposati, i Berenson la prendono in affitto e in quegli anni è un via vai di quadri: molte cose sono comprate, molte sono vendute. L’idea è ancora che tutto può essere venduto. La provvisorietà. Nel 1908 riescono ad acquistare I Tatti e tutto cambia: fino alla Prima guerra mondiale sono collezionisti, pensano al restauro della villa che poi è solo una casa padronale e del giardino. La collezione nasce perché vogliono arredare la casa seguendo i propri interessi artistici. Dopo il 1918 la casa è fatta e la collezione è finita. Negli anni Cinquanta, B.B. fa un expertise per il nobiluomo Contini Bonaccossi che gli offre un Lorenzo Lotto e un Bergognone.
Botticelli l’inarrivabile
“L’artista più amato era Botticelli, ma i Berenson non sono mai riusciti ad avere una sua opera. Avevano soldi sì, ma non abbastanza. Nel 1912 B.B. si innamora subito e paga 8000 lire, cifra enorme, una Madonna con Bambino molto botticelliana e con un’iconografia insolita che avrebbe dovuto garantirne l’autenticità. Ci mette due giorni per capire che è un falso, dipinto da Giuseppe Catani Chiti, autore di pale d’altare neo-rinascimentali. A volte B.B. teneva i falsi a testimonianza dello sbaglio commesso”.
L’importanza di Mary
“Senza Mary, al principio, B.B. non avrebbe fatto niente. I lavori iniziali sono una collaborazione dei due anche se Mary non li firma perché le figlie sono in custodia della madre di lei, lasciate in Inghilterra con il marito per seguire Bernard a Firenze. Tutti gli anni Novanta dell’Ottocento sono di forte produzione e gli studi sulla pittura veneziana del Rinascimento devono molto al lavoro di Mary. Ancora non collezionano, entrano un po’ nel mercato dell’arte, più che altro per mantenersi”.
Vezzi da collezionisti
Negare di essere collezionisti e creare i miti su come si trovano le cose, i vezzi Berenson. “Il Sassetta, pittore senese del Quattrocento, viene riscoperto alla fine dell’Ottocento. Nel 1900, prima del matrimonio, Mary vuole comprare un quadro per la casa e acquistano un Sassetta. Mary scrive di averlo trovato da un rigattiere di Firenze che stava per tagliarlo per usare il vecchio legno. Vogliono pubblicare l’opera in anticipo su tutti. Invece quindici anni prima, il dipinto era stato battuto a una asta e il Milanesi l’aveva pubblicato come Sassetta. Non era così sconosciuto come volevano fare intendere i Berenson, che l’avevano preso da un prestigioso antiquario e non da un rigattiere”.
Che stile
“Villa I Tatti è singolare, molto moderna. Le linee sono pulite: è rinascimentale, ma anche Frank Lloyd Wright. A volte B.B. posa i dipinti al muro, non li appende. Dal 1909-10 si interessa all’arte orientale e la sua collezione è una delle più importanti d’Italia. La sua visione dell’arte asiatica, diversa da quella vittoriana, è una riscoperta del Buddismo. Compra molto a Parigi, centro di quel mercato, e innovatore, mescola oggetti europei e asiatici, Buddha sotto il Sassetta, per esempio. Già negli anni Novanta dell’Ottocento avrebbe voluto studiare arte cinese e giapponese, era di moda fare paralleli: San Francesco e Buddha; Botticelli e i fiori orientali, Carlo Crivelli e le lacche. Scrisse un piccolo saggio auto-ironico sul Franceschinismo, giocando anche sul fatto che la villa di Eleonora Duse a Settignano, testimone degli amori con Gabriele D’Annunzio, si chiamava La Porziuncola”.
L’amore
Bernard e Mary si sono molto amati fino… al matrimonio. Poi scontri furibondi, tante amanti di lui, fra le quali la segretaria Nicky Mariano, autrice dell’autobiografia Quarant’anni con Berenson e qualche amante di lei. “Bernard nasce in Lituania - racconta Strehlke -. Ebreo, con poche risorse economiche e grande senso intellettuale. Dopo i pogrom, la famiglia fugge a Boston dove B.B. è bravo a scuola, brillante così brillante da riuscire al secondo anno di università ad entrare a Harvard. Alla fine dell’università, un gruppo di persone fra le quali Isabel Stewart Gardner, gli pagano una borsa di studio per l’Europa. Va a Parigi, a Londra, Oxford, Cambridge, legge libri, traduce qualcosa, fa una breve conoscenza di Mary, va a Firenze dove incontra Vernon Lee, Ovida, Constance Fenimore Woolson, nipote di Fenimore Cooper e amica di Henry James, suicidatasi nel Canal Grande. Scrive alla Stewart Gardner che forse può fare carriera nell’arte. Torna in Gran Bretagna, ottiene un altro anno di soldi e rivede Mary, nel frattempo sposata con l’irlandese Costelloe, dal quale ha due figlie. D’estate i due sono già amanti”. Liberale, favorevole al voto alle donne, ma cattolico (no divorzio), il signor Costelloe morirà nel ’99 lasciando i due liberi di sposarsi”.
In salvo
“Durante il Fascismo, gli anglo-americani Berenson, lui è anche ebreo, sono nemici dello Stato quindi si procede all’inventario a Villa I Tatti. Poco prima del rastrellamento degli ebrei di Firenze, la segretaria Nicky Mariano vede i nazisti per le strade e chiama il marchese Serlupi che prende B.B, la Mariano, alcuni dipinti importanti della collezione e li porta alla sua villa Le Fontanelle. Serlupi ha una copertura diplomatica che fa un po’ sorridere: è ambasciatore della Repubblica di San Marino presso la Santa Sede. Molti altri dipinti vengono portati dalla sorella della Mariano vicino a Ponte Vecchio, ritenuto erroneamente i l luogo più sicuro, e recuperati in parte sotto le macerie, dopo la distruzione della zona. Mary, vecchia e malata, rimane a casa”.
Finito il settennato a Villa I Tatti, Strehlke si sta occupando del prossimo progetto: una mostra su Beato Angelico al Prado prevista fra due anni. Questa volta lo storico dell’arte bostoniano dovrà frequentare Madrid e i duchi d’Alba, vivi e morti. “Il Prado ha comprato un Beato Angelico che il quattordicesimo Duca d’Alba ventiduenne aveva acquistato nel 1817, a Firenze”. Un tipo detestabile, il quattordicesimo Duca d’Alba: “Tiene un diario dall’Italia e scrive commenti orribili su tutti. Odia Firenze”. L’attuale Duca d’Alba, il diciannovesimo, ha donato un altro Beato Angelico di famiglia al Prado. Pare che anche lui non sia un campione di simpatia, ma chiunque abbia visto una fotografia di sua madre Maria del Rosario Cayetana AlfonsaVictoria Eugenia Francisca, riposi in pace, potrà certo scusarlo.