Diversi artisti hanno sviluppato la propria pratica riflettendo sull’attualità e sui fenomeni socio-culturali, ma pochi sono riusciti a darne una lettura ironica, controversa e graffiante come Stefano Cagol. Classe 1969 Cagol si forma all’Accademia di Brera e alla Ryerson University di Toronto. Tra il 1995 e il 2015 partecipa a numerose residenze d’artista e riceve diverse borse di studio fra le quali: International Center of Photography a New York; International Studio and Curatorial Program ISCP a New York; BAR International a Kirkenes, nell’Artico. Ha esposto in Italia e all’estero, ha partecipato a Manifesta7 nel 2008, alla 54. Biennale di Venezia con un evento collaterale e alla 55. Biennale di Venezia nel 2013 invitato dal Padiglione Maldive. Nel 2009 ha vinto il Premio Terna per l’Arte contemporanea e nel 2014 il premio Visit della fondazione tedesca RWE.
È del 2015 il progetto The Body of Energy (of the mind) presentato al Maxxi di Roma, al Madre di Napoli, al Maga di Gallarate, a Museion di Bolzano, alla Kunsthalle di San Gallo, allo ZKM di Karlsruhe e al Museum Folkwang di Essen. The Body of Energy (of the mind) è uno dei suoi cosiddetti “progetti itineranti”. Realizzato con il supporto della Fondazione RWE Stiftung fur Energie und Gesellschaft gGmbH, The Body of Energy è un progetto nel quale l’artista invita il pubblico a partecipare alla sua opera imprimendo l’energia delle proprie mani e corpo sulle pareti e architetture dello spazio ospitante mentre una telecamera a infrarossi registra questo scambio simbolico restituendo immagini prive di una qualsiasi riconoscibilità individuale in netto contrasto con quanto accade con la tendenza contemporanea ai selfie e a quanto condividiamo quotidianamente sui social network.
Nel 2013 in occasione della Biennale di Venezia colloca lungo la riva di Venezia un monolite di ghiaccio delle Alpi lasciandolo fondere sotto il sole estivo. L’intenzione è quella di riportare l’attenzione su un problema di interesse globale e che riguarda la scomparsa di qualcosa di fondamentale importanza per la nostra esistenza e per il futuro non solo dell’umanità ma anche del nostro pianeta. Nella videoinstallazione presente nel Padiglione ci sono montagne che emergono e scompaiono lasciando spazio a dibattiti, interrogativi, dubbi, utopie che coinvolgono tutti, non solo gli addetti ai lavori, gli intellettuali o i politici in quanto il futuro è appunto di tutti.
Qualche tempo prima in una mostra diretta da Achille Bonito Oliva, Cagol aveva creato un progetto partecipativo presso l’Ilva di Taranto dal titolo Scintillio e Cenere (Sparkling and Ash), 2010. In quella occasione l’artista aveva invitato la popolazione di Taranto a scegliere tra lo scintillio e la cenere, cioè a interrogarsi sulle contraddizioni del territorio diviso tra le opportunità di lavoro offerte dall’Ilva e le problematiche a livello ambientale e di salute determinate dalle polveri. L’artista chiedeva alla popolazione di trovare e portare oggetti scintillanti che poi l’artista componeva in un’installazione all’interno del castello, mentre all’esterno dello stesso collocava una bandiera riportante la parola “cenere”. Una sorta di monumento collettivo che rifletteva come uno specchio la realtà circostante e che era destinato ad essere opacizzato dalle polveri presenti nell’aria.
Adesso la Galleria Civica di Trento dedica a Stefano Cagol una vera e propria retrospettiva ripercorrendo le tappe della ventennale carriera dell’artista. In mostra circa 40 opere tra le quali i progetti itineranti e partecipativi dei quali ho ricordato quelli più conosciuti. Cagol recupera le sperimentazioni che hanno attraversato il ’900 e le aggiorna con strumenti nuovi, affidandosi alla tecnologia e ai linguaggi della comunicazione. Attraverso l’ibridazione di mezzi, strumenti e messaggi, realizza veri e propri progetti, incarnando la figura di artista-progettista. L’indagine è principalmente focalizzata sull’immaterialità della creazione del sapere e sui processi di formazione dell’opinione pubblica. Inoltre, tra i temi cari all’artista sono fondamentali l’interesse per gli scenari globali e la ricerca sul quotidiano.
C’è ancora posto nella nostra quotidianità per la responsabilità, l’etica, l’impegno? Può l’arte aiutarci a sviluppare questa sensibilità o recuperarla se l’abbiamo smarrita? Ci può essere una trasformazione sostenibile della società? In ognuno di questi casi la pratica di Stefano Cagol può essere un importante punto di riferimento.