Danilo Dolci, Roberto Rossellini, Jean-Marie Straub, Danièle Huillet sono stati suoi maestri. Ne avrà avuti anche altri che non sappiamo, altri ancora che, magari, non sa nemmeno lui. Fatto sta che è entusiasmante averlo come maestro e gli allievi del Polo universitario di Prato vanno matti per lui. “Ragazzi straordinari, anche se quando arrivano sono i soliti ragazzotti che si vedono in circolazione”.
Ma Paolo Benvenuti, regista e produttore, esordio alla Mostra del Cinema di Venezia del 1988 con Il bacio di Giuda, un film su Caravaggio nel futuro, li “aggancia” in un momento annunciandogli un cambio di vita: “Dentro di voi c’è una creatività soffocata dalle scemenze, dalla pubblicità, dalle mode”, comincia. Poi insegna una cosa sola perché si definisce un maieuta, non un insegnante, grazie al sistema pedagogico di Danilo Dolci, metà siciliano metà triestino, figura insostituibile della cultura e della non violenza italiana.
Benvenuti è salito in cattedra per caso, qualche anno fa. Si appassionò di lui, dopo averlo invitato a un incontro con gli studenti del suo corso, Alessandro Bernardi, titolare della cattedra di cinema dell’Università di Firenze. Con coraggio, sfidando i paludamenti accademici, Bernardi gli procurò nei due anni a seguire un contratto per venticinque lezioni di cinema alla fine delle quali gli sarebbe piaciuto vedere un film girato dagli studenti. “Un film in venticinque ore di lezione?” si sbalordì Benvenuti. “Quanto tempo ti ci vorrebbe?” riparò Bernardi. “Almeno trecento ore”. E Bernardi trovò i finanziamenti. Un giorno, forse bisognoso di rassicurazioni sulla bontà della sua causa, si presentò in classe con altri personaggi dall’allure accademica e chiese di vedere qualche girato: le esercitazioni degli aspiranti cineasti lo impressionarono.
Da quelle esercitazioni, sul tema “La manualità colta”, sono nati i cortometraggi dedicati all’artigianato pratese, raccolti in L’oro di Prato che contiene: Anomalia di Gabriele Masi, Centoscale e Neon di Velesjana Rustemi, Chapeau di Irene Sonnati e Marco Fedele, La Filanda di Tommaso Capecchi, Mostodolce di Andrea Ragghianti, Nuovo Mondo di Yingfang Cai e Agnese Polifroni.
Sindaco, assessori, Camera di Commercio, industriali hanno apprezzato molto e alla presentazione dei mini documentari c’è stata una passerella di autorità, ognuno in veste di padre dell’iniziativa, il che è una cosa vantaggiosissima per i ragazzi. Complice anche il fatto che per la prima volta l’elitaria Università di Firenze, dalla quale il Polo di Prato dipende, manifesta un interesse così spiccato per la cultura pratese.
Allora, Benvenuti, eravamo rimasti in sospeso, qual è la sola cosa che insegna agli studenti? “Cerco di fargli capire che il linguaggio delle immagini in movimento si svolge in un rettangolo. Una bella immagine è determinata dalla distribuzione consapevole e armonica dentro il rettangolo. Nello sviluppo del tempo, perché è cinema”. Basta. Il resto salta fuori dall’animo, dalla mente degli allievi. Sono gli stupefacenti risultati del sistema pedagogico della maieutica di Dolci, il quale diceva: “Con questo metodo gli occhi dei ragazzi fioriscono”. Adesso, dato il successo al “botteghino” dei vertici politici e universitari, le ore di lezione sono diventate seicento e i ragazzi venti. E anche gli occhi smorti, spenti, sono fioriti. I discepoli del regista pisano sono tutti bravi: “Ho cinque o sei eccellenze, ma anche gli ultimi della classe producono comunque immagini armoniche. E, soprattutto, sono felicissimi e amici. Quello che ha imparato per primo aiuta gli altri”. Il mondo che vorremmo, insomma. “Sì, il mondo che vorremmo. Io diffondo anticorpi!”.
Benvenuti vorrebbe anche un mondo dove poter girare, senza preoccupazioni di incassi, il film su Caravaggio che ha in testa da anni e anni, una sorta di metafora del cinema: “Pensavo che fossero dieci anni, invece sono molti di più. Ho una marea di materiale, collaboro con una restauratrice, faccio esperimenti. Vorrei disperatamente girare questo film per sostenere la tesi sul metodo pittorico del Caravaggio che, secondo me, lavorava con la camera oscura, lavorava come un regista. Non c’è mai nessun disegno preparatorio, secondo me proiettava i suoi modelli sulla tela e poi li dipingeva. E, soprattutto, aveva una visione etica della realtà”.
Aspettiamo, allora, il ritratto del pittore etico filmato da Benvenuti, così, per smetterla un attimo di essere affascinati dall’artista “maledetto” morente su chissà quale spiaggia, lasciata Roma dopo aver ucciso Ranuccio Tomassoni. Nel mondo che vorremmo, si troverebbero i finanziamenti oggi stesso.