La solitudine e il canto. Realtà e immaginazione. La Divina, tra fantasmi e flashback, eccessi e rimpianti, rivive nel film di Pablo Larraín, con la straordinaria interpretazione di Angelina Jolie, in corsa verso l'Oscar.

Un altro ritratto (terzo biopic) al femminile a opera del regista e sceneggiatore cileno, dopo Jackie (2016) e Spencer (2021). Maria, al cinema dal 1° gennaio 2025, presentato in concorso alla 81ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, (distribuito da 01 Distribution) è il ritratto tormentato degli ultimi giorni di vita nella Parigi degli anni Settanta, di una delle più grandi cantanti liriche al mondo, Maria Callas.

Ci mette l’anima, il corpo e la voce Angelina Jolie, che la rende incredibile per lo sforzo del canto, quasi tutti i brani sono cantati da lei intervallati dalla voce della Callas. L'attrice ha dichiarato di avere tanto in comune con la grande cantante lirica, a partire dalla vulnerabilità.

La vediamo fragile e solitaria, pallida e smagrita in camicia da notte e vestaglia nella sua lussuosa casa parigina, tra stucchi e affreschi, insieme ai due barboncini, protetta dal suo tuttofare Ferruccio (Pierfrancesco Favino) e dalla domestica Bruna (Alba Rohrwacher).

La sua voce fuori dall’ordinario ormai resta solo un ricordo, poiché da anni la Callas non si esibisce più in pubblico, la sua ultima tournée mondiale risale al 1974. Anche se ancora in tanti continuano ad apprezzare il suo acuto miracoloso, c’è invece chi evidenzia il suo inarrestabile crollo.

Una Callas in versione Larraín, emotivamente provata dal declino vocale e professionale, ma che rivive attraverso i ricordi del suo canto, unico irripetibile talento e momento di felicità quando calca i palcoscenici.

Una donna labile che finisce per confondere la realtà con la finzione alla disperata ricerca di alleviare il dolore che si porta dentro. In molte scene appare confusa e visionaria, a causa dei farmaci (Mandrax, ovvero il metaqualone) che assume fuori dal controllo medico, sopraffatta dalle allucinazioni (come il giovane che l’intervista) che la perseguitano durante il giorno.

E poi a tormentarla anche ricordi di infanzia, il rapporto difficile con la madre e gli anni di povertà in Grecia quando insieme alla sorella (Valeria Golino) si offriva ai soldati tedeschi. Una vita di drammi, di amori, quello tumultuoso con l’armatore greco Aristotele Onassis, che nel 1968 sposa la vedova di John F. Kennedy, Jackie Bouvier Kennedy, ma anche di successi teatrali mondiali dal Covent Garden, il Met, La Scala di Milano alla Fenice di Venezia.

Pablo Larraín, autore molto attento alle storie delle donne del nostro secolo, in Maria (scritto da Steven Knight, Spencer, Peaky Blinders, Eastern Promises), rievoca il grande soprano tra nostalgie e rimpianti negli anni bui parigini prima di morire per un arresto cardiaco all’età di 53 anni il 16 settembre del 1977. Le offre una seconda occasione di calcare la scena stavolta alle proprie condizioni, libera da ogni condizionamento, che siano le imposizioni di un amante possessivo o le catene della propria storia.

La scena iniziale del film si apre con un silenzio clamoroso della “Divina” che muore come gran parte delle sue “eroine” che aveva interpretato, ma questa volta è il salone della sua casa a farle da palcoscenico. La fine di un personaggio a sua volta degno di un’opera, dalle note della Medea a quelle della Carmen, della Wally a quelle di Butterfly col finale di «Vissi d’arte» della Tosca, prima di spegnersi.

Anna Maria Cecilia Sophia Kalogheròpoulos, in arte Callas, nasce a New York il 2 dicembre 1923, da genitori greci. Sin da giovane, sente il peso delle aspettative e della critica. Sua madre, Evangelia Dimitriadou, la spinge verso una carriera musicale con un’ossessiva determinazione, una pressione che Maria avverte come una spinta costante verso la perfezione.

Questi anni formativi contribuirono a creare in lei una profonda insicurezza, che l’accompagneranno per tutta la vita. Il suo rapporto conflittuale con il proprio corpo, accentuato dalle critiche sulla sua figura robusta, la portano a una drastica perdita di peso che, se da un lato la trasformano in un’icona di eleganza, dall’altro lasciano segni profondi sulla sua salute fisica e mentale.

È stata una dei maggiori soprani di tutti i tempi, con il dono di una voce senza confronti che le fece guadagnare il soprannome de “l’usignolo”. Maria Callas, debole e tragica come i suoi personaggi, riportò il dramma nell’opera, com’era alle sue origini, quindi non solo il canto, ma il melodramma, cioè recitare cantando. Una voce inconfondibile, in grado di esplorare in maniera personale e unica, che l’ha portata a raggiungere il “picco del canto lirico”.

La Callas infatti, era in grado di raggiungere sia i bassi da mezzosoprano sia gli acuti dei soprani di coloratura. Le sue straordinarie doti, il successo artistico e mediatico, il mito costruito attorno a lei, le sono valsi l'appellativo de “la Divina”. I suoi trionfi e consensi che si susseguirono in tutto il mondo, hanno contribuito a rendere la sua figura leggendaria, oltre che un'icona di stile del suo tempo.