Quante volte ci è capitato di scegliere mete esotiche per i nostri viaggi?
Alcuni cercano spiagge bianche e acque cristalline, altri esplorano luoghi selvaggi, alla ricerca di avventure, mentre altri ancora sono affascinati da paesaggi mozzafiato. Ci imbarchiamo con lo zaino in spalla e ci immergiamo in cibi, lingue e culture lontane dalle nostre, esploriamo un mondo sconosciuto che bramiamo di conoscere.
Altre volte, invece, ci sentiamo più nostalgici, legati indissolubilmente alla nostra terra, che per distrazione o pigrizia dimentichiamo, oppure facciamo finta di non vedere. Il nostro caro Bel Paese.
Eh sì, per quelli come per chi scrive, in qualche momento, dopo aver girato in lungo e in largo, sorge spontanea la domanda: «Ma è mai possibile che non abbia mai fatto un viaggio in Italia?». E quando parlo di viaggiare, intendo quella meravigliosa sensazione di partire da A e arrivare a B, senza sapere cosa ci aspetta nel mezzo, senza pianificazioni dettagliate, ma guidati dalla fresca brezza dell'ignoto. Preferiamo lasciarci condurre dalle persone che incontriamo lungo il percorso piuttosto che seguire le mappe nella tasca. Ciò che ci spinge è la voglia di dormire all'aperto, piuttosto che in un letto a castello, le sensazioni riassumibili nella frase "Parto, poi vediamo quando torno".
Ed è così che ho scoperto Castello dell'Arso. Un paio di anni fa, viaggiavo nel Sud Italia con alcuni amici che, purtroppo o per fortuna, hanno la peculiare abilità di evitare qualsiasi forma di organizzazione, spesso fino a pochi minuti prima di prendere una decisione su cosa fare. In quell'anno, avevamo in mente di esplorare la costa tirrenica della Calabria, conoscere la costa degli Dei, le spiagge affollate spesso prese d'assalto dai turisti durante i mesi estivi.
Tuttavia, mentre passeggiavamo per la splendida Tropea, per un caso fortuito o forse per una sorta di magia, alcune persone del posto ci consigliano di non perdere assolutamente un festival organizzato da alcuni loro amici, sul versante ionico.
Così, armati di fiducia, ci siamo ritrovati a circumnavigare la Sila, raggiungendo la costa opposta, diretti a un piccolo paesino chiamato Mandatoriccio. Dopo aver percorso alcuni chilometri lungo coste deserte e selvagge, caratteristica affascinante di questa parte della regione, abbiamo visto emergere su una collina una torretta medievale che si ergeva sopra la costa. Eravamo arrivati.
Abbiamo camminato lungo la piccola salita che dalla strada principale portava alle porte del Castello, parcheggiato e ci siamo presentati davanti ai cancelli d’entrata per l’ingresso al festival.
La prima occhiata ci ha letteralmente lasciati senza fiato. Di fronte a noi si estendeva un uliveto sinuoso che abbracciava il terreno collinare tutto intorno alle mura del castello, con il mare azzurro a fare da sfondo. Erano state allestite installazioni artistiche per l'occasione, zone ombreggiate da grandi teli che si muovevano con la brezza calda proveniente dalla costa e comodi cuscini posati su un prato dai colori spenti dai raggi del sole estivo.
Siamo poi passati attraverso il delizioso cortile interno, pieno di tavoli di legno bianco e amache sospese sotto gli alberi, dove un gruppo di persone interagiva e discuteva, come in un simposio, di eventi e festival, della valorizzazione degli artisti e della propria terra.
Qui, siamo stati accolti da alcuni degli organizzatori, che ci hanno dato il benvenuto e spiegato come funzionava il luogo e il festival, dove trovare le cucine e come erano strutturati gli eventi. Ci hanno anche raccontato cosa ci aspettava nelle prossime ore. Poi ci hanno fatto accomodare nell'uliveto sottostante, che sarebbe stata la nostra residenza per i giorni successivi, dove avevano allestito un campeggio. Era popolato da ragazze e ragazzi che stavano trascorrendo il loro tempo con tende e amache.
Il Castello ci ha subito affascinato come un luogo incredibile, ricco di storia e vita. Originariamente, fu costruito come torre di vedetta intorno al 1300 e si è poi trasformato in una vera e propria residenza nel corso dei secoli. Arrivò fino al 1900, quando divenne un vero e proprio borgo, con scuole annesse e abitato da diverse famiglie che lavoravano nell'uliveto per produrre olio.
Ha raggiunto i giorni nostri grazie all'iniziativa di Giulia, nipote della baronessa di Mandatoriccio, da cui ha ereditato la proprietà. Nel 2020, Giulia e alcuni amici decisero di passare l'estate nella residenza dopo un inverno di pandemia trascorso a Milano. Volevano immergersi nella natura e ristrutturare un luogo che era stato abbandonato per molti anni. Il lavoro era duro, ma l'impegno dei ragazzi era forte e il loro sogno di allestire un festival in quell’agosto si stava realizzando. La prima edizione, un'organizzazione intima, un ritrovo tra amici, era stata solo la prima tappa. Il nome che gli avevano dato era "Ritrovarsi", rifletteva il desiderio di tornare alla natura e allontanarsi dal caos delle città, un nuovo inizio che prendeva slancio da lì. L'obiettivo era iniziare una tradizione che li avrebbe portati al Castello ogni anno, pianificando eventi sempre migliori di quelli precedenti.
Negli anni successivi, il Festival ha iniziato a parlare molte lingue grazie al respiro internazionale che gli organizzatori volevano dare. Vivevano in diverse parti dell'Europa durante i mesi invernali, partecipando a convegni, sostenendo nuovi eventi e promuovendo la loro terra. Durante l'inverno, le attività al Castello erano numerose, dalla produzione dell'olio all'allevamento di api per il miele, coinvolgendo produttori locali, comuni limitrofi e abitanti della zona. Avevano il sogno di vedere questa parte della Calabria valorizzata come merita e speravano un giorno di vedere infrastrutture e visibilità simili a regioni turistiche più famose come Puglia o Toscana, che in bellezza e cultura non erano affatto inferiori. Ogni anno, utilizzando i ricavi del festival, che rimaneva autofinanziato, miglioravano le installazioni, garantendo residenze agli artisti che le costruivano, portando nuove idee e generando un'energia crescente.
Quei giorni al festival ci sono piaciuti così tanto che quest'anno abbiamo deciso di tornare, partecipando all'edizione del 2023 chiamata "MoMo" (ora, adesso), rimanendo piacevolmente sorpresi nel vedere che l'atmosfera e le vibes erano rimaste invariate, ma che le installazioni e le strutture erano migliorate notevolmente, con mostre d'arte e stage artistici. Una grande reunion bucolica tra amici che annualmente si danno appuntamento per condividere spassionatamente quei giorni tra arte, cultura e buon cibo.
Al Castello dell'Arso, non si privilegia un tema, ma si dà spazio all'arte e agli artisti, emergenti e meno noti. Il pubblico è il benvenuto, che si tratti di assistere a un concerto di jazz sperimentale, ballare sotto le stelle al ritmo dell'elettronica, ascoltare musica tradizionale mentre si sorseggia un bicchiere di vino o assaporare prelibatezze locali nel cortile. Ci sono esposizioni d'arte, cortometraggi proiettati in un cinema allestito appena sopra l'uliveto e una vasta gamma di corsi, workshop e attività. Puoi imparare a produrre la giuncata, cuocere la tua scultura di ceramica nel forno etrusco o partecipare alle classi di yoga.
A volte, ci illudiamo che tutto ciò sia possibile solo in luoghi remoti, dimenticando la ricchezza che l'Italia ci offre. Non è sempre necessario prendere un aereo per incontrare persone provenienti da tutto il mondo, né per immergersi in un ambiente culturale e artistico così vibrante. Ci sono alcuni individui che, nonostante le difficoltà e le sfide, amano profondamente la propria terra, ne abbracciano la bellezza e ne custodiscono le tradizioni. Sono disposti a condividere questa passione e questo amore con chiunque sia desideroso di partecipare a questa esperienza unica.
Siamo circondati da posti meravigliosi, ciascuno con la propria magia intrinseca, ma per rendere veramente speciale un luogo, è necessaria un'energia speciale. Quel tipo di energia che si può trovare al Castello dell'Arso, un posto dove le frontiere tra le culture si sfumano e dove l'arte diventa un linguaggio universale che unisce gente di ogni dove in una meravigliosa celebrazione della diversità e della creatività.