Al Circolo del Design di Torino, il 5 febbraio, è stato proiettato il film City Dreamers nello spazio Her Space, un momento culturale dedicato alle donne in architettura, visionarie oltre che pioniere.
Sole nelle Università, si districarono tra difficoltà e pregiudizi, lavorando insieme a grandi figure dell'architettura moderna. Controllare un cantiere di Mies van der Rohe a New York, salvare un quartiere storico dalla demolizione, introdurre un approccio ecologico nel design urbano o rivoluzionare la teoria architettonica: queste sono alcune delle sfide che Phyllis Lambert, Blanche Lemco van Ginkel, Cornelia Hahn Oberlander e Denise Scott Brown hanno affrontato nel corso delle loro carriere straordinarie.
City Dreamers, diretto da Joseph Hillel, racconta la vita e l’impatto di queste quattro donne che hanno ridefinito l’architettura e l’urbanistica del XX e XXI secolo.
Phyllis Lambert, nata a Montréal nel 1927, è una delle protagoniste del modernismo architettonico. Figlia dell’imprenditore Samuel Bronfman, si impose nella progettazione del Seagram Building a New York, scegliendo personalmente Ludwig Mies van der Rohe come architetto e supervisionando la costruzione. La sua passione per la conservazione del patrimonio architettonico la portò a fondare il Canadian Centre for Architecture (CCA), un’istituzione che ha rivoluzionato il modo in cui l’architettura viene studiata e preservata. Il suo lavoro ha avuto un impatto duraturo sulla progettazione urbana e sulla tutela dell’identità architettonica.
Blanche Lemco van Ginkel, nata a Londra nel 1923 e trasferitasi in Canada, ha lottato per proteggere il Vieux-Montréal da una demolizione indiscriminata, opponendosi ai piani di sviluppo che avrebbero distrutto il tessuto storico della città. Il suo impegno nell’urbanistica sostenibile l’ha resa una delle figure chiave della pianificazione urbana in Nord America. Oltre alla sua attività professionale, ha avuto un ruolo fondamentale nel mondo accademico diventando la prima donna a dirigere una facoltà di architettura in Canada, presso l'Università di Toronto, ispirando generazioni di studenti e architetti.
Denise Scott Brown, nata in Zambia nel 1931 e formatasi tra Sudafrica e Regno Unito, ha rivoluzionato la teoria architettonica moderna. Insieme a Robert Venturi, suo marito e partner professionale, ha scritto Learning from Las Vegas, un’opera che ha influenzato profondamente il postmodernismo. Scott Brown ha sfidato le convenzioni del settore, sottolineando l'importanza dell’architettura popolare e criticando il sessismo dilagante nella professione. Quando Venturi vinse il premio Pritzker nel 1991 senza che il suo contributo venisse riconosciuto, la vicenda scatenò un dibattito sulla discriminazione di genere nell’architettura, un tema ancora attuale oggi.
Cornelia Hahn Oberlander, nata in Germania nel 1921 e rifugiatasi in Nord America per sfuggire alle persecuzioni naziste, è stata una pioniera dell’architettura del paesaggio. Il suo lavoro si è distinto per un’attenzione particolare all’ambiente e all’integrazione della natura nelle città. Collaborando con architetti del calibro di Louis Kahn e Moshe Safdie, ha realizzato progetti iconici come il giardino pensile della Vancouver Public Library e gli spazi verdi dell’Edificio del Parlamento a Ottawa. La sua filosofia progettuale ha anticipato molte delle tematiche attuali legate alla sostenibilità e alla resilienza urbana.
Queste quattro donne hanno trasformato l’architettura in un atto di resistenza e innovazione, dimostrando che le città devono essere pensate per le persone, con un approccio attento al contesto sociale, storico e ambientale. Il documentario City Dreamers (2018), diretto dal regista canadese Joseph Hillel esplora le loro carriere rivoluzionarie e il loro impatto duraturo sull'architettura e sulla pianificazione urbana nel XX e XXI secolo.
Lo spazio del gioco e della natura
Un aspetto fondamentale del lavoro di Cornelia Hahn Oberlander è stato il suo contributo alla progettazione di spazi per il gioco dei bambini. Sin dagli anni '50, ha promosso un approccio innovativo, rifiutando l’uso di attrezzature standardizzate e introducendo elementi naturali come colline di terra, tronchi e piante per stimolare il gioco creativo. Il suo “Children’s Creative Centre” all’Expo 67 è stato un esempio pionieristico di come il paesaggio possa diventare un elemento attivo nell'esperienza ludica, incoraggiando l'esplorazione spontanea e l'interazione con l'ambiente.
Le sue idee hanno influenzato numerosi progetti successivi e oggi trovano riscontro nelle moderne concezioni di parchi giochi basati sulla natura. Questo approccio sottolinea l'importanza dello spazio del gioco non solo come area ricreativa, ma come parte integrante della progettazione urbana, capace di contribuire al benessere e allo sviluppo delle generazioni future.
Cornelia Hahn Oberlander applicò un metodo innovativo per la disposizione degli alberi nei suoi progetti paesaggistici, ispirato alle tecniche che aveva appreso alla Graduate School of Design di Harvard, dove venivano insegnati i principi del Vorkurs della Bauhaus. In particolare, utilizzò un esercizio di composizione basato su punti e linee, un metodo che mirava a creare un equilibrio visivo attraverso la casualità controllata.
Per il progetto della East Three School a Inuvik, in un ambiente artico con condizioni climatiche estreme, Oberlander affrontò la sfida della formazione dei cumuli di neve, influenzata dalla forza di Coriolis e dai venti forti. Per evitare l'accumulo eccessivo di neve contro gli edifici e garantire una protezione efficace, applicò la tecnica Bauhaus: tracciò linee casuali sulla mappa del sito e collocò gli alberi nei punti di intersezione. Questo metodo non solo creava un effetto estetico equilibrato, ma rispondeva anche a precise necessità funzionali, diffondendo il vento e riducendo i depositi di neve.
L'approccio di Oberlander dimostra come i principi di design astratto possano trovare applicazioni pratiche nella progettazione del paesaggio. Il suo metodo di piantumazione, che combinava estetica e funzionalità, è un perfetto esempio di come l'arte e la scienza possano interagire nell’architettura del paesaggio per affrontare problemi concreti e migliorare la vivibilità degli spazi urbani e naturali.
Nel 2007, Cornelia Hahn Oberlander collaborò con Renzo Piano per la realizzazione del New York Times Building Courtyard, un progetto innovativo che integrava il paesaggio urbano con la natura. Questo cortile, situato all'interno del grattacielo progettato da Piano in collaborazione con Fox & Fowle e H.M. White Site Architects, è diventato un elemento chiave dell’edificio, visibile dalla hall principale e dall'auditorium.
L’obiettivo di Oberlander era creare uno spazio verde in un contesto fortemente urbanizzato, capace di offrire un rifugio naturale e migliorare la qualità ambientale dell’edificio. La scelta delle piante fu cruciale: selezionò betulle alte e rigogliose, in grado di adattarsi bene all’ambiente urbano e di offrire un contrasto visivo con le linee moderne del grattacielo. Questo boschetto verticale, inserito in un ambiente di cemento e vetro, evocava una foresta astratta nel cuore di Manhattan, creando un’atmosfera di tranquillità e raccoglimento.
Uno degli aspetti più curiosi del progetto fu il suo successo non solo tra gli esseri umani, ma anche tra gli uccelli. Il cortile divenne un habitat molto apprezzato dalla fauna urbana, al punto che un inquilino dell’edificio, infastidito dal cinguettio, chiamò Oberlander direttamente a Vancouver per chiederle di trovare una soluzione al “problema”. L'episodio dimostra non solo l'efficacia della progettazione paesaggistica, ma anche come uno spazio pensato per la serenità umana possa inevitabilmente intrecciarsi con i ritmi della natura.
Expo 67 e la visione del futuro
L’Expo 67 di Montréal è stata un crocevia di idee rivoluzionarie, dove architetti e urbanisti hanno presentato visioni audaci per il futuro. Tra i protagonisti, Buckminster Fuller con la sua Biosphère, un’icona della sostenibilità, e Moshe Safdie con Habitat 67, un prototipo abitativo avveniristico. La partecipazione di visionari come Le Corbusier, Arthur Erickson e Frei Otto ha consolidato Expo 67 come una piattaforma per l’innovazione urbana. Cornelia Hahn Oberlander contribuì con il suo Children’s Creative Centre, trasformando lo spazio ludico in un’esperienza di esplorazione naturale. Le idee emerse all’Expo 67 continuano a influenzare l’urbanistica contemporanea, dimostrando come la progettazione possa armonizzare tecnologia, ambiente e società per un futuro sostenibile.