Un fiore in mezzo al disciplinare. È l’insolita definizione che più di altre mi ha colpito leggendo alcuni fogli A4 riguardanti la cinquecentesca Villa “La Rotonda” di Andrea Palladio a Vicenza. La frase è estrapolata da un’intervista rilasciata dal proprietario della splendida dimora, il Conte Nicolò Valmarana, alla giornalista Barbara Codogno, e l’affermazione esercita in me una certa fascinazione. Non già perché sia inappropriata, tutt’altro: un elemento vivo all’interno di parametri tecnici è esattamente ciò che questo capolavoro incarna. Di quelle sei parole mi suggestiona l’energia che potenzia e insieme semplifica lo spirito di un prodigio di geometria sacra e proporzioni auree studiatissimo in tutti i libri di architettura e che vanta addirittura 80 repliche nel mondo.
Una villa – racconta stavolta a voce il conte Valmarana – concepita e nata per ospitare paradossalmente una persona soltanto, celebrare idealmente e simbolicamente l’uomo come creatura di Dio posizionandolo al centro dell’universo.
La Rotonda – che poi da una visione allo zenit si presenta come una croce greca perfettamente simmetrica – è il risultato dell’incontro fra il genio di Andrea Palladio nella fase più brillante della sua carriera di architetto, e il nobile ecclesiastico vicentino Paolo Almerico, referendario apostolico dei Papi Pio IV e Pio V. Al termine dell’incarico nella Santa Sede a Roma e desideroso di tornare nella sua città natale in Veneto, Almerico affidò al Palladio il progetto di una nuovissima dimora, da erigere sopra un colle, in posizione elevata e ben visibile da tutti i punti cardinali. La scelta del sito fu fondamentale: a un quarto di miglio dalle mura cittadine, in pianta quadrata ruotata di 45° con angoli orientati sulle quattro coordinate principali.
Il fascino magnetico della villa-tempio
Volendo assecondare al meglio l’illustre ed esigente committente, Palladio diede il suo massimo: pensò e tracciò il disegno di una villa-tempio, con quattro pronai, altrettanti timpani, sei colonne ioniche con gradinate e una cupola ad oculo ispirata al Pantheon di Roma, sulla cui sommità spicca una lanterna. Il tutto edificato con mattoni perfettamente sagomati prima della cottura e ricoperti di malta di calce mista a polvere di marmo, così da diffondere un’aura calda e delicata, mentre il gioco di vuoti e di pieni e la tridimensionalità prospettica, assicurano un effetto visivo sorprendente. All’interno la Villa è organizzata con stanze affrescate e saloni capienti, pitture murali dal pavimento al soffitto rappresentanti le virtù e le divinità dell’Olimpo: la summa perfetta del Rinascimento che abbraccia l’antichità su tre piani e un mezzanino, ai quali si accede da scale a chiocciola.
Va da sé che, trovandosi non al centro della città di Vicenza bensì nell’immediata periferia, la Rotonda era ed è tuttora circondata da campi e perciò ammantata da un fascino bucolico, ricco di vegetazione, varie specie di alberi e un boschetto strappato ai rovi: insomma un tutt’uno osmotico con il paesaggio. Data l’ubicazione in aperta campagna, la funzione della residenza, in origine, fu anche di ordine rurale, allorché negli intendimenti che lasciò scritti il prelato vi era pure quello di “passare gli ultimi anni di vita tra l’ozio umanistico e l’esercizio della santa agricoltura”. Tuttavia né Andrea Palladio né Paolo Almerico videro la Rotonda completata. Alla morte dell’architetto, avvenuta nel 1580, subentrò nella direzione dei lavori il suo diretto discepolo, Vincenzo Scamozzi, al quale si deve l’aggiunta della lunga barchessa sul viale di accesso. Paolo Almerico morì invece 8 anni dopo.
Un magnifico capolavoro ora con il giardino rinato e il bosco da vivere
La Rotonda è così magnetica ed è uno degli edifici più imitati nella storia dell’architettura, perché condensa la lunga evoluzione del pensiero palladiano, tant’è che molti storici e critici considerano il modello la sintesi di tutte le sue realizzazioni. Nel suo celebre diario Viaggio in Italia, Wolfgang Goethe descrisse così, il 21 settembre 1786 la cinquecentesca Villa “la Rotonda” di Andrea Palladio a Vicenza: «Posta sopra un’amena altura a mezz’ora di strada dalla città, è un edificio quadrangolare che racchiude una sala rotonda illuminata dall’alto. Vi si accede dalle quattro scalinate, e a ogni ingresso si trova un vestibolo formato da sei colonne corinzie (Goethe le ha descritte come corinzie ndr). L’architettura forse non ha mai creato nulla di più lussuoso e raggiunto un tal grado di magnificenza».
Qualche altra curiosità? L’intera proprietà si estende su 12 ettari e La Rotonda è priva di fondamenta: si autosostiene per effetto di un sistema di archi e di volte a crociera presenti al pianterreno che costituiscono la griglia strutturale di assi perpendicolari sui quali poggiano i piani superiori. Nel 1976 la Villa fu scelta come location per il film commedia Culastrisce nobile veneziano interpretato da Marcello Mastroianni.
Tutta la Rotonda si rifà a rapporti che si ritrovano anche nella musica e il richiamo esoterico è alle forme archetipiche che rimandano al cielo e alla terra. Anche la luce è dosata secondo calcoli precisi: con il solstizio d’estate i raggi del sole entrano nella villa con un’inclinazione di 59°, agli equinozi di 27°, al solstizio d’inverno di 9°. Ciò significa che in estate l’interno della Rotonda rimane più fresco e ombreggiato e d’inverno più luminoso e con un piacevole tepore. Altri numeri e particolarità? Nella Villa si contano 19 gradini per facciata, 20 statue in totale e 20 finestre per piano. Undici sono i metri di diametro della sala centrale e 10,80 i metri del diametro della cupola.
Sulla Rotonda del Palladio sono state scritte oltre cinquanta pubblicazioni e i risultati sui motori di ricerca sfiorano il mezzo milione di interrogazioni. Da casa privata è diventata casa del pubblico, con antiche vedute e nuovi percorsi, ed è visitabile su prenotazione. Recentemente, grazie a 2.000.000 € di fondi PNRR è stato recuperato il giardino vincolato con il boschetto romantico che conta adesso 430 alberi, di cui il più antico è censito nel catasto Napoleonico. L’intervento, che promuove la biodiversità e la salute delle piante, punta in parallelo all’incremento dell’attrattività turistica. L’edificio fa parte, dal 1994, dei beni dell’umanità Unesco. Un patrimonio culturale per tutti, una delizia a tutte le stagioni.