Dall’alto della collina di Monte Calvario, sull’ampio sagrato che si allarga dinnanzi al Santuario di Santa Croce, la vista su Imperia è strepitosa. A sinistra la sinuosità del promontorio di Porto Maurizio, su cui svetta la cattedrale in cui sono custodite le spoglie del santo patrono Leonardo da Porto Maurizio, a destra la cittadina di Oneglia, con il suo fitto intrico di chiese, piazze e palazzi, catturano l’attenzione di devoti pellegrini e occasionali visitatori.
La bellezza di questo panorama affascinò anche l’architetto e designer Edgar Wood (Middleton 1860- Porto Maurizio 1935). L’artista inglese, poco noto in Italia, ma celebre nella sua terra d’origine, decise addirittura di stabilirsi in uno dei locali annessi alla chiesa. Vi dimorò alcuni anni, il tempo necessario per costruire una meravigliosa villa affacciata sul golfo e andarvi a trascorrere l’ultimo periodo di vita, tant’è che le sue spoglie riposano nel cimitero degli inglesi di Diano Marina.
Ma torniamo al Santuario di Santa Croce.
Nella pietà popolare acquista peculiare rilevanza il fenomeno della sacralizzazione dello spazio a mezzo degli edifici. Di solito la nascita di un santuario risponde a un’esigenza di pietà ufficiale, guidata dalla gerarchia ecclesiastica. Il santuario viene innalzato perché la comunità avverte il bisogno di ricorrere al soprannaturale. Questa tipologia di architettura cultuale è intrinsecamente, indissolubilmente legata al culto delle reliquie, di cui il luogo sacro è custode, e ai tanti credenti che vi vengono a pregare per chiedere il dono di una grazia o ringraziare per averla ricevuta. Talvolta i fedeli lasciano pure degli ex-voto, a indicare una promessa compiuta a Dio, alla Vergine o ai santi, de bono meliori, possibile e realizzabile, secondo la comune accezione della morale cattolica.
A Imperia, il Santuario di Santa Croce al Monte Calvario fu eretto con uno scopo ben preciso: commemorare e celebrare il culto della Santa Croce nel luogo in cui furono sepolte alcune manciate di terra, preservate in un involto da Bartolomeo Bruno, prete della collegiata di San Maurizio, durante tutto il suo viaggio di ritorno dal pellegrinaggio in Terra Santa, compresa una sosta al Santuario di Loreto. Era il lontano 1690.
Ancor oggi al centro dello spazio antistante il Santuario di Santa Croce si erge la lapide in marmo, sovrastata da un’alta croce, che reca la scritta Terra Sancta est. Accanto un cuscino scolpito nel marmo, ormai consunto dall’età e dall’usura, ci ricorda generazioni e generazioni di uomini e donne, che nei secoli sono giunti fin quassù per inginocchiarsi dinnanzi alla sacra reliquia.
In Italia si contano quattro siti che ebbero il permesso ufficiale di ospitare la terrasanta del Calvario, gli altri tre sono: la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, il cimitero nel Campo dei Miracoli a Pisa e la cattedrale di Cefalù. Nella città ligure la scelta del posto, individuato sul Monte Gagliardone, che assunse la nuova denominazione di Monte Calvario, non fu casuale. La cima di questa collina, “infruttifera e piena di scogli”, si trovava a pochissima distanza da Porto Maurizio, ben visibile per collocazione geografica da tutto il circondario e dal mare.
Annesso al santuario fu eretto anche un oratorio, consegnato il 3 febbraio 1691 alla Compagnia della SS. Trinità. La confraternita, molto probabilmente ispirata dallo stesso canonico Bruno, si era già formata ed era collegata a una cappella della Collegiata di San Maurizio. Bartolomeo Bruno, testimone di nozze del papà di San Leonardo da Porto Maurizio, fu un instancabile divulgatore del messaggio cristiano. Infatti pochi anni dopo, nel 1694, sulla strada Crosa (attuale via Littardi) fondò anche una cappella, preceduta da un piccolo pronao, dedicata a Nostra Signora di Loreto e a San Bartolomeo. Scopo principale del sodalizio religioso con sede nel Santuario di Santa Croce fu il riscatto dei cristiani, ridotti in schiavitù a causa delle scorrerie barbaresche.
La vocazione religiosa dei confratelli Trinitari sta tutta racchiusa nel titolo originale dato all’Ordine: Ordo Santae Trinitatis et captivorum, Ordine della Santa Trinità e degli schiavi. Quella dei Trinitari è una lunga storia. A fondarlo nel 1194 fu San Giovanni de Matha che l’anno precedente, durante la sua prima messa, ebbe la visione del Signore nell’atto di liberare due schiavi, uno bianco e uno nero. Papa Innocenzo III approvò la regola dell’ordine il 17 dicembre 1197. Subito dopo conferì a Giovanni de Matha l’incarico di occuparsi dei riscatti.
Purtroppo nei secoli addietro furono molti i cristiani che nelle guerre contro i barbari, i pagani o gli eretici caddero prigionieri. Di solito per tentarne il riscatto si attivarono le chiese e i monasteri. In Riviera nella maggior parte delle chiese e degli oratori, anche in aree lontane dal litorale, si fecero delle raccolte di elemosine per “la redenzione de cristiani in captività”. Le collette furono soprattutto mirate alla liberazione di individui della zona, le cui famiglie non disponevano di mezzi sufficienti. A tal fine si distinsero per numero e impegno profuso le confraternite dedicate alla Madonna del Soccorso e ancor più quelle aggregate all’Ordine della SS. Trinità per la Redenzione degli Schiavi; di queste ultime se ne trovano ancora a Loano, Albenga, Casanova Lerrone, Pieve di Teco, Testico, Rollo e Porto Maurizio.
Mutati i tempi, l’iniziale missione del sodalizio imperiese è stata sostituita con la creazione di un nucleo di protezione civile, composto da una trentina di ragazzi e da alcuni mezzi antincendio. Ancora qualche anno fa i Trinitari di Imperia partecipavano alle processioni e alle celebrazioni religiose con il gonfalone, la croce del Cristo Grande del Monte e le casse processionali, tre grandi sculture lignee policrome eseguite dall’artista trentino Ferdinand Stuflesser tra la fine dell’800 e i primi del ‘900.
Ai membri della pia unione spetta anche l’erezione nel 1836 della Via Crucis lungo la strada, che unisce l’antico convento dei Cappuccini di via Nizza con il Santuario del Monte Calvario. Essa doveva assolvere l’esigenza religiosa legata ai riti confraternali della Settimana Santa, e celebrare in maniera degna la memoria di Leonardo da Porto Maurizio che, beatificato quarant’anni prima, diede particolare impulso al culto delle Quattordici Stazioni della Passione di Cristo.