Nei secoli le difese costruite per le città si sono evolute e quelle che venivano assediate senza presentare nessun tipo di difesa erano destinate a cadere in tempo breve e ad essere preda di saccheggi e scorribande. Il centro abitato veniva chiuso da mura di difesa con le quali e dalle quali la popolazione poteva essere difesa dall’ esercito.

Il castrum Beneventum aveva un perimetro di 2100 metri ed era cinto da mura con quattro accessi che permettevano la comunicazione con la campagna circostante. Il castrum, nasceva come accampamento che garantiva riposo dopo la marcia, era fortificato e dotato di porte che definivano il cardo (tracciato Nord-Sud) e il decumano (tracciato Est-Ovest). Il primo impianto della città potrebbe essere datato intorno al II sec. a.C. Si leggono scritti sulle mura difensive beneventane nelle descrizioni delle battaglie puniche anche chiamate annibaliche.

Inizialmente la città si estendeva verso il fiume ma dopo le diverse alluvioni e il terremoto del 346 a. C., che distrusse numerose città campane, la popolazione decise di spostarsi nella parte alta, verso Colle della Guardia.

La cinta muraria della città di Benevento, che ancora oggi possiamo ammirare, è attribuibile ai Longobardi che la ricostruirono su quella distrutta da Totila nel 524 d.C. Le mura probabilmente erano state distrutte solo in parte a causa dei pochi mezzi e del poco tempo a disposizione del re goto. L’esercitò operò in modo selettivo abbattendo porte e creando varchi che concedevano l’accesso all’interno del castrum. Per questo motivo dopo l’invasione i Longobardi si trovarono a ricostruire le mura difensive recuperando quel che ne rimaneva di esse. I resti erano comunque ben strutturati e offrivano un buon impianto difensivo per la città.

Una volta stanziatisi a Benevento i Longobardi riedificarono le mura, avevano l’esigenza di ampliare la città e definirne i quartieri. Essi si insediarono nella parte orientale della città romana murandola e includendo una porzione abbastanza grande, in essa c’era anche la parte dove sorgeva una colonia databile presumibilmente 268 a. C.

La cinta presentava un alternarsi di torri cilindriche e quadrate, forse inizialmente tutte cilindriche in linea con la tecnica difensiva medievale. La muratura risultava alquanto rozza e al suo interno erano inseriti elementi di spoglio recuperati da edifici romani.

L’area su cui insisteva la città romana rimase, in parte, fuori dalle mura, forse perché era già stata abbattuta per non dare la possibilità ai nemici di usarla come accampamento o per recuperare materiale utilizzabile per la battaglia.

Le mura sono state restaurate diverse volte nel corso del Medioevo; infatti, le indagini archeologiche riportano la presenza di una torre di età tardo-antica inglobata nella torre detta di Santo Paternò la cui ricostruzione è stata datata XVI-XVII secolo.

Quest’ultima torre deve il suo nome al bassorilievo di età romana inserito all’interno della muratura. Spesso elementi di età romana venivano inglobate nelle nuove costruzioni. In questo caso l’elemento era probabilmente preso da un monumento funerario che ritraeva il defunto in azioni che compiva quotidianamente. L’uomo era raffigurato mentre pesava le derrate alimentari come grano o pane, gesto obbligatorio quando gli alimenti dovevano essere trasportati o essere venduti.

Oltre alle mura, i Longobardi trasformarono completamente l’assetto della città romana continuando però a riutilizzarne gli edifici o i luoghi già in uso e rendendo difficile il riconoscimento di villaggi abbandonati o di frazioni minori. Quello che vediamo oggi è il risultato di diverse stratificazioni è la somma delle diverse opere fatte sulle mura. Si può anche dire che è la somma delle vite degli uomini che l’hanno vissuta e mai abbandonata.

L’espandersi del regno Longobardo consentì alla zona alta della città di espandersi diventando particolarmente ricca di nuovi edifici eretti intorno alla residenza del principe Arechi I. Probabilmente, oltre a rafforzare le vecchie mura i Longobardi decisero di proteggere tutta la città non solo l’antico nucleo.

La cinta muraria comprendeva diverse porte appartenenti forse alle otto contrade cioè Porta Somma, Porta Aurea, Porta Rufina, Porta San Lorenzo, Porta Nova, Porta Gloriosa, Porta Fogliarosa e Porta Biscarda.

Quando la città venne ampliata e venne inclusa la civitas nova, le porte che facevano parte delle vecchie mura, come quello che oggi conosciamo come Arco del Sacramento, subirono delle modifiche per adeguarlo alla nuova funzione. Probabilmente l’arco, in epoca romana, dava accesso al foro e alle sue spalle vi erano le terme.

La sopravvivenza, nonostante il passare dei secoli, delle mura longobarde va fatta risalire soprattutto al XVI secolo, periodo in cui la difesa era nelle mani dei cittadini. I beneventani dovevano difendersi da pericoli con i propri mezzi, dovevano provvedere ad acquistare armi, polvere da sparo e a mantenere guardie armate alle porte cittadine. Questo dava la possibilità a chi viveva all’interno delle mura di godere di privilegi che chi viveva all’esterno di esse non poteva avere.

Nel 1542 considerato la presenza di strade strette e intricate all’interno del “Burgo”, quartiere a ridosso di Porta Rufina a sud del centro abitato. La porta venne spostata e la piazza ad essa vicina venne ingrandita e adeguata ai bisogni che crescevano sempre più. All’adeguamento urbanistico ne seguì l’abbattimento di archi preesistenti.

La ricostruzione di Porta Rufina venne affidata alle maestranze di Morcone, paese in provincia di Benevento, e durò circa tre anni. I materiali utilizzati provenivano da spoliazioni fatte al Sacro Palazzo presente a piazza Piano di Corte dove risiedeva il principe longobardo.

Il clima politico faceva temere alla popolazione possibili assalti alla città e per questo che “il regalo” fatto dai Longobardi doveva essere protetto e conservato. Erano presenti regole che non consentivano di apportare modifiche o aprire finestre nelle mura e quando la città raggiunse la sua autonomia, la cinta muraria aveva una sua giurisdizione precisa con norme formatesi durante il Medioevo.

Dalle immagini delle mura che giungono a noi, la prima nella quale è visibile l’impianto è quella cinquecentesca che rappresenta una veduta assonometrica con le porte d’accesso e il castello, oggi conosciuto come Rocca. L’immagine fa parte di una raccolta di disegni che il Rocca iniziò a collezionare a partire dal 1586 con l’idea di realizzare un Atlante delle città Italiane.

Si vede un impianto difensivo che risulta non adatto alle nuove tecniche di attacco militare che venivano utilizzate nel Cinquecento. Le mura e le torri erano gradualmente state trasformate in abitazione, la loro funzione originale non esisteva più, in questo periodo storico erano l’esaltazione della potenza dello stato Pontificio di cui la città faceva parte.

Le immagini della città sono molte e in tutte la cinta muraria, per questo è importante che vengano conservate e valorizzate rappresentano l’identità storica di una città ricca di storia.

Visitando la città è possibile vedere la loro maestosità e facendo un’analisi delle murature si evidenzia la continuità presente sulla cortina muraria e si vede come le nuove abitazioni si siano inserite sulle vecchie mura. Nel Seicento i nobili beneventani ambivano a costruire il loro palazzo all’interno della cinta muraria per mostrare il loro prestigio e godere di privilegi.

Da una semplice analisi si distinguono porzioni di mura costruite con pietre e ciottoli e parti con cantieri giornalieri. Un’attenta analisi stratigrafica ci farebbe datare in maniera puntuale l’intero circuito murario riuscendo a distinguere adeguatamente i tratti più antichi e quelli successivi. Questo non sminuisce la loro importanza e maestosità ma ci consentirebbe di conoscere il nostro passato di datare von precisione le modifiche avvenute in una città che nasconde ancora molti misteri e molte incongruenze.

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