La notorietà e la fama Giovan Battista Falda l'ottenne nel 1676 quando pubblicò la Nuova pianta et alzata della città di Roma con tutte le strade piazze et edificii de tempi (sottotitolo: palazzi, giardini et altre fabbriche antiche e moderne come si trovano al presente nel pontificato di Innocenzo XI con le loro dichiarazioni nomi et indice copiosissimo). La pianta permette una veduta omogenea di tutta la città, rivelandosi preziosa nell'accurata “descrizione” di fabbricati e ville, anche se la disposizione sul terreno avviene ancora con ampie dilatazioni e approssimazioni nelle reciproche proporzioni (si veda ad esempio per confronto la veduta di Johann Friedrich Greüter di cinquanta anni precedente). È tuttavia la prima a riportare le opere di Francesco Borromini (1599-1667) morto nove anni prima, e di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) che morirà quattro anni dopo, ma le cui fabbriche erano ormai tutte completate.
Giovan Battista Falda nasce a Valduggia il 7 dicembre 1643 e muore a Roma, a soli 35 anni, il 22 agosto 1678 (è sepolto nella chiesa di Santa Maria della Scala a Trastevere), è considerato tra i maggiori incisori italiani capace di documentare l’architettura e l’urbanistica dell’Urbe nella seconda metà del XVII secolo. Avendo l'incisione nel sangue non si accontentò di rilevare e riprodurre Roma nel suo insieme ma volle entrare nel dettaglio di questa città che tanto amava disegnandone i Giardini, le Fabbriche, i Palazzi e le Fontane. Le sue opere vennero “pubblicate” con cura dalla calcografia del noto Giacomo De Rossi, i rami del quale vennero acquistati da Clemente XII Corsini nel 1738 per costituire il primo nucleo della Calcografia Generale Romana, poi Calcografia Nazionale e oggi Istituto centrale per la grafica.
La raccolta, intitolata Le Fontane di Roma nelle piazze e luoghi pubblici della città con i loro prospetti come sono al presente, ci ha fornito lo spunto per andare a vedere come erano nel Seicento le fontane di Roma, come si inserivano nel contesto urbano e come sono cambiate in trecentocinquanta anni. Molte sono state ampliate, altre restaurate e alcune addirittura spostate o distrutte; sempre, la piazza o la via che l'ospitava ha subito notevoli trasformazioni in grado di far percepire la fontana diversa, perché diversa è la quinta e lo sfondo prospettico.
Per ovvi problemi di spazio il confronto si è limitato a pochi esempi, sufficienti tuttavia a dimostrare come le fontane di Roma, diversamente da altri monumenti, hanno subito nel tempo notevoli e continui mutamenti.
Naturalmente l'opera del Falda rappresenta le fontane al momento dei rilievi (intorno al 1670) e quindi non vi possiamo trovare le fontane post Bernini, cioè quelle del secolo XVIII, quale quella di Trevi; o quelle Ottocentesche, quale quella di piazza dell'Esedra; o quelle moderne, quali le rionali di Pietro Lombardi.
Le incisioni si rivelano preziosissime nei casi in cui le fontane sono state demolite. È il caso della fontana di Montecitorio, eretta al tempo di Sisto V e disegnata da Francesco da Volterra per il cardinale Santa Severina: fu distrutta per permettere la costruzione della Curia Innocenziana.
Nella rassegna storica dell'incisione, Falda si inserisce tra i grandi quali Tiepolo, Canaletto, Piranesi. Si colloca tra i vedutisti romani, come il suo continuatore Giuseppe Vasi (1710-1782) e Alessandro Specchi (1668-1729) autore del Porto di Ripetta e di uno studio sull'architettura civile. La passione per il suo “mestiere” lo allontanerà dagli incisori di traduzione, raffinati ma freddi, e dai ruinisti quali Francesco Pannini (allievo di Vanvitelli) e Antonio Domenico Locatelli, che pullulavano a Roma nel periodo tardo barocco.
Fontana di piazza del Popolo
L’incisione porta il titolo di Fontana su la piazza della porta del Popolo sotto la guglia, cioè sotto l'obelisco. La vita di questa fontana, come di tutte quelle collocate in piazza del Popolo, è estremamente movimentata. La realizza Giacomo Della Porta (1540-1602) in sostituzione di un'altra più antica detta “del Trullo” per via di un rudere che vi era, smantellato da Clemente VII (1378-1394) e raso al suolo da Paolo III (1534-1549).
La fontana dellaportiana, commissionata da Gregorio XIII (1572-1585) si ispira a quella di Santa Maria in Trastevere, con un bacino ottagonale posto su gradini, sul quale un motivo di delfini sorregge un catino da cui si innalza lo zampillo. Non sarà superfluo ricordare che in quel tempo nella piazza non vi era ancora l'obelisco, né le due chiese “gemelle” di Santa Maria dei Miracoli e di Santa Maria in Montesanto (chiamata comunemente degli Artisti) all'imbocco del Corso, né le esedre realizzate da Giuseppe Valadier, né i due palazzi che prendono il nome del grande architetto romano. C'era soltanto la chiesa di Santa Maria del Popolo da poco ampliata da Donato Bramante e arricchita dal genio di Raffaello Sanzio e l'enorme sterrata vastità della piazza.
Proprio per questo squilibrio proporzionale, che non diminuì neppure con la costruzione di un vicino abbeveratoio per cavalli e un lavatore, nel 1575, cioè due anni dopo la costruzione della fontana, si pensò di collocarvi quattro tritoni su conchiglie, al chiaro scopo di innalzare e rendere più imponente l'opera. Ma i tritoni non riuscirono allo scopo e vennero dirottati alla fontana del Moro in piazza Navona, dove si trovano ancora.
Nel 1585, in ottemperanza del piano sistino, nella piazza si innalzò l'obelisco egiziano di Seti I, accanto alla fontana, che rimarrà ancora più schiacciata da quell'inquietante e altissima presenza.
Nel 1823 Valadier con la sua sensibilità neoclassica sistemò l'intera piazza del Popolo, realizzando sotto il monolite l'attuale gruppo costituito da quattro leoni dalle bocche dei quali esce un ventaglio d'acqua raccolto in quattro vasche circolari, ed eliminando la fontana del Della Porta, la quale, dapprima andò in piazza San Pietro in Montorio, forse sul luogo di una scomparsa fontana, per poi venire nuovamente smontata e confinata nei magazzini del Comune di Roma. Soltanto nel 1950 si pensò di collocarla in piazza Nicosia, dove tuttora si trova, non senza un pesante ripristino dovuto alle necessità di integrare numerosi pezzi mancanti.
Fontana di piazza della Rotonda
Una vasca quadrilobata in marmo bigio posta su una gradinata che ripete il motivo della vasca: è questa l'invenzione del grande “fontaniere” Giacomo Della Porta, il quale progetto la fontana, non per questo spazio, ma per un luogo imprecisato che la “Congregazione sopra le fonti” avrebbe dovuto stabilire.
Nel Rinascimento la piazza era sensibilmente più piccola dell'attuale e la zona era feudo della potente famiglia dei Crescenzi che vi possedeva un palazzo e varie torri; la stessa acqua della fontana fu ceduta ai Crescenzi nel 1586. La vasca fu decorata da quattro mascheroni gettanti acqua appoggiati a conchiglie visibili nella stampa del Falda.
Clemente XI fece rimaneggiare la fontana, sostituendo il fusto ed il catino originale con l'obelisco egiziano proveniente dalla non lontana piazzetta prospiciente San Macuto e la scogliera, opera realizzata nel 1711 da Filippo Barigioni.
A ben guardare la pianta del Falda si notano, intorno alla fontana, dei venditori di pesce e di ortaggi. Per vari secoli, infatti, la zona fu mercato di questi prodotti: in particolare, i pescivendoli bagnavano il pesce nell'acqua della fontana per mantenerlo fresco o addirittura vivo (dentro le nasse di giunco intrecciato).
Nel 1847 Clemente XI vietò questo poco degno mercato, forse più per rispetto del Pantheon che della fontana, la quale subì altri due restauri, nel 1804 e nel 1928.
Fontana di piazza Santa Maria in Trastevere
Fatta erigere probabilmente per il giubileo del 1450 da Nicolò V, venne per la prima volta rappresentata nel 1471 nella pianta di Roma di Pietro del Massaio.
La fontana ebbe il primo restauro tra il 1496 e il 1500 a spese del cardinale titolare della basilica trasteverina, Giovanni Lopez. Nell’occasione fu eliminato il secondo catino, mentre sul primo vennero collocate quattro bocche di lupo.
Ben presto, tuttavia, l'acqua scomparve dalla fontana, finché nel 1509, per volere del cardinale Marco Vigerio, venne ripristinata. Poco tempo dopo, inoltre, nuovamente la fontana rimase asciutta, ed ecco intervenire nientemeno che Gregorio XIV il quale, nel 1591, vi fece immettere l'acqua Felice. Otto anni dopo, a causa di una gravissima alluvione, saltarono le condutture che furono ripristinate solo nel 1604 quando anche la fontana fu restaurata da Girolamo Rainaldi.
Alessandro VII, nel 1659, fece spostare dal Bernini la fontana: da un lato, al centro della piazza, e vi fece immettere l'acqua Paola. Il grande artista barocco non si limitò tuttavia ad un semplice trasferimento, ma rifece la vasca ottagonale che, sopraelevata, ebbe alloggiati in opposte specchiature gli stemmi di Alessandro VII ed i profili in rilievo di balaustri sui quali furono collocate quattro doppie conchiglie che vennero sostituite nel 1692 dall'architetto Carlo Fontana, con altre valve non più rivolte all'esterno. Quest'ultimo artista in quell'occasione ampliò anche la vasca.
Nel 1873 un restauro diretto da funzionari del Comune di Roma, rifece la fontana secondo l'ultimo modello del 1692 utilizzando al posto del travertino il marmo bardiglio. Un ulteriore intervento di restauro fu realizzato nel 1984.
Fontana di piazza Navona
Parliamo di quella prospiciente palazzo Pamphili, detta poi “del Moro”, dalla statua che Gian Lorenzo Bernini vi pose al centro. La fontana fu realizzata da Della Porta con una vasca mistilinea di eleganti proporzioni. L'architetto vi aveva anche collocati quattro tritoni, che in realtà aveva realizzato per la fontana di piazza del Popolo.
Come accennato, Innocenzo X diede incarico al Bernini di inserire un elemento artistico al centro della vasca per abbellirla. L'idea del Moro non venne subito a Gian Lorenzo, il quale in un primo momento progettò un consueto motivo di delfini con le code intrecciate a sorreggere una lumaca. Il pontefice non apprezzò questa soluzione e l’artista pensò ancora ad altri delfini e tritoni che non piacquero nuovamente al pontefice.
Finalmente Bernini riuscì a concepire dal suo estro l'eccezionale torso di etiope scolpito da Giovanni Antonio Mari che ancora oggi possiamo ammirare.
In origine la fontana era circondata da una cancellata, ma nell'operazione di maquillage berniniana venne tolta per essere sostituita da una vasca-piscina che ripeteva lo stesso motivo mistilineo della vasca dellaportiana. Lo scopo era quello di renderla più grande, vista l'enorme dimensione della piazza.
Nel 1874 i tritoni del Della Porta vennero asportati, per andare ad adornare il piazzaletto accanto al Giardino del Lago nella Villa Borghese, e per essere sostituiti da copie realizzate dallo scultore marchigiano Luigi Amici.
Fontana di piazza Colonna
Realizzata nel 1575 in marmo di Portasanta su progetto di Della Porta era in origine addossata alla colonna di Marco Aurelio. In realtà, l'architetto aveva anche previsto una statua di Marforio soprastante la fontana, ma la statua non fu mai posta in opera.
Col tempo, tuttavia, forse a causa dell'enorme valore archeologico della colonna coclide, si pensò di spostare la fontana di qualche decina di metri, nel luogo attuale. Va detto che sotto il pontificato di Alessandro VII la fontana rischiò un ulteriore trasloco in piazza San Marco e Bernini ne previde l'allontanamento per far posto ad una sua scenografica e mastodontica realizzazione costituita dalla colonna Antonina, il colosso di Traiano e una nuova gigantesca fontana mai realizzata.
Nel 1702, sotto Clemente XI, la fontana dellaportiana subì un restauro durante il quale i tecnici si permisero anche qualche piccola licenza, come l'inserimento della stella degli Albani, poi rimossa. Nel biennio 1829-1830 fu restaurata e si sostituì il catino centrale a fogliami con altro più piccolo e modesto di marmo bianco, che successivamente fu nuovamente sostituito. In quell'occasione, in luogo delle quattro piramidi che gettavano acqua furono posti all'estremità della vasca due gruppi di delfini ai lati di una conchiglia scolpiti da Achille Stocchi.
L'abbeveratoio per cavalli che per molto tempo era stato nella piazza accanto alla fontana fu rimosso nel 1866.