Gli obelischi, elementi monumentali edificati dagli Egizi e ai quali venivano attribuite funzioni simboliche religiose, hanno una forma quadrangolare allungata e sulla sommità è posta una piccola piramide, anticamente ricoperta d’oro. All’interno della piccola piramide, secondo gli egizi, dimorava il potente dio Ra e la presenza di questi monumenti serviva ad invocare la sua protezione.

L'obelisco, simbolo di potere, veniva eretto per volere del faraone poiché, grazie alla sua forma slanciata, simboleggiava il collegamento tra la terra e il cielo, unendo l'uomo agli dèi.

Durante la dominazione romana molti obelischi vennero prelevati dall’Egitto, portati nella capitale imperiale e posti nelle vicinanze dei monumenti più importanti, rendendo la città di Roma quella con un maggior numero di obelischi egizi al mondo. Ma non è solo Roma a vantare la presenza di obelischi riportati dai romani ma anche nella piccola città di Benevento ne sono presenti due.

Gli obelischi sono lì per volere dell’imperatore Domiziano che ordinò, tra l’88 e 89 d.C., la costruzione di un tempio dedicato alla dea Iside e che, probabilmente, dovevano esser posti in coppia all’ingresso di questo Iseo. Le sculture che facevano parte del tempio erano in parte provenienti dall’Egitto e alcune di loro risalenti al regno di Ramesse II, cioè all’anno 1350 a.C. - come un frammento di statua egizia che rappresenta un uomo con lunga tonaca talare che siede su un cuscino e ha il corpo poggiato ad un pilastrino al di sotto del quale vi erano delle iscrizioni che hanno condotto gli studiosi al periodo e alla sua collocazione -.

Il ritrovamento avvenuto nel 1892 assieme ad un frammento di obelisco è stato fatto nel giardino del palazzo De Simone, non lontano dalla chiesa Santa Sofia e la chiesa di Santo Stefano, in uno dei luoghi in cui, secondo indagini archeologiche, sorgeva il tempio di Iside.

Gli obelischi sono due: uno posto in piazza Papiniano e l’altro nel Museo di Arte Contemporanea Sannio, Arcos, in cui sono raccolti tutti i reperti egizi ritrovati in città. Sono in granito rosso e hanno un’altezza di tre metri, poggiano su una base troncopiramidale e hanno su tutte e quattro le facce l’incisione di geroglifici. Solo il primo, però, è integro e consente la lettura dei geroglifici.

Enrico Isernia riporta che un pezzo di obelisco venne scoperto in seguito al crollo della chiesa di San Bartolomeo e, sempre nella stessa chiesa, un ulteriore pezzo si trovava nei finestroni della cupola, posto come un architrave, presentava dei geroglifici ma nonostante questo venne murato nella nuova chiesa. Questo fa sospettare che parte dei resti dei templi egizi siano ancora presenti in città e che il nostro passato continui a sorreggerci e a proteggerci.

Molti di questi reperti vennero ritrovati dopo il terremoto del 1688 che colpì l’intero Sannio e che danneggiò gravemente la città di Benevento. L’ottanta per cento degli edifici fu distrutto o danneggiato. Le iscrizioni sugli obelischi vennero decifrate e tradotte da Luigi Ungarelli, e ciò consente di attribuirli con precisione a Domiziano.

La traduzione e interpretazione ad opera di Isernia è di seguito riportata: Lato I: Dio vindice, Oro sfolgorante, che degli anni i periodi conserva, per vittorie chiarissimo, Re ed Imperatore Cesare figliuolo del sole Domiziano, eternamente vivente a pro di Benevento nelle terre d’Italia all’impero di Roma sottoposte.

Lato II: Signore del superiore e dell’inferiore Egitto che è salutato figlio di Dio, Oro, di tutti gli Dei amico. Del Sole figlio, dominatore dei dominatori. Domiziano Dio sempiterno ornò, il tempio e la statua d’Iside grande patrona di Benevento e degli altri Dei. L’obelisco di pietra sienite da lui mandato, il Re Massimo, comandò che erigesse Lucilio Rufo.

Lato III: Alla Patrona Iside e agli Dei patrii di Benevento l’obelisco di pietra sienite per essere eretto mandò il Signore dell’uno e dell’altro Egitto e del romano impero Domiziano immortale. V. C. Lucilio Rufo pose a perenne memoria dell’avvenimento.

Lato IV: A Iside moderatrice degli Dei, figlia del sole, patrona di questo edifizio, e agli Dei patrii di Benevento, il figlio del sole, il Signore del Diadema che regna nell’uno e nell’altro Egitto, Domiziano perennemente vivente in dono diede. V. C. Lucilio Rufo dedicò, eresse.

La struttura delle frasi e le parole utilizzate hanno indotto gli studiosi a ritenere che il testo impresso sugli obelischi fosse frutto della traduzione di un testo greco e lasciano intendere che il culto di Iside fosse già presente nel capoluogo sannita. Gli obelischi erano stati portati dall’Egitto per essere posti nel tempio da Lucilio Rufo, prefetto di Benevento, e da lui ampliato per volere dell’imperatore.

Presumibilmente i geroglifici furono fatti in Egitto questo perché sono presenti gli stessi caratteri utilizzati dagli egizi ma anche per le espressioni utilizzate che non potevano esser conosciute se non da chi fosse abituato a incidere geroglifici. Sono presenti anche espressioni di origine romana ed è per questo che molti studiosi concordano nel ritenere che le scritte siano di opera di scribi egizi ma tradotti da un testo in latino o greco la cui fonte era Benevento o Roma.

Gli obelischi rappresentano un documento importante per la storia della città e ci consentono di datare e fare ipotesi sui reperti risalenti allo stesso periodo storico. Grazie ad essi è possibile ricostruire il tempio presente nel capoluogo sannita. Forse ad essi erano affiancate statue a forma di sfinge che proteggevano la vera cappella del tempio. Gli storici associano l’Iseo sannita a quello campano rinvenuto a Pompei in cui era presente un tempio tetrastilo eretto su un podio e accessibile tramite una scala. A differenza del tempio pompeiano, che aveva le pareti decorate con pitture e stucchi, quello beneventano era decorato come quelli egizi, cioè con bassorilievi dei quali ci sono pervenuti solo quattro frammenti.

Due, di questi frammenti, sono scolpiti con la tecnica del bassorilievo, un altro è semplicemente inciso e sull’ultimo è presente una figura regale, tecniche che servivano per decorare le pareti esterne ai templi. Müller confronta il tempietto beneventano con quello rinvenuto ad Alessandria databile all’epoca imperiale e fa supporre che i frammenti dovessero trovarsi uno opposto all’altro perché il sovrano deve avere una posizione opposta a quella della dea che protegge con le sue ali, Apis dio a forma di toro venerato dagli Egizi. Questo conferma la devozione dei beneventani verso il culto isiaco e il desiderio di Domiziano di rendere la città un centro politico importante e strategico.

Gli obelischi sono visibili ancora oggi, uno in piazza Papiniano facendo una passeggiata nel centro storico della città e l’altro nel museo ARCOS restaurato nel 2018. Per un periodo di tempo era presente un’istallazione artistica ad opera di importanti professionisti sanniti, che tramite un filmato e una voce narrante, quella dell’imperatore Domiziano, ogni 30 minuti dalle 19:30 alle 23:30 il venerdì e il sabato, l’obelisco veniva illuminato da un fascio di luci che proiettavano l’ombra dei geroglifici sul Palazzo Paolo V. I geroglifici proiettati si dissolvevano per essere sostituiti dalla traduzione.

Come ci dimostra la storia della città, essa nasconde misteri e segreti da svelare e sarebbe emozionante continuare il viaggio nel passato che le scoperte casuali che sono state liberate in modo da affrontare ciò che siamo diventati grazie ad esso.

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