Non soltanto ogni casa da me arredata, non soltanto ogni stanza da me studiosamente composta, ma ogni oggetto da me scelto e raccolto nelle diverse età della mia vita, fu sempre per me un modo di espressione, fu sempre per me un modo di rivelazione spirituale, come un qualunque dei miei poemi, come un qualunque dei miei drammi, come un qualunque mio atto politico o militare, come una qualunque mia testimonianza di dritta e invitta fede. Perciò ardisco offrire al popolo italiano tutto quel che mi rimane e tutto quel che da oggi io sia per acquistare e per aumentare col mio rinnovato lavoro, non pingue retaggio di ricchezza inerte ma nudo retaggio di immortale spirito. Già vano celebratore di palagi insigni e di ville suntuose, io son venuto a chiudere la mia tristezza e il mio silenzio in questa vecchia casa colonica, non tanto per umiliarmi quanto per porre a più difficile prova la mia virtù di creazione e di trasfigurazione. Tutto infatti è qui da me creato e trasfigurato. Tutto qui mostra le impronte del mio stile nel senso che io voglio dare allo stile. Il mio amore d’Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all’eroismo, il mio presentimento della Patria futura si manifestano qui in ogni ricerca di linee, in ogni accordo o disaccordo di colori. Non qui risanguinano le reliquie della nostra guerra? E non qui parlano o cantano le pietre superstiti delle città gloriose? Ogni rottame rude è qui incastonato come gemma rara. La grande prora tragica della nave “Puglia” è posta in onore e luce sul poggio, come nell’oratorio il brandello insanguinato del compagno eroico ucciso. E qui non a impolverarsi ma a vivere son collocati i miei libri di studio, in così grande numero e di tanto pregio, che superano forse ogni altra biblioteca di solitario studioso. Tutto qui è dunque una forma della mia mente, un aspetto della mia anima, una prova del mio fervore. Come la morte darà la mia salma all’Italia amata, così mi sia concesso preservare il meglio della mia vita in questa offerta all’Italia amata.
(Atto di donazione, 22 dicembre 1923)
A un secolo di distanza dalla donazione del Vittoriale degli Italiani, non possiamo non volgere lo sguardo ai tanti presidenti che si sono succeduti alla guida della Fondazione che ne è a capo, fino ad arrivare ai giorni nostri e alla conduzione di Giordano Bruno Guerri, il quale - con l’audacia e il vitalismo tipici di Gabriele d’Annunzio stesso – ne ha seguito fedelmente i dettami lasciati e continua a rendere il Vittoriale materia nuova e feconda di progetti.
Come non citare, in questo senso, la ricostruzione dell’anfiteatro (oggi interamente in marmo rosso veronese), secondo i desiderata dannunziani, il continuo rinnovamento dei musei che sono parte integrante della dimora: "d'Annunzio eroe", "d'Annunzio segreto", "l'automobile è femmina", fino ad arrivare al Museo Maroni, ospitato al Casseretto del Vittoriale e recentemente arricchitosi della Collezione Paglieri.
Il “libro di piete vive”, come soleva chiamarlo Gabriele d'Annunzio, è un'opera d'arte perpetua, che viene riconquistata mattone dopo mattone per portare a termine ciò che il Comandante aveva pensato per sé, ma che era ancora, parzialmente, in divenire la sera del primo marzo del 1938, quando cedette il proprio spirito.
Da quel giorno, la dimora è rimasta intatta. Raro esempio tra le case-museo internazionali che, troppo spesso, restituiscono ai visitatori stanze rimaneggiate o materiale non originale. Al contrario, il Vittoriale continua a riproporsi integro, ma in costante mutamento, richiamando l’attenzione di centinaia di migliaia di appassionati e curiosi ogni anno (circa 300.000 stimati nel 2023, con un incremento pari a quasi il 10% rispetto all’anno precedente).
Dati che non stupiscono, poiché il genio di d'Annunzio non lascia mai indifferente chi lo approccia. Definito dallo scrittore e poeta Piero Citati come “una creatura liquida”, è proprio in questo essere materia inafferrabile che risiede il suo eterno potere. Non a caso, lo scrittore abruzzese vigila sulla sua ultima dimora dall'alto del Mausoleo ed è – pertanto - ancora possibile avvertirne la presenza in ognuno degli oltre diecimila oggetti ospitati all’interno del Vittoriale.
Chi ha già visitato il luogo dannunziano par excellence sa che, una volta accolti nella Prioria (l’abitazione vera e propria di “Frate Gabriel priore”), si entra immediatamente a destra, ad iniziare un viaggio di scoperta fra stanze di diverso addobbo e respiro.
A sinistra, invece, l'accesso è precluso. In alcune recenti occasioni, tuttavia, l'area situata tra l'Officina (la stanza da lavoro del Poeta) e il Corridoio del Labirinto ha aperto al pubblico in tutto il suo splendore.
È stato, così, possibile accedere agli appartamenti dell'ultima compagna del Vate, la pianista Luisa Baccara, e della governante Amélie Mazoyer. Due stanze adiacenti per due donne dapprima nemiche, poi complici nella comune sorte di dover/voler compiacere il Comandante in ogni sua richiesta. Ecco, quindi, che la zona denominata "Clausura" rivela un tavolo ancora ricoperto degli oggetti che servivano ad abbellire le varie “badesse di passaggio” (amanti occasionali), una stanza in cui soggiornarono personalità di spicco come Georgij Čičerin, Elena Sangro e Tamara de Lempicka, nonché lo studio della Baccara con i suoi spartiti.
Ciò che più colpisce, in questo lato della dimora (che, per scelta, viene mostrato occasionalmente, poiché distante dall'armonia di insieme che d'Annunzio diede alle stanze da lui abitate) è la sinistra immobilità degli ambienti, i quali rendono quasi palpabile la repentina dipartita delle due donne, avvenuta immediatamente dopo la morte del Poeta.
In definitiva, un'ala bella e sospesa quasi quanto la ceramica "Cantico del Sole" di Enrico Mazzolani che domina superba un elegantissimo bagno in piastrellato viola, testimone di un fastoso passato blindato a doppia mandata.