Poiché vivo a Vienna da oltre trent’anni, mi sono recato più volte ad Eckartsau, ad una quarantina di chilometri dalla città, sulla riva sinistra del Danubio che qui scorre possente. In quella località sorge una dimora degli Asburgo circondata da un grande parco che si estende fino al fiume, meta ideale per farvi giocare i figli quando erano piccoli o effettuare scampagnate con gli amici.
Sono stato ad Eckartsau in ogni stagione: in estate, nel pieno rigoglio della vegetazione; in primavera, tra il fiorire di tulipani, primule e narcisi e le distese di Bärlauch (aglio selvatico); in autunno, quando il parco assume tutte le tonalità del rosso, del giallo e dell’oro. E perfino in pieno inverno, quando i rami rinsecchiti dei grandi alberi emergono spettrali dalla nebbia che sale dal Danubio e in cielo volteggiano neri stormi di corvi (un tempo, ma non più da parecchi anni, c’era anche una spessa coltre di neve).
Attorno al palazzo, grandi alberi plurisecolari (querce, pioppi, pini, abeti, platani, olmi, faggi, betulle, salici piangenti) inframezzati ad aiuole, prati in cui pascolano mandrie di cavalli dal setoso manto biondo e stagni coperti di ninfee. Mano a mano che ci si avvicina alle rive del Danubio subentrano i Donauauen, rigogliosi terreni con una tropicale esuberanza di flora (arbusti, giunchi e canne) e di fauna (aironi, cornacchie, castori, cervi, volpi, anatre e cicogne). Della giungla melmosa, intricata e primordiale delle Auen ho già parlato nel mio articolo Balzac a Vienna.
Quanto al fabbricato: Il castello originale era un Burg cioè una fortezza circondata da un fossato con acqua ed era di proprietà della famiglia Eckartsau già dal XIII secolo. Nel 1720 la proprietà passò alla potente famiglia Kinsky che, su base di un progetto del più celebre architetto austriaco dell’epoca, Johann Bernhard Fischer von Erlach, fece ampliare la struttura trasformandola in uno Schloss, cioè un palazzo in stile barocco. Nel 1760 Maria Teresa, acquistò il castello e lo unì al patrimonio della famiglia imperiale austriaca. L'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono e noto massacratore seriale di selvaggina, lo restaurò e l’usò come palazzo di caccia.
Il castello acquisì nuova rilevanza e notorietà con l'ultimo Imperatore d’Austria, Carlo I, che, assieme alla moglie Zita di Borbone-Parma e gli otto (!) figli ne fece la sua principale residenza estiva. Ma divenne d’importanza storica quando fu testimone della rinuncia di Carlo al trono d'Austria-Ungheria e della sua partenza, il 23 marzo 1919, per l’esilio (ne riparleremo più avanti).
Il palazzo, nel caratteristico giallo ocra delle facciate è, come tutti gli Schlösser dell’Austria, una raffinata commistione di sfarzo barocco e familiarità campagnolo-venatoria. Grandi saloni affrescati dai migliori artisti del tempo, statue, stucchi dorati e lampadari di cristallo, una grande scalinata d’onore in pietra bianca. Ma anche trofei di caccia, stalle, scuderie e vetusti attrezzi agricoli in legno.
A Eckartsau comunque quel che più colpisce sono i ricordi dell’ultimo imperatore e della sua famiglia, gli spazi privati con le foto ingiallite e gli oggetti d’uso quotidiano. Sembra quasi che i suoi abitanti se ne siano appena andati: una tavola ancora apparecchiata, la scrivania dell’imperatore ingombra di carte, uno stinto albero di natale circondato dai giocattoli dei bambini.
Pare di immaginarlo Carlo I che, con la sua nidiata al seguito, in una fredda mattina di nebbia e fra il gracchiare dei corvi, si dirige verso la stazioncina di campagna ai margini della proprietà per imbarcarsi sul treno che li porterà in esilio in Svizzera. Il 3 aprile 2019 il governo repubblicano austriaco decretò la deposizione ufficiale di Carlo I dal trono, l'esilio perpetuo di tutti i membri della famiglia e la confisca dei loro beni. Così finì l'impero degli Absburgo, questo straordinario edificio dinastico durato più dell'Impero romano e di cui oggi rimangono soltanto palazzi abbandonati e il rimpianto di alcuni storici.
Un po’ di storia…
Il 21 novembre 1916 il vecchio imperatore Francesco Giuseppe muore, all'età di ottantasei anni. Il 30 dicembre viene incoronato il pronipote Carlo, che ha sostituito come erede al trono l’Arciduca Francesco Ferdinando assassinato a Sarajevo.
Di carattere mite e rigidamente cattolico, Carlo non ha ancora trent'anni, ma ha le idee molto chiare: vuole trasformare la Duplice Monarchia austro-ungarica in "una unione di democrazie nazionali, in cui i tedeschi, gli ungheresi e gli slavi siano messi sullo stesso piede di parità" (diverso il discorso per le minoranze italiane di Trentino, Friuli-Venezia Giulia e Dalmazia, ma parlarne mi porterebbe fuori tema).
Solo che intanto l'Austria è in guerra, per cui il problema più urgente è la pace. E infatti già il 25 novembre Carlo lancia un proclama accorato:
Voglio far tutto per bandire, nel più breve tempo possibile, gli orrori e i sacrifici della guerra e rendere ai miei popoli le benedizioni scomparse della pace.
Ai proclami seguono i fatti: Carlo dà il benservito al capo di Stato maggiore e al comandante dell'esercito, sostenitori della guerra a oltranza, e avvia contatti con la Francia e l'Inghilterra, aggirando il suo ministro degli Esteri e utilizzando le sue relazioni personali, per cercare una pace separata che stacchi l'Impero dall'alleanza con Germania e salvi la monarchia dall'imminente crollo. Ma Londra e Parigi hanno ormai deciso che il conflitto va condotto fino alla resa incondizionata e alla distruzione del nemico e le offerte vengono respinte.
Nell'ottobre 1918, l'imperatore Carlo tentò di salvare la monarchia concedendo ai “suoi popoli” una maggiore indipendenza. Questo, tuttavia, non bastò a fermare la formazione di nuovi Stati slavi e balcanici e la dissoluzione dell’impero. Il 3 novembre la guerra finì per l'Austria con la sconfitta di Vittorio Veneto e l'11 novembre l'imperatore “rinunciò a partecipare” al governo. La repubblica fu dichiarata il giorno successivo
Dopo un paio di maldestri tentativi di recuperare il trono d’Ungheria, Carlo morirà in esilio, nel 1922 a Madera, a trentasette anni, senza nemmeno i soldi per pagarsi un medico che lo curi dalla polmonite che lo porta alla tomba. E a Madera è sepolto, mentre la consorte Zita, morta quasi centenaria nel 1989 è stata l’ultima Asburgo ad essere inumata nella famosa Cripta dei Cappuccini di Vienna.
Molto hanno dibattuto gli storici sulle cause della Prima Guerra Mondiale: il revanscismo francese; il militarismo prussiano; il timore dell’Inghilterra di perdere il predominio sui mari; la rivalità austro-russa nei Balcani; la disintegrazione dell’impero Ottomano. Oppure, “semplicemente”, come scrive Christopher Clark nel suo fortunato (e sopravvalutato, scopre l’acqua calda) libro I sonnambuli, il fattore scatenante del conflitto fu il perverso meccanismo dei blocchi contrapposti di alleanze e delle mobilitazioni generali.
Ma una causa che non viene spesso citata è l’odio che ebbero l’antipapista Inghilterra e la Francia della Terza Repubblica, laicista, massonica e anticlericale per l’Impero degli Asburgo, quella mirabile costruzione che per molti secoli aveva retto il Sacro Romano Impero, unico tentativo riuscito nella storia di Europa unita (altro che Unione Europea!). Questa è per lo meno la tesi di François Fejtö, scrittore ebreo-ungherese nostalgico della Mitteleuropa che, in Requiem per un impero defunto, mostra come la dissoluzione della monarchia danubiana non fu "ineluttabile", ma invece il risultato di un disegno tenacemente perseguito dai capi di Stato dei paesi occidentali, ben determinati a sbarazzarsi dell'ultima grande unità sovrannazionale europea, “patria [e non prigione] delle nazioni”. Senza rendersi conto di spingere così l’Europa centrale nella lunga notte dei totalitarismi.
… e di letteratura
Così descrive Eckartsau Claudio Magris nel suo celebre Danubio:
In questo piccolo castello di caccia, fra questi abeti azzurri, è finita la secolare storia degli Absburgo; qui ha abdicato l'ultimo imperatore, Carlo (..) Il castelletto ha un'aria di pacifica dimora familiare, sul tetto c'è un rassicurante nido di cicogne. Quest' amabile e discreta familiarità è una giusta cornice per la fine di una dinastia ricca di figure materne e paterne, a cominciare dalla grande Maria Teresa, e il cui ultimo imperatore simbolico, Francesco Giuseppe, aveva il carisma di un nonno benevolo, saggio e un po’ svanito.
Quanto alla figura di Carlo osserva:
Il coraggio di porre fine a una guerra, di vederne l'abissale stupidità, non è certo minore di quello d'intraprenderla, è un coraggio degno di un vero imperatore.
Anatole France, scrittore oggi dimenticato ma che nel 1921 vinse il premio Nobel per la letteratura, uomo non cattolico e dichiaratamente anticlericale, scrisse di Carlo I:
L’imperatore Carlo è l’unico uomo decente, emerso durante la guerra ad un posto direttivo; ma non lo si ascoltò. Egli ha desiderato sinceramente la pace, e perciò viene disprezzato da tutto il mondo. Si è trascurata una splendida occasione.
Per concludere
Il 3 ottobre 2004, durante una solenne cerimonia in San Pietro, Carlo I d'Austria è stato proclamato Beato da Papa Giovanni Paolo II. Tra le ragioni della contestatissima beatificazione è stato il fatto secondo cui Carlo I si fece promotore dell'iniziativa di pace lanciata da papa Benedetto XV, che definì il 1º agosto 1917 la guerra come "inutile strage". Durante la sua omelia, il papa disse queste parole riguardanti l'ex imperatore:
Carlo d’Austria è stato un esempio non solo di uomo che ha praticato le virtù della fede cristiana fino all’eroismo, ma anche di uomo politico illuminato dalla fede, privo di pregiudizi ideologici, dalle vedute ampie e proiettate al futuro, austero nella vita privata e nell’esercizio della regalità (…) Ai suoi occhi la guerra appariva come “qualcosa di orribile”.
In certe chiese di Vienna (le più tradizionaliste) distribuiscono un “santino” di Carlo in cui si dice che:
La tradizione universale della sua Casa di servire la fede era per lui l’alternativa al nazionalismo ed a tutte le altre correnti fatali di quel secolo che avrebbe visto il suo Impero frantumato.
E si aggiunge che:
Carlo si trovò di fronte ad un’enorme propaganda di forze internazionali miranti alla distruzione del suo Impero e al suo discredito personale.
I “progressisti” invece hanno pesantemente ironizzato su questa beatificazione rilevando come Carlo, dopo aver comunicato che l'Austria-Ungheria era pronta a dei negoziati di pace avesse lanciato la grande offensiva di Caporettto, che vide anche l’uso di gas asfissianti. Oppure sottolineano i suoi due falliti tentativi di riprendere il trono d’Ungheria tramite un putsch militare e una marcia su Budapest, spinto da alcuni avventurieri e dall'ambizione della moglie.
Io, come in tutti i miei pezzi, non dò giudizi, lascio che siano i lettori a farsi un’opinione.