Progettare una casa significa dare corpo a un sogno. Interpretare un desiderio di benessere, di accoglienza e di calore. Non è semplice, bisogna mettere da parte il proprio ego e immergersi nell’altrui intenzione dandosi empaticamente a quello, che a tutti gli effetti, per la maggior parte degli essere umani rappresenta l’obiettivo di una vita.
Per Filippo Caprioglio essere architetto è necessariamente l’intrapresa di un dialogo costante con la committenza, un flusso di curiosità e di coscienza che si alterna alla definizione di bisogni e traguardi raggiungibili. Una vocazione alla bellezza che l’orgogliosamente mestrino Caprioglio, ha saputo esportare negli Stati Uniti grazie ai suoi “studi americani”, importanti dagli States suggestioni e stimoli creativi da applicare in Italia. Il risultato è un originale mix di eleganza europea e innovazione americana, che gli ha valso riconoscimenti straordinari come il premio per la più bella casa italiana a New York.
Docente universitario negli Stati Uniti, con un avviato studio in provincia di Venezia, Caprioglio ha messo per iscritto la sua esperienza selezionando sette progetti architettonici in un libro dal titolo iconico: “Sette case sette storie” a cura di Alessia Delisi edito da Linea Edizioni. Abbiamo incontrato Filippo Caprioglio in una pausa dai suoi viaggi oltreoceano. Ad animare l’architetto veneziano è da sempre una grande passione per tutto ciò che possa diventare struttura, ambiente da vivere in un neutro d’autore da colorare con la fantasia di chi ci vive.
“Sono sempre stato pervaso da una grande curiosità – racconta – e dal desiderio di scoprire migliorare e sperimentare. Comprendere quali sono gli elementi che possono portare a un’armonia, a un benessere, a una qualità di vita negli spazi che penso. Uno spazio in cui le persone sono il fulcro del mio modo di progettare, sia esso un progetto per un edificio pubblico. piuttosto che per un edificio privato”. Per Caprioglio, in effetti, tutto gira intorno alla persona, a chi andrà a vivere in quello spazio.
“Rifletto molto sulla funzione degli edifici, alla possibile trasformazione degli spazi impiegando quindi elementi flessibili che possano trovare una collocazione che rifletta la vita contemporanea attuale e futura. In questo senso, da architetto, mi muovo, partecipo di ciò che mi circonda permettendo al pensiero di traslarsi e di trasformarsi in architettura”.
Inserito perfettamente nel suo contesto operativo, Caprioglio è orgoglioso di provenire dal Veneto. “Sono un architetto felice delle sue origini locali – sottolinea – sono nato a Mestre ma ho avuto la possibilità di girare il mondo potendo vedere e alimentare la mia curiosità.” Precocemente affascinato dall’architettura, il professionista veneziano ha colto l’occasione di perfezionare le sue conoscenze a livello internazionale.
“Il tempo per me ha avuto una valenza importante, perché sin da ragazzino ho avuto la grande opportunità di studiare all’estero e di girare molto e di implementare e approfondire i miei studi, grazie a un master conseguito negli Stati Uniti in Progettazione, alla Syracuse University. Un’occasione che mi ha messo in contatto col mondo accademico ma anche fattivo del lavoro negli Stati Uniti.
Questo mi ha permesso di combinare la mia dualità tra Europa e Usa. Insegno ormai da 22 anni presso un’università americana e ho potuto sviluppare rapporti e collaborazioni negli Stati Uniti. In questo modo le opere che progettavo e realizzavo in Italia hanno ricevuto visibilità anche all'estero e, in particolare, appunto nel Nord America. Una coincidenza che mi ha aperto alla realizzazione di progetti negli Stati Uniti e ha rafforzato le relazioni in loco assicurandomi così una riconoscibilità anche internazionale”.
Il costante legame con gli Stati Uniti è stato un biglietto da visita eccezionale per Caprioglio che può vantare nel suo portfolio professionale numerosi progetti di grande prestigio: “ L’unione di tutti questi tasselli genera il meglio, riesco a portare il know-how europeo negli Stati Uniti e quello americano qui, è una bella sintesi che mi fa progettare nella maniera che ormai viene riconosciuta ovunque”.
Ogni progetto è figlio del suo tempo, dello stato d’animo, del confronto con la committenza. Scegliere un progetto tra tutti è come chiedere a una madre quale sia il figlio preferito, una scelta impossibile e così anche per l’architetto veneziano:
“Ogni mio progetto rappresenta un mattone di questo grande Tetris che ti porta ad essere quello che sei, quindi scegliere non è mai semplice, se devo farlo devo dire c’è un progetto in particolare della casa di Cittadella di cui parlo nel libro, che unisce in una forma matura, molte delle mie sperimentazioni precedente. Lo si vede nell’utilizzo di un materiale infinito come il laterizio che ha sempre fatto parte della mia vita e che ho declinato in una maniera diversa. Per questa casa, in relazione con le mura medievali di Cittadella, l’ho però impiegato in una forma contemporanea. Ho avviato una collaborazione con una fornace locale affinché ci fosse un mattone unico per questa casa e cotto proprio con materiali, forme e colori ad hoc che non erano ancora in produzione.
Una volta prodotti appositamente per questa casa sono così diventati un materiale di serie grazie al progetto sviluppato insieme. Quello di Cittadella, combinato col progetto realizzato a Venezia nella galleria d’arte Berlendis, rispecchiano tante delle mie intenzioni, ossia di utilizzare pochi materiali in una forma “onesta”. Intendo dire neutra perché lo spazio espositivo Berlendis va a ospitare altri materiali e altre forme d’arte e allo stesso tempo dimostra la sua personalità riuscendo a essere flessibile e in costante relazione con gli elementi che il contesto offre. Nel caso specifico di Venezia: l’acqua, la luce, elementi che utilizzo molto nei miei progetti. Certamente non voglio fare torto a nessuno dei miei ‘figli architettonici’, ma posso affermare che questi due progetti costituiscono una summa di tutti gli altri”.
“7 case 7 storie” è un traguardo importante che mette insieme i progetti più rappresentativi e originali di Caprioglio e ne offre uno spaccato di grande personalità creativa. “È un libro che racconta in forma umanistica i miei lavori, non volevo la consueta pubblicazione di architettura patinata. Desideravo, invece, raccontare il dietro le quinte di ogni progetto: le relazioni con i committenti, il rapporto con le maestranze e gli artigiani coloro che raccontano una storia che consente di raggiungere poi una forma tridimensionale, di spazi che vengono abitati. Questo obiettivo lo si raggiunge con impegno e fatica, con molteplici libretti di appunti, pezzi di materiali che vengono conservati come campione, schizzi ed elementi che hanno permesso che tutto venisse raccolto e sedimentato per poi un giorno diventare nuovamente utile.
Appunti che vengono ripercorsi e riletti per raccontare aneddoti ed esperienze che sono di fatto una vera storia. Ogni volta faccio fotografare sempre tutto quello che realizzo, una prassi che mi consente di avere un archivio fotografico digitale nella forma tradizionale che mi è stato utilissimo nel mettere insieme queste sette storie di sette case, di questo bel libro che è finalmente realtà”.
Tra le sette case raccontate nel libro di Caprioglio la splendida villa di Mogliano Veneto, in provincia di Treviso, premiata a New York come la più bella casa d’Italia. Ma su questo l’architetto si schermisce.
“Come tutti i premi è una cosa soggettiva non posso dire che sia la casa più bella d’Italia, quello che posso dire è che è una casa nelle sue geometrie rigorose, nel colore neutro, un non colore, per me il bianco è la tela intorno a cui si disegnano gli spazi, dagli oggetti dalle persone stesse, dalla vita, alimentano e colorano questa grande tela bianca. Credo che un progetto vincente rappresenti il desiderio di chi lo vive, se tu riesci a implementare e fare aumentare la qualità del loro vivere, allora sì che hai veramente vinto, da quello che mi dicono sembra di sì. Quello di Mogliano Veneto è un progetto fatto con tanto amore e per le persone che lo stanno vivendo. È evidentemente un progetto felice del benestare e del benessere ottenuti grazie alla luce naturale, al contatto con la natura, all’utilizzo dell’acqua che riflette l’architettura. Una poetica che alimenta tutto il progetto e tutti i miei progetti, ed è quello che auspico e cerco di fare sempre.” Basta sfogliare il libro di Caprioglio e guardare le immagini delle sue opere architettoniche per esserne più che certi.