Per legature si intende l’atto di legare i libri, cioè di cucire insieme i fogli e fornirli di copertina. Quest’ultima, per volumi di riguardo, si è resa preziosa e adorna di stemmi e decorazioni fin dalle origini. Venezia e Roma nel Cinquecento ebbero il dominio nel campo della legatura artistica italiana. Le cosiddette legature “dogali” nella città lagunare annoverano ricchissimi interni in marocchino di più colori con impressioni dorate, in altre troviamo targhe che racchiudono uno scudo, un cammeo, un cartiglio con delle iniziali o la data. A Roma le legature sono numerose e lussuose, soprattutto negli esemplari di dedica a pontefici e cardinali, con partizioni geometriche, impronte di gemme, medaglie e simboli sacri.
Il libro Una raccolta di legature papali
È stato appena pubblicato il volume Una raccolta di legature papali da Sisto V a Leone XIII (1585-1886); il prestigioso e significativo tomo è stato ideato in edizione speciale dalle Antichità Alberto Di Castro, che come è noto ha la prestigiosa sede in Piazza di Spagna a Roma. Scritto dallo studioso e ricercatore Clemente Marigliani con Alessia Di Tommaso, ultima di una famiglia di artigiani romani, per la parte riguardante le Tecniche per la decorazione dei libri in pelle, annovera un Catalogo che descrive minuziosamente XX legature di proprietà delle Antichità Alberto Di Castro.
La raccolta di queste legature è stata iniziata da Carlo Vangelli de’ Cresci all’inizio del ’900: artista e vero conoscitore dotato di un gusto eclettico e raffinato. Il figlio Raul, antiquario a Via Margutta, eredita e amplia la collezione. Sua figlia Cecilia con il marito Andrea Catenacci ne continueranno la cura, inserendo alcuni altri rari pezzi.
(dalla Prefazione di Alberto Di Castro)
La legatura artistica nel Rinascimento
Nel XVI secolo la legatura artistica del libro veniva realizzata per fare da coronamento ad un prestigioso testo, utilizzata per un dono ad una illustre personalità, esibita come segno di distinzione di appassionati bibliofili, ma, particolarmente come elemento distintivo nel rilegare documenti e provvedimenti degli antichi Stati italiani, soprattutto della Depositeria papale e della Repubblica di Venezia. Proprio alla città lagunare spetta il primato di quest’arte, è infatti nella Serenissima che si idearono i mosaici policromi e le rilegature a rilievo ispirate ai modelli orientali, soprattutto della Persia.
La legatura veneziana ebbe vaste applicazioni e divenne sempre più fastosa. Le commissioni, che la Repubblica concedeva ai suoi rappresentanti o capitani, erano rilegate in marocchino rosso a compartimenti incassati, doviziosamente dorati e colorati, con al centro del piatto anteriore il leone di San Marco e nell’altro le armi del rappresentante. Erano addirittura sfarzosamente rilegate le custodie di carte nautiche, che erano di cuoio, decorate di arabeschi dorati e mosaicate con smalti policromi. In alcuni esemplari particolari erano dipinti anche il dorso e il taglio dei libri.
Le preziose legature della metà del Cinquecento, con lamine d’argento e d’oro, custodivano opere anche molto diverse, ad esempio il breviario del cardinale Domenico Grimani (1461-1523), capolavoro dell’arte ponentina.
Alla fine del secolo la rilegatura divenne esageratamente sfoggiata, sovraccarica di ornamenti, i materiali utilizzati erano prevalentemente pelli preparate a Venezia e soprattutto il marocchino, cioè la pelle di capra conciata.
Infatti, delle pelli è stato quasi costantemente usato il marocchino, in alcuni casi più scuro, allo scopo di fare risaltare i fregi che venivano impressi a freddo. I piatti venivano ornati con una crociera di filetti, un motivo centrale e con decorazioni a oro spesso a foglia negli angoli. Il centro del piatto era quasi sempre occupato dalle armi a cui di volta in volta veniva donato il tomo.
Il XVI secolo vide la presenza di appassionati bibliofili come Apollonio Filarete e Tommaso Maioli, questi non soltanto ricercavano ottimi testi, ma il loro gusto raffinato imponeva anche una legatura con straordinarie decorazioni artistiche.
La legatura nella prima metà del Cinquecento a Roma
Nella prima metà del XVI secolo Roma era una città internazionale dove approdavano gli artisti più prestigiosi grazie alle committenze pontificie a partire da Giulio II, Leone X e Paolo III. Inoltre, dal 1535 nell’Urbe, si stabilirono prestigiosi editori, tra questi Antonio Salamanca (1475-1562) e Antonio Lafréry (1512-1577), che insieme costituirono il più importante gruppo editoriale europeo.
A sua volta, Sebastiano Serlio (1475-1554/55) si dedicò a scrivere I sette libri dell’Architettura editati a partire dal 1545, mentre, Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573) si rese autore della Regola uno dei più noti libri di Architettura. Questa qualificata produzione esigeva una rilegatura prestigiosa e Roma si distingueva per le larghe cornici orlate che si ricollegavano alle splendide legature a cammeo. L’impressione a freddo, che ancora prevale nella prima metà del Cinquecento, si limita al solo piatto posteriore, mentre in quello anteriore viene sostituita dall’impressione dorata, che dà ancora maggiore risalto alla ricchezza delle cornici e degli altri elementi decorativi, preannunzianti già la sovrabbondanza del secolo successivo. Rosoni fiammeggianti, placche ovali piene di rabeschi, elementi araldici delle armi pontificie si alternano a figurine di animali, o a ferri molto noti, come quello della Fortuna librata su un delfino, entro graziosi compartimenti geometrici di varia forma, mascheroni, trofei e volute.
Nelle altre legature, prevalentemente papali, tornano con frequenza i fondi seminati di stelle o piccoli trifogli, estendendosi l’uso dei rabeschi su fondo oro impressi mediante placche. Sotto Paolo III i libri assumevano un prestigio notevole grazie ai cardinali di cui si era circondato il potente pontefice Farnese. In questo contesto si generarono importanti opere che alimentarono la domanda di idonee legature per farne dono agli eruditi bibliofili.
Le legature romane di questo periodo mostrano una tendenza accentuata a partizioni geometriche entro vaste cornici racchiudenti ornati a piccoli ferri naturalistici o stilizzati riproducenti simboli classici o sacri che molto presto raggiungeranno una fastosa sovrabbondanza decorativa, specialmente negli esemplari di dedica a pontefici attualmente conservati alla Biblioteca Vaticana.
La legatura nella seconda metà del Cinquecento a Roma
Nella seconda parte del Cinquecento aumenta l’eleganza della decorazione con fregi sobri, impressi mediante ferri pieni, entro cornici di doppi filetti, sul cuoio scuro o sul marocchino rosso dei piatti. Lo stile Farnese viene portato avanti da Niccolò Francese che conservò l’attività di legatore vaticano fino al pontificato di Pio V (1566-1572). Le legature effettuate durante i pontificati successivi per la Corte pontificia e per le nobili famiglie della città, come gli Altemps e i Colonna, s’ispiravano direttamente all’artigianato dei ricami e dei merletti divulgato in Italia da Nicolò d’Aristotele detto Zoppino. I papi che si susseguono nella seconda metà del Cinquecento, soprattutto Paolo IV, Gregorio XIII e Sisto V, sono tutti bibliofili ed è proprio in questo periodo che la legatura romana raggiunse la sua più matura espressione.
In particolare, le manifatture più ricercate avvennero sotto i pontificati di Gregorio XIII Boncompagni (1572-1585) e Sisto V Peretti (1585-1590), tuttavia particolarmente appassionati dell’arte della rilegatura si rivelarono anche i cardinali Alessandro Peretti Damasceni (1571-1623) e Andrea Peretti Baroni (1572-1629).
La Confraternita dei librai
All’inizio del XVII secolo a Roma i librai erano diventati numerosi aspirando a costituirsi in corporazione, con annessa confraternita. Per questo rivolsero istanza a Clemente VIII (Aldobrandini, 1592-1605) che concesse loro, a partire dal 1601, la chiesa di Santa Barbara che, da quel momento, prese il nome di Santa Barbara dei Librai. Successivamente acquistarono per quattrocento scudi le vicine case distrutte da un incendio e costituirono l’antistante largo. Nel 1679, sotto il pontificato di Innocenzo XI (1676-1689), ottennero il riconoscimento della Confraternita e relativa Università, quindi avviarono il rifacimento della chiesa grazie al finanziamento del libraio Zenobio Masotti. La chiesa rimase sede della confraternita sino al 1878, data del suo scioglimento.
Epilogo
La storia di questa collezione di legature manifesta una distinzione particolare e assai singolare provenendo da una famiglia di antiquari che le ha raccolte e conservate nel corso di alcune generazioni per pervenire alla nota famiglia di antiquari romani Di Castro: Alberto, Franco e Alberto. Attualmente Alberto Di Castro la presenta al pubblico dei collezionisti, infatti così conclude la sua Prefazione:
Spero che il prossimo o i prossimi proprietari trarranno altrettanto piacere nel maneggiare e leggere questi preziosi libri.