Andreina Giorgia Carpenito sta lottando da diciassette anni per realizzare il suo sogno, con tutti i mezzi disponibili. Si tratta della costruzione di un grande mosaico sul sagrato della chiesa parrocchiale dello Spirito Santo, un ampio tappeto musivo della superficie di 440 metri quadrati che ricopre per intero il sagrato. Il mosaico illustra la Visione di Ezechiele ripresa dal Vecchio Testamento e reinterpretata dall’artista. Si descrive in realtà la Sorgente del Tempio, come da un piccolo getto d’acqua nasca un fiume di acqua pura che dona vita a pesci variopinti e alberi rigogliosi mentre dall’altro lato le acque di un lago salato bruciano la vegetazione alla radice e i raccolti muoiono, l’eterna dualità del Bene e del Male che trova equilibrio nell’onda di pietra espressa dalle tesserine variamente colorate.
Questa è solo una parte del progetto ambizioso di Andreina; infatti, il pavimento proseguirà in futuro per altri 400 metri quadrati all’interno della chiesa stessa, riproducendo una colossale Pianta di Quercia, le cui radici rappresentano le Virtù Teologali, il cui tronco si snoda nelle Quattro Virtù Cardinali, i cui Rami raffigurano i Sette Doni dello Spirito Santo e le cui Ghiande ritraggono i Dodici Frutti dello Spirito Santo. L’ultima fase di progetto prevede, inoltre, la realizzazione di un terzo tappeto musivo esterno di circa 3000 metri quadrati in mattonelle, marmi, vetro e altre pietre policrome, che incornicerà quello del sagrato e si svilupperà nelle parti circostanti, tra vialetti e colonnati, animali totemici e sculture animate, panchine istoriate e gradinate accoglienti, giardini rigogliosi e piante scolpite. Un vero e proprio Parco alla Gaudì che ospiterà un percorso sensoriale per la disabilità con giochi educativi di cromoterapia, musicoterapia e olfattoterapia.
Il Progetto prevede, infine, un Centro Polifunzionale per tutte le arti con spazi laboratoriali ed espositivi, un parco autogestito per bambini, un frutteto e un orto comunitario, la costruzione di un campanile e la riqualificazione della facciata. Quando l’opera sarà completata il tappeto musivo ricoprirà una superficie di quasi 4.000 metri quadrati. Andreina Giorgia Carpenito lavora al cantiere di Indicatore (Arezzo) con grande energia, aiutata dalle forze dell’universo che le vengono incontro e le regalano doni. Qualcuno le manda un poco di materiale di scarto, qualcun altro si prenota per la donazione di una giornata di lavoro, qualche giornale ne parla con curiosità, qualche televisione si affaccia sul sagrato della chiesa…
Le tessere del mosaico sono, infatti, realizzate con materiali di risulta e mattonelle di recupero o con scarti e partite rovinate donate da alcune ditte aretine e non. La gamma è quindi molto varia, dal gres porcellanato alle maioliche, dal cotto al clinker, dai marmi policromi al vetro. In realtà nell’arte musiva si possono adottare molti tipi di materiali, che permettono effetti diversi: i ciottoli utilizzati con la funzione di riempitivo, la pasta di vetro per ottenere un effetto di trasparenza, i quadrati d'arenaria se si vuole un taglio facile, la ceramica smaltata che offre una vasta gamma di colori, il marmo dotato di una grande resistenza, l'oro e l'argento che danno una suggestione di intensa luminosità, il vetro soffiato per un effetto di trasparenza più sfocato. Insomma, Andreina ha potuto usare solo una parte dei materiali possibili, quindi non ha scelta, ma cerca di ottenere con i materiali a disposizione forme straordinarie, imprevedibili e oniriche, creando un organismo variopinto che respira tra il nulla e il cemento. Ma scopriamo dalla voce stessa di Andreina la magia del suo sogno che piano piano diventa realtà:
Secondo la saggezza tolteca, ogni essere umano ha il proprio sogno personale, qual è il mistero del tuo sogno?
Il mistero del mio cammino artistico ha radici nell’infanzia, quando, bambina solitaria, trasfiguravo ogni oggetto con la fantasia per sposarlo meglio a ciò che più mi piaceva della realtà. Il mio linguaggio non si limitava alla trasmutazione della materia, ma inventavo indumenti, travestimenti, intrugli alchemici e addirittura intere conversazioni in lingue inesistenti pescate in chissà quale spazio arcano del mio inconscio… Tutto questo è stato la base che mi ha condotto oggi al processo creativo con cui do vita alla mia realtà – seguendo il principio della fisica quantistica – attraverso la trasformazione di ogni atomo e molecola che interagiscono con me…
Come dalle varie forme che la tua arte ha via via esplorato, sei giunta a privilegiare quella musiva?
Direi che si è trattato di una necessità: in realtà io possiedo l’immaginazione, la capacità tecnica e queste braccia che fungono da strumento modellatore, di conseguenza mi adatto alla circostanza, all’esigenza economica e allo spazio disponibile… Inoltre sono curiosa di sperimentare ogni materia animata o inanimata che sia… Quale migliore strumento dell’Arte musiva si può adattare a questo? E consentire l’animazione di ogni cosa donandole luce e colore?
Alcuni sostengono che il significato del termine Mosaico sia "opera paziente degna delle Muse". Sono un esercito di Muse che vengono a sussurrarti la notte le forme da dare alla tua opera?
La realtà, le esperienze, gli accadimenti mi si srotolano insensati nella routine di tutti i giorni, poi, improvvisamente, nel crepuscolo del sogno notturno, il mio inconscio, con l’aiuto di una moltitudine di spiriti della notte, Muse o Fate, Elfi o Ninfe che siano, si concretizza in immagini chiare e definite… quindi realizzabili e che si mutano nella mia verità… In sostanza, di giorno accumulo semenze che di notte germogliano partorendo nuove idee…
Le prime decorazioni musive risalgono a più di 5.000 anni fa e nacquero dai Sumeri per proteggere la muratura in mattoni crudi, con una urgenza pratica quindi piuttosto che estetica. Per quale esigenza invece è nato il grande Mosaico di Indicatore?
Per plasmare uno spazio antistante la Chiesa – che per tradizione prende il nome di Sagrato – che consentisse l’incontro tra le persone. Don Santi Chioccioli e io non sapevamo assolutamente quale materiale utilizzare, non avevamo idea di che cosa costruire, ma a un tratto ho avuto un’illuminazione. Pensando a Gaudì, ho concepito l’idea di un grande mosaico: non avevo mai fatto un mosaico in vita mia, forse quella era l’occasione giusta per sperimentare una nuova forma di creazione… In definitiva questo Mosaico nasce per una esigenza di socializzazione…
A volte gli incontri che si fanno sulla propria strada sono davvero predestinati: come è nato il sodalizio con Don Santi Chioccioli?
Talvolta il destino è davvero incredibile, crea circostanze imprevedibili. Pensa che diciassette anni fa ero dubbiosa e critica nei confronti della religione pur essendo un essere molto spirituale. Capitò che un giorno un prete di campagna – per l’appunto Don Santi Chioccioli – venisse a benedire la casa dove abitavo e notasse tra le pareti cariche di opere un enorme trittico su tavola appeso al muro. Si trattava dell’unica opera a sfondo religioso che io avessi mai raffigurato nei miei primi ventisette anni di età. Rappresentava una pietà dove una madre bambina allattava amorevolmente – con i seni scoperti, quindi con un’immagine dissacrante rispetto all’iconografia tradizionale – un Cristo molto più adulto di lei con due angeli ai lati che la proteggevano… A lui piacque immensamente tant’è che l’acquistò e da lì è nato il nostro viaggio insieme e la nostra scommessa…
Su quali convinzioni comuni si basa la vostra collaborazione che dura ormai da quasi vent’anni?
Il nostro è stato un cammino che poi si è trasformato in Fede, Amicizia, Rispetto e soprattutto Confronto a livello umano, una sorta di Matrimonio Spirituale con una condivisione che consente a entrambi di esprimerci e crescere. Don Santi, attraverso le mie opere, richiama, nel suo piccolo Tempio ma tra le sue accoglienti braccia, comunità di devoti, mentre io interpreto un Dio Universale aperto all’Amore per l’Umanità che si sostanzia attraverso la materia variopinta, la luce, il profumo, la musica, il suono, la forma, le varie sfaccettature della Natura e la magia del colore…
Quale eredità spirituale vuoi lasciare scegliendo come tema della tua opera musiva la “Sorgente del Tempio”?
In realtà il tema teologico parte da lui, Don Santi, che poi mi lascia piena libertà d’interpretazione. Come tu già sai, il Mosaico non è stata la prima delle nostre opere, ma siamo partiti da una Pala Lignea – di circa 24 metri quadrati – dedicata allo Spirito Santo. Successivamente nacque l’esigenza di oscurare la troppa luce che le ampie vetrate esistenti nella chiesa – ben 160 metri quadrati – lasciavano passare non consentendo il raccoglimento interiore atto alla preghiera. Pertanto abbiamo concepito l’idea di sostituire quelle vetrate con altre che permettessero alla luce di trapelare dipingendola di un accogliente abbraccio di colore. Così sono nate le vetrate basse dedicate alla Creazione del mondo – che complessivamente ricoprono una superficie di 80 metri quadrati – raffiguranti la realtà dell’uomo, e in una seconda fase la colossale vetrata dell’Abside – della dimensione di 80 metri quadrati – che rappresenta la Trinità e quindi la Potenza e la Presenza Divina. La scelta del parroco di Indicatore, quindi, è stata dettata dall’esigenza di mantenere nella parte bassa del suo Tempio il legame con l’aspetto più umano, quindi con la Terra, mentre alle vetrate alte (e alla facciata dedicata all’Apocalisse di San Giovanni, istoriata con 240 formelle di terracotta policroma, per un totale di 80 quintali di materiale) è stata attribuita la funzione di esaltare il collegamento col Divino. Così ho espresso questo tema con il mio desiderio terreno di un Dio Onnipresente e disposto ad accogliere nel suo immenso e caldo abbraccio qualunque Essere…
Come la visione di Ezechiele si confronta con il tuo sogno e da quale esigenza interiore è ispirata?
Il mio Sogno parla di un Paradiso Terreno dove qualsiasi Uomo possa entrare e rapportarsi con il Mistero della Natura e del Divino che c’è in ognuno di noi, attraverso la conoscenza del Bene e del Male, la cui ignoranza gli impedisce di avvicinarsi al Cielo. In realtà, mi sono ispirata alla convinzione di Don Pierino Gelmini che l’Uomo che si nutre di Bontà e Bellezza riesca anche a trasformare il Mondo in Armonia ed Equilibrio…
Spiritualità e misticismo permeano tutte le tue opere costellandole di motivi simbolici complessi e ricorrenti: una scelta meditata o un vulcano di intuizione?
Io parto sempre da un elemento primordiale archetipico e quindi mi affido preferibilmente al vulcano dell’intuizione…
Hai mai visto i mosaici della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli e del Duomo di Otranto? Cosa ne pensi? Come ti emozioni quando entri in contatto con il mosaico tradizionale? Cosa provi di fonte a un pavimento cosmatesco?
Io davanti a opere così straordinarie mi rendo conto dell’abilità e della grandezza dell’Uomo che è al centro dell’Universo, a volte senza esserne consapevole. Lo stupore di fronte a tali capolavori, per quanto non li abbia visti dal vivo, è d’obbligo…
Il tuo mosaico è caratterizzato da una sorta di moto ondoso di pietra e dalla nascita spontanea di piante colorate e deliziose creature animali. Cosa ci racconta questa favola? Quanto la Natura condiziona le tue creazioni?
La favola racconta di una bambina che vuole creare nel mondo un equilibrio tra Cielo e Terra e tra gli elementi che lo compongono: Aria, Acqua, Fuoco, Terra. Vorrei attraverso la mia arte regalare questa Armonia all’Uomo, farlo connettere con l’Equilibrio che regna nella Natura.
Perché è tanto importante che il mosaico di Indicatore sia il più grande d’Europa? Per controbilanciare la sua nascita in un piccolo borgo? Rappresenta una sfida con te stessa? Con i nostri tempi?
Che sia nato a Indicatore non so perché, ma è una sfida con me stessa perché fino a un anno fa ero sola con l’unico appoggio di Don Santi nella realizzazione di tutte queste opere di dimensioni sproporzionate rispetto alla mia finitudine. Poi sono arrivati gli altri, le donazioni, la magia di ricevere aiuto da tutti, forse dal Cosmo stesso…
Tutto il tuo lavoro è stato fatto praticamente senza contributi economici ma sfruttando la voglia della gente di donare scarti di costruzione o le proprie ore libere: quali energie smuove la solidarietà della gente? Come è avvenuto il Miracolo di Indicatore?
Il Miracolo di Indicatore che sta diventando di tanti, rappresenta la voglia di una comunità finora inascoltata che riesce attraverso l’impegno condiviso a trasformare la materia inanimata in una esplosione di colore di cui avrà beneficio, ma che lei stessa – la comunità – ha contribuito a forgiare…
Sembra quasi un percorso da fiaba: in un luogo lontano e sperduto una fatina e un mago costruiscono i presupposti per creare un regno aiutati dagli spiriti degli elfi che li sostengono nel loro cammino. Qual è l’antagonista della vicenda e qual è il lieto fine che ti attendi?
Mi attendo in breve la realizzazione dell’intero progetto perché gli aiutanti della fiaba si incontrano in ogni angolo sperduto e quegli che sono gli antagonisti oggi saranno i protagonisti domani, perché secondo la mia filosofia tutto è possibile, il male si muta in bene e l’Equilibrio alla fine permea la vita.
La tua idea di base è stata il recupero di uno scarto: una chiesetta senza doti e qualità fatta di materiali scadenti e cadente. L’hai risanata con materiale di scarto, trasformandola in un’oasi di colore. Cosa rappresenta il colore per la tua vita e per l’esistenza di tutti noi?
L’esistenza stessa nella sua Essenza, con tutte le infinite capacità di cura per la guarigione di qualunque malattia ci abbia sconvolto il naturale Equilibrio dell’animo.
In un luogo come Indicatore non ci sono odori eppure tu hai in mente un percorso olfattivo. Come hai intenzione di creare fragranze e profumi laddove non esistono?
Attraverso la memoria generata dalla visione che si favorisce nel percorso. Il ricordo di un odore, di un gusto, di una puzza deve essere stimolato dalla visione dell’opera, della sua forma, del suo colore, a quel punto quello che non c’è si crea nell’immaginazione e il pensiero poi prende forma.
Come hanno accolto i bambini i tuoi laboratori permanenti di mosaico? Come li guidi nella posa delle tesserine colorate? Cosa racconti loro della simbologia degli animali che stai costruendo?
A luglio 2013 sono arrivati 70 adulti, i bambini – circa 200 tra disabili e non – sono arrivati solo a marzo. In realtà io lavoro sempre con il bambino interiore sia che si tratti di apprendisti piccoli sia che si tratti di adulti che non si sono più curati di lui per lungo tempo. Io trasformo il loro lavoro in gioco, in sostanza non faccio altro che risvegliare il bambino interiore che giace addormentato in ciascuno di noi. Quel bimbo attraverso il lavoro si diverte scoprendo le sue peculiarità artistiche e ristabilendo l’equilibrio che questa dimenticanza aveva disarmonizzato nella propria vita.
Il mosaico attraverso la posa di tante tesserine disgiunte compone un quadro, un’immagine, un disegno, riconnette le parti apparentemente senza senso. Cosa metaforicamente vuole ricomporre della realtà che ci circonda?
Dal momento che tutto è costruito dall’uomo, ogni cosa descrive la sua immagine come in uno specchio, quindi è un contenitore attraverso cui leggere la propria verità, la propria missione, il senso da ricercare nell’esistenza stessa. Il mosaico non avrà solo il mio volto ma quello di tutte le persone che insieme a me vorranno comporlo. Spero siano sempre di più.
E noi ci auguriamo che Andreina possa trovare tante persone disposte a investire energie nella trasformazione di un’insignificante realtà di periferia in un grido di colore che apre al divino. A volte è possibile penetrare in uno spazio magico che abbatte le barriere del tempo, capita improvvisamente senza nemmeno accorgersene, si viene catapultati in un luogo protetto dove ogni dimensione si dilata e il tempo si fa eterno. La divinità è dentro ogni artista che sa donare a chi lo osserva una motivazione differente, un’interpretazione fantasiosa, lo stupore di un’idea audace, trasparente, eterea ma nello stesso tempo fluente ed essenziale come l’esistenza stessa. L’artista può far vivere una pietra, può illuminare con il colore, può accattivare con la forma, può trasformare una certezza in dubbio o una supposizione in realtà. L’arte può smuovere il mondo e stimolarne il mutamento. Se si crede in un’idea, se si è mossi da una missione e dalla passione e piacere per il proprio lavoro, l’entusiasmo è contagioso e trascina nella sua follia coloro che sono disponibili ad accogliere l’innovazione. Per trasformarci dobbiamo essere disposti a rinunciare alle sovrastrutture che ci tengono imprigionati, affidarci alla spinta dei venti, al rollio del mare aperto e inoltrarci nell’infinità del nostro oceano.
Attraverso la gioia innocente del nostro bambino interiore, della sua volontà di crescita continua, della sua curiosità impertinente possiamo abbattere i muri di ogni certezza e immergerci nella bellezza del fiume della vita che scorre. Pánta rhêi (in greco πάντα ῥεῖ) sosteneva Eraclito per esprimere questo pensiero: tanti filosofi e tanti artisti hanno provato a interpretane attimi, talvolta hanno realizzato un bel sogno, un gioco coinvolgente che ha appassionato altre anime, talvolta il tentativo è risultato banale e pretenzioso. L’atteggiamento dell’artista dev’essere quello di una Penelope che di notte tesse la tela del suo sogno e di giorno ne srotola i fili per poterli tessere in modo nuovo nel sogno della notte successiva, nello spazio crepuscolare e protetto dall’ombra dove ogni idea prende forma. Il giorno serve poi a illuminare il suo destino fino al tempo del tramonto per riprendere quindi un nuovo ciclo.
Andreina Carpenito non fa altro che mischiare le pietre per rappresentare quella verità che ogni giorno le sfugge di mano come le tessere di un mosaico e prende strade inaspettate e imprevedibili che lei stessa non padroneggia determinando nella sua anima l’alternarsi d’illuminazione e riflessione introspettiva. Nel momento in cui la verità sembra essere alla sua portata le appare la signora del dubbio con i capelli al vento e le vesti svolazzanti come onde. E così lei riparte cercando un altro porto o un’altra meravigliosa isola da esplorare, come un condottiero nel viaggio rischioso che molti di noi temono di fare, l’artista fornisce la rotta, riempie la sua nave di marinai che lo seguono e li trascina tra bonaccia e tempesta affrontando la magia di una navigazione senza confini dove ci si può perdere oltre le colonne d’Ercole con la speranza, però, di ritrovare il bandolo di se stessi e la magia della vita che scorre cambiando e cambiandoci…