Al funerale di papà c’erano tutti, c’era addirittura zio Antonio, noto in famiglia come “lo zio d’America”. Da bambini siamo cresciuti con le storie di questo zio, scappato di casa a quattordici anni e imbarcato clandestinamente su un piroscafo diretto a New York: un vero mito. Dio solo sa il tempo che ho speso a immaginare e invidiare quella sua vita avventurosa. Ha fatto mille lavori, dal lustrascarpe allo strillone, fino al grande salto di qualità con la gestione di un chiosco di ali-mentari a Little Italy e pochi anni dopo la fondazione di una catena di piccoli supermercati chia-mata Tony’s Best oggi diffusa in tutti gli Stati Uniti. Devo ammetterlo, vederlo in carne e ossa mi ha emozionato, forse perché in passato ho avuto anche tanti momenti in cui ho dubitato della sua esistenza, credendo che fosse un’invenzione dei miei genitori, una di quelle storie che vengono create per dare lustro alla famiglia.

Ma la vita è imprevedibile e così me lo sono ritrovato là, a pochi passi da me, più bassetto rispetto a come me l’ero immaginato, ma fortissimo, magnetico e se ciò non fosse bastato, impeccabile nel suo look casual, un ulteriore segno di distinzione: solo i veri ricchi possono permettersi di ve-stirsi così in occasioni solenni. Al suo fianco c’era una fascinosa signora con Ray-Ban a specchio, una spanna più alta di lui, capelli biondo cenere, fasciata da un impeccabile tailleur nero fumo. Gli sguardi della gente, inutile dirlo, erano tutti per lei. La rappresentanza maschile in particolare - tutte teste grigie o pelate, intendiamoci - ha sicuramente approfittato del dress-code da funerale con gli immancabili occhiali scuri, per osservare a lungo impunita l’avvenente ospite.

Era bello vedere gli ex compagni di scuola di papà e tanti suoi ex colleghi d’ufficio e nella mischia, probabilmente anche qualche ex fidanzata, giusto per non sfatare le millantate prodezze da seduttore del mio vecchio, vezzo che mia madre ha sempre trovato ridicolo e per questo forse mai divenuto un problema.

Al termine della cerimonia una fila di persone ha cominciato a muoversi e a puntare con decisione verso di me, parevano volermi dire qualcosa, forse solo dimostrare un po' di calore attraverso il contatto fisico… La cosa in sé non era sbagliata, la potevo capire, quello che era strano per me erano le parole, sembrava che si fossero messi d’accordo, tutti pronti a ripetere le stesse frasi, come se dovessero recitare un mantra: Stefano, forza! Non sei solo, Stefano, lo sai, noi ci siamo, Stefa-no, andrà tutto bene…

Subito dopo si erano buttati su di me e avevano cominciato a strattonarmi e a stringermi tra le braccia in modo scomposto, con un vigore eccessivo che mi era subito risultato sgradevole, non mi piaceva venire trasformato in un oggetto di compassione. Sbalzato da una persona all’altra come un manichino non facevo che chiedermi cosa stesse succedendo e se quel mio contatto rav-vicinato con capelli, guance e bocche sconosciute – e terrificanti dopobarba dozzinali - fosse parte di un rito di passaggio, un atto necessario per andare oltre, per crescere. Ora che non c’era più papà ero senza genitori e cominciavo a capire che mai più sarei stato figlio di qualcuno. Avevo per-duto quel ruolo per sempre. Per la prima volta ero adulto.

C’erano voluti dieci anni per arrivare fino lì. Quello era stato il tempo trascorso dal giorno della scomparsa di mamma. Come papà abbia potuto sopravviverle così a lungo non si capisce. Nessuno ci avrebbe scommesso. Le sue condizioni psico fisiche non erano buone già allora. Non sono mai state buone. Mio padre era conosciuto in famiglia per la sua totale avversione verso tutto ciò che era regola e ragionevolezza - un comportamento assolutamente incomprensibile, se si pensa a quanto dall’altra parte fosse puntiglioso e brillante nella sua professione di chimico -, di conseguenza tutte le raccomandazioni, perfino le minacce a lui rivolte per fare in modo che limitasse il fumo e il consumo di cibo sono sempre cadute sempre nel vuoto.

Sua sorella maggiore, la povera zia Emma, ci aveva provato innumerevoli volte a redimere quel fratello ribelle, non si dava pace nel vederlo così poco curato e autodistruttivo. La sua frase tipica era “ah ma se il Bruno va avanti così… ” Perfino durante il funerale non aveva smesso di mugugna-re confabulando con zia Lena, l’altra sorella. Ma c’era una cosa sulla quale erano d’accordo e questa era la certezza che il loro Bruno fosse sempre stato un buon cristiano e che fosse battezzato. Per questo motivo, per il funerale avrebbero preferito una cerimonia religiosa magari nella chiesa degli Scalzi dove si recavano sovente a messa, ma su quel punto io sono stato irremovibile.

Sapevo che mio padre, nonostante tutto, non avrebbe voluto preti tra i piedi e così ho insistito per una cerimonia laica e siamo finiti a Marghera alla casa funeraria con ampia vista sul complesso petrolchimico, prospettiva che papà avrebbe apprezzato moltissimo. In realtà credo che il sogno di mio padre sarebbe stato quello di scivolare nell’abisso marino avvolto in un telo bianco, come un vero marinaio, purtroppo la legge qui non permette simili pratiche.

Alla fine della cerimonia c’è stato un applauso – l’ho trovato un filo volgare – poi ci siamo permessi un po' di musica, la playing-list di papà con le sue hit preferite, musiche non per tutti, da Carosone ai ritmi esotici di Belafonte. A molti, quel revival, ha fatto partire il piedino tieni-ritmo, se fossimo andati avanti ancora, ne sono certo, avremmo tutti ballato.

Poi siamo usciti tutti fuori nel piazzale. Nell’attimo in cui la bara, sorretta dagli addetti delle pompe funebri, ha cominciato a fluttuare leggera sorvolando le teste della gente, zia Emma mi è venuta vicino e si è aggrappata alla manica della mia giacca, credevo fosse in preda alla commozione invece mi ha fatto voltare e indicando un gruppetto di persone alle mie spalle mi ha detto a bassa voce:

Stefano, ma chi sono quelli lì laggiù? Li conosci?
Zia, non saprei, non posso conoscere tutti.
Sì, ma guarda bene, sembrano parenti, c’è una donna con la tua faccia, è impressionante, sembri tu con la parrucca.
Allora saranno nostri parenti… che sia zia Neni da Bologna?
Non mi sembra, e poi scusa, zia Neni non è morta l’anno scorso? Me lo avevi detto tu.
Hai ragione, scusa, la memoria ultimamente fa brutti scherzi… ma tu Stefano potresti… ah no, ecco, guarda, si stanno avvicinando.

Stefano? (con forte accento tedesco)
Mi chiamo Anne Marie, non ci siamo mai visti prima di oggi, perdonami, forse non è il momento ma vorrei dirti che conoscevo tuo padre Bruno, eravamo molto giovani (accenna un sorriso ma poi torna subito seria), quanto mi dispiace che Bruno ci abbia lasciati, tuo padre è stata una persona molto molto cara per me. Lei è gentile, la ringrazio. Come avete saputo di lui e della sua morte?
Oh, è stata un’amica ad avvertirci, un’amica comune ci ha telefonato due giorni fa. Scusa Stefano ma c’è qui una persona che freme dalla voglia di abbracciarti, mia figlia Amelie, lei è…

Mamma! Ciao Stefano, sono Amelie, posso abbracciarti? Oh caro Stefano, quanto ho aspettato questo momento… ci sono tante cose che vorrei dirti, mi rendo conto che… perdonami…
Ma no, io ti ringrazio… anzi vi ringrazio. Ma come mai non ci siamo mai visti prima?
È la prima volta. Ma dobbiamo rivederci, non credi? Non lasciamo passare troppo tempo, anzi ora ti lascio il nostro indirizzo… ecco… ho messo tutto in questa busta, troverai anche una lettera.
Ah, ok, la leggerò appena avrò un attimo di calma.
Sì, sì.

Intanto da lontano la zia mi fa… Stefano! Stefano! Guarda che quelli delle pompe funebri stanno aspettando per far partire il corteo fino al cimitero.
Sì zia, saluto queste persone e arrivo. Scusate signore ma sono sicuro comprenderete, è un giorno pieno di emozioni.
Certamente, perdona noi se ti abbiamo trattenuto oltre il dovuto.

Eccomi zia! Ma chi erano quelle due signore straniere, l’hai poi scoperto?
Due svizzere, di Basilea, amiche di papà.
E sono venute fino qua per il funerale?
Sì, sembravano molto legate a lui… e tu hai poi capito chi sono?
Mai viste prima, però quella giovane ti assomigliava in modo straordinario, come si chiama lei?
Amelie, si chiama Amelie.
Ma è un nome francese, non mi hai detto che erano svizzere?
Zia, mi hanno detto così, non so che altro dirti… Però un giorno lo scoprirò. Mi hanno invitato a Basilea, sai? Ah, sì? E come mai?

Questo lo scoprirò. Per il momento mi hanno semplicemente detto che mi vogliono conoscere.
Che strano, hanno un che di familiare ma non riesco a capire cosa… ahi la vecchiaia.
Zia, se vuoi ti accompagno a casa, voglio dire che se non ti senti di venire fino al cimitero.
Ah non posso mancare… voglio dare un ultimo saluto al mio Bruno.
Gli ultimi giorni sono stati duri per tutti, guarda che faccino stanco che hai… però sei forte Stefano mio, ti vedo. Oggi tutto appare confuso e instabile ma vedrai col tempo le cose troveranno una loro forma. Una forma nuova. Perdere i genitori non è cosa da poco ma è un dolore che accomuna tutti gli esseri umani… tuo padre è stato un buon cristiano, fatto alla sua maniera ma… un buon cristiano. Tu gli assomigli sai?

Ad un certo punto ho pensato dentro di me basta, non ne posso più. Ho salutato tutti e me ne sono andato.

Lungo la strada verso Venezia il cielo, prima chiaro, si è improvvisamente incupito e ha cominciato a piovere. Chissà se papà riesce a sentirla questa bella pioggerellina là sotto due metri di terra, ho pensato. A lui piacevano i giorni così, era un’ottima scusa per non uscire di casa, se ne stava rintanato, vagava tra il salotto e la cucina senza combinare un granché, magari ascoltando un po' di musica classica standosene assorto alla finestra a guardare il mare burrascoso.

Guidando verso casa è stato inevitabile ripensare ai nostri ultimi giorni insieme, tornando e ritornando sui dettagli delle ore precedenti al trapasso, un evento terribile, spiazzante, successo nel bel mezzo di un giorno qualsiasi, proprio mentre preparavo il caffè e lui si era appena alzato da tavola dicendo vado un attimo in bagno, ecco proprio in quel momento è successo tutto, ha accusato un dolore al petto e la situazione ha cominciato a precipitare. Quando sono giunti quelli dell’ambulanza non parlava già più, avevano cercato di farlo rinvenire, gli parlavano come se avesse potuto rispondere ma lui aveva lo sguardo fisso, ascoltava, annuiva e sorrideva.

Non avevo mai avuto prima esperienze dirette di morte, ignoravo si potesse morire così, credevo che a tutti fosse dato il tempo di dare una forma bella al compimento della propria vita, poter insomma attendere un’ultima ispirazione in modo da poter trovare parole speciali, parole all’altezza del momento, invece no, ho scoperto che il congedo da tutto può avvenire in pochi minuti, in silenzio. Mi chiedo se quello fosse l’intimo desiderio di mio padre o diversamente una fatalità abbia deciso per lui. Non lo saprò mai.

Giunto a destinazione mi sono ritrovato per la prima volta solo nella casa dove ho vissuto a lungo con lui. Tutto era intatto come prima del giorno fatale, c’erano le bollette da pagare sul tavolino all’ingresso, un pacchetto dei suoi biscotti preferiti nascosto dietro al cuscino sul divano, le sigarette spente nella ciotola giapponese, giornali impilati con metodica quotidianità. Di fronte al divano una grande parete spoglia con un’unica finestra a inquadrare il mare e l’isola di San Michele. Se mi metto in ascolto là posso ancora udire la voce di papà che fino alla settimana scorsa amava stuzzicare amici e parenti in visita stupiti per la nudità delle pareti di casa, con la sua frase preferita: con una vista così è inutile appendere quadri.

Mi sono sdraiato sul divano dopo aver bevuto un bicchiere di vino rosso. E sono crollato.
Al mio risveglio mi sono ritrovato avvolto dalla semi oscurità del crepuscolo.
Si sentivano voci chiamare da fuori e il rumore del vaporetto delle 20. Ero perso. Ho acceso una luce. Mi sono versato ancora un goccetto e ho preso tra le mani la scatola piena di lettera e telegrammi.
No, non oggi, ho pensato dentro di me.
Allora mi sono messo alla finestra ad aspettare il buio della notte che stava arrivando.

Il giorno successivo ho aperto gli armadi nella camera da letto e steso sul pavimento tutte le sue giacche. Ho trovato anche il loden del serpente, il suo cappotto preferito chiamato così perché una mattina ci aveva trovato in tasca una biscia viva – che spavento! Quella storia lì mio padre non me l’ha mai perdonata - all’epoca aspiravo ad una carriera da erpetologo e avevo riempito la mia stanza di terrari dove allevavo varie specie di rettili.
Che gioia ritrovare l’odore di fumo sui suoi vestiti, pensare alle volte in cui mi sono lamentato.

Il terzo giorno ho scongelato della zuppetta di pesce che papà aveva cucinato venerdi scorso, gior-no di mercato, uno dei pochi buoni motivi per uscire a fare quattro passi. Dopo pranzo ho indossato alcuni suoi vestiti, giacca e scarpe comprese e me ne sono andato a fare un giro in P.za San Marco. La gente mi guardava incuriosita ma solo perché la taglia dei pantaloni era abbondante. Il telefono è squillato a vuoto diverse volte oggi, ho pensato speriamo che a nessuno venga voglia di passare a trovarmi, non potrei reggere la presenza di un altro essere umano in questo momento.

Il quarto giorno ho deciso di aprire e leggere qualcuna delle lettere che ho conservato. La prima che mi è capitata tra le mani è di zio Antonio, mi scrive vieni a trovarci a Palm Beach in Florida e insieme alla lettera ci sono anche dieci bigliettoni verdi da 100 dollari, non li avevo mai visti veri, sempre solo nei film.
Bravo zio.
Euforico ho subito aperto un’altra busta…

Caro Stefano,
quando leggerai queste righe sarà successo già qualcosa di grande e meraviglioso, io e te saremo stati vicini per la prima volta. So già che le circostanze non avranno permesso che qualche sguardo e poche parole ma ora, soprattutto ora che abbiamo salutato insieme papà Bruno, non c’è più motivo di nascondere la verità che ho da poco scoperto e che tengo dentro da giorni e ora quasi mi fa scoppiare il cuore: si, te lo devo dire, Stefano, io sono tua sorella! Bruno è nostro padre! Oh Stefano, perdona il mio italiano incerto ma soprattutto questa invasione, spero che tu pos-sa provare la mia stessa gioia e…
pensare come me a quanto la vita possa essere straordinaria e generosa con i suoi doni. Nostro padre ci sta guardando dal cielo e gioisce con noi!
Sei con me con questi pensieri? Lo spero tanto.
Come puoi immaginare ho mille cose da dirti e sono curiosissima di conoscerti. Non siamo più dei ragazzi ma abbiamo ancora molto tempo davanti per godere della vita e scrivere insieme nuove pagine del nostro futuro.
E tu, ricorda, da oggi hai casa a Basilea.
Per questo ti aspettiamo a braccia aperte.

Amelie

Che dire? Che razza di storia è mai questa? Sprofondo nel divano cercando conforto nel plaid di lana ma i pensieri cominciano a frullarmi nella testa che mi fa subito male. Con la mano sposto dei cuscini e trovo per caso un pacchetto di sigarette vuoto sul quale compare una scritta. La riconosco, è la grafia di mio padre, c’è scritto chiamare Sonia per iniezioni, c’è anche un numero di telefono, cosa sia proprio non riesco a capirlo, mio padre non seguiva alcuna terapia, almeno che io sapessi, sembra che qualunque cosa tocchi oggi voglia raccontarmi una storia nuova… Sonia? Possibile che non io non l’abbia mai incontrata o che lui non me ne abbia mai parlato? Devo cominciare a pensare che mio padre fosse diverso da come si mostrava, da come l’ho conosciuto? No, non voglio. Forse quel nome Sonia vuole dirmi altro, si, forse è un indizio, una coincidenza.

Io ho conosciuto una ragazza di nome Sonia… dieci anni fa, c’era stato anche qualcosa con lei, una tensione erotica intrigante nonostante una relazione ancora acerba, ma poi nulla era sbocciato, io però quella lì non l’ho mai dimenticata perché Sonia era un tipo particolare, una volta mi aveva detto di avermi sognato con un fratello… un fratello? Allora ne avevo sorriso, mentre oggi quella lettera… e ancora prima l’incontro con Amelie… una strana coincidenza, a pensarci bene.

E quando era morta mia madre nel tentativo di confortarmi, sempre lei, Sonia, mi aveva fatto ridere inventando un gioco, come l’aveva chiamato? Il gioco delle assenze… ecco sì, lei era capace di ridere della morte, forse anche questa lettera potrebbero essere frutto di un suo scherzo, piccola streghetta, lei mi voleva bene e voleva bene anche a papà, chissà forse era addirittura al funerale, mescolata tra la gente e domani si farà viva, magari con Amelie, la donna che mi assomiglia, che abbiano congegnato insieme un piano per confondermi con il solo scopo di confortarmi? Sonia credeva nel potere guaritore delle emozioni… Sonia…

Bah, e se invece di fare tutte queste congetture cercassi di riposare un po'? Non sarebbe male. La stanchezza può fare brutti scherzi. Guardo fuori dalla finestra e improvvisamente c’è il vuoto, l’isola di San Michele è scomparsa, avvolta dalla nebbia. Nessuna immagine mi pare in questo momento più desiderabile. Ma voglio aprire ancora una busta. Un’ultima per oggi.

Studio Legale Riccio
P.za Plebiscito 14
Napoli

Egr. Sig. Stefano Furlan
12/A Cannaregio Campiello Widmann
Venezia

Napoli, 12 Luglio 2021

Egregio Sig. Furlan,
le indirizzo la presente in nome e per conto di Ciro Lo Russo il quale alla luce dell’allegato esame DNA risulta essere figlio naturale del vostro ora defunto comune padre Bruno Furlan a seguito dell’unione con Valentina Esposito. Da questa incontrovertibile circostanza discendo le note conseguenze di Legge di natura successoria in ordine al patrimonio del defunto del che La invito da un lato a prendere contatto con me con la massima sollecitudine e d’altro canto ad astenersi da qualsivoglia attività volta a compromettere o celare valori economici e immobiliari di qualsiasi natura o entità. Sotto comminatorie di Legge.

Resto nell’attesa di Suo cortese quanto sollecito riscontro e ben distintamente saluto,

Avv. Vincenzo Riccio

Bene. Ho una sorella e un fratello. Dopo una vita solitaria di colpo sembra che il destino voglia recuperare. Bene un cazzo, certo anche tu papà che razza di scherzi che mi fai.
No, non ridere… è tutta la vita che bene o male ci metti nei guai in famiglia…
Ora anche da morto…

[Basilea un mese dopo]

Ciao caro, vieni, accomodati. Che bello averti qui. Come è andato il viaggio? Arrivi da Venezia? In che splendido posto vivi… dimmi, Basilea la conoscevi già?
Veramente no, è tutto nuovo per me, è proprio la prima volta che vengo in Svizzera.
Ma dai, ma allora sarai emozionato… Vuoi bere qualcosa? Ho del mosto di mele… oppure ti faccio un caffè… ma tu sei italiano, il caffè che facciamo qui in Svizzera è un po' diverso… non so se…
Un caffè lo bevo volentieri. Si, il viaggio è andato bene, wow sui treni svizzeri si viaggia comodi. E poi ho visto dei paesaggi incredibili, scenari di montagna assolutamente fantastici. Vieni Stefano, vieni a vedere, qui dalla finestra del salotto si vede il Reno…
Ma che meraviglia! E che bel verde! È tutto così fresco qui… ma c’è gente che nuota… si può fare il bagno dunque? Non c’è troppa corrente?

Da una decina di anni a questa parte quando arriva la stagione estiva la gente ama fare il bagno nel fiume, a volte si vedono intere famiglie con bambini, è una esperienza molto piacevole, non occorre neppure nuotare veramente, ci si lascia trasportare dalla corrente, si infilano i vestiti e le proprie cose in sacche ermetiche speciali e si è così liberi di abbandonarsi al flusso.
Uh che bellezza, un giorno lo vorrei provare anch’io… penso che mi piacerebbe moltissimo…
Sei un bravo nuotatore? Come tuo padre Bruno?
Me la cavo, ma lui era un pesce, capace di stare sott’acqua per un tempo infinito… almeno così mi pareva da piccolo… quando mi ha insegnato a nuotare.

Guarda, vedi quella casa bianca sull’altra riva? Quella con le persiane azzurre? Schaffhau-serrheinweg 28.
Sì, bella..ma sono tutte bellissime le case qui con quei loro tetti spioventi e…
Là ha abitato tuo padre Bruno. Ha vissuto a Basilea per circa un anno. A quell’epoca ci siamo conosciuti e frequentati… tu sei al corrente di queste storie vero?
Veramente no, sapevo che da giovane era stato in Germania ma non mi ha mai raccontato di Basilea, a questo punto mi devi raccontare tu, sono curioso, mi piacerebbe sapere tutta la storia.

Caro Stefano permettimi di parlare apertamente, tu ora fai parte della famiglia, ti posso dire che con Bruno è stato un grande amore, lui era una persona molto cara, di una sensibilità unica. Che testa, vivace, spiritosa. Era veramente irresistibile. Siamo stati molto bene insieme. All’epoca ero ancora all’Università e avevo più tempo libero rispetto a lui ma appena possibile ci davamo appuntamento e andavamo fuori città in bicicletta, lungo le rive del Reno, fino a Schloss Beuggen, un posto molto romantico. A volte lui chiedeva di fare una sosta per dipingere, se il tempo era bello facevamo un picnic. Una serenità così ariosa e leggera non l’ho mai più avuta nella mia vita.

Posso chiederti come mai non avete continuato? Perdona la mia curiosità ma sto cercando di mettere insieme le tessere di un mosaico decisamente frammentato… e…
Hai pienamente ragione caro mio, è finita perché… perchè… in quello stesso periodo all’università ho conosciuto Hans, studente come me, un ragazzo promettente, soprattutto con una famiglia facoltosa alle spalle, una delle più antiche di Basilea… Ma a parte questo, Hans era un uomo affascinante, certamente una personalità più quadrata rispetto a Bruno, un uomo con i piedi per terra, tuo padre a confronto pareva un funambolo, sempre sospeso da qualche parte, col suo animo inquieto, affascinante ma a volte anche un po' destabilizzante, sicuramente fonte di preoccupazione per i miei genitori, sai, gente vecchio stampo, loro volevano proteggermi e hanno subito provato a convincermi spingendomi verso la scelta una più comoda e ragionevole… non li ho mai potuti biasimare per certe loro pressioni… Contemporaneamente tuo padre ha incontrato una ragazza inglese e…

Credo di conoscerla. Mia madre?
Esattamente. E come ero gelosa di quella ragazza così bella ma algida…
Eh già. Però scusa, una cosa non capisco, calcolando l’età di Amelie i tempi non corrispondono, come può essere che lei sia figlia di te e di papà quando voi due…
Infatti questa è un’altra storia. A lungo è stato il segreto della mia vita, con tuo padre sono sempre rimasta in contatto, non ci siamo mai veramente perduti. Lui è tornato varie volte a Basilea… quasi sempre in coincidenza con certi suoi periodi di crisi… altre volte erano vere e proprie fuge, in gran segreto.

Ah, ma senti un po' questa, non la sapevo!
Sì, è successo così, ci siamo rivisti un autunno, Hans era in viaggio, Bruno è rimasto qui da me quattro giorni. Quattro indimenticabili giorni. Allora è stata concepita Amelie e la mia gravidanza è stata accolta da Hans come una manna dal cielo perché per anni avevamo cercato di avere figli senza successo. Allora, d’accordo con Bruno, ho deciso di nascondere la verità perché non volevo distruggere quello che avevo costruito con Hans che, devo dire, si è rivelato poi un padre meraviglioso, tenero, guai la sua Amelie era sempre motivo gioia e di orgoglio, anche se credo che abbia sempre sentito che c’era qualcosa tra me e tuo padre, qualcosa che si è sempre trattenuto dall’indagare più a fondo.

Tuo padre, d’altro canto, quando capitava da queste parti era sempre un po' sopra le righe, simpatico e brillante più che mai, però spesso un po' eccessivo, alterato. Ciò nonostante ho delle immagini bellissime - stiamo parlando di un numero di occasioni che si contano sulle dita di una mano – di lui accanto a Amelie piccolina. A differenza di Hans che comunque manteneva il suo aplomb da professore, Bruno si muoveva come un giocoliere, inventava giochi sempre nuovi, faceva ridere tutti, soprattutto Amelie che amava questo strano zio italiano che una volta ogni quattro o cinque anni compariva come per magia. Naturalmente quando Amelie ha saputo di essere figlia di Bruno è rimasta molto colpita, si è emozionata e poi sai cosa mi ha detto? Mamma io l’ho sempre sentito. È così, queste cose si sentono, anche quando si vorrebbero tenerle nascoste.

Ma quando è successo? Intendo dire quando Amelie ha saputo del suo vero padre?
Solo recentemente, sapevo che Bruno non stava bene, a lungo ho anche meditato la possibilità di andare in Italia con lei per farli incontrare un’ultima volta… e pensavo che quella sarebbe potuta essere l’occasione giusta.
Quello che non capisco è come mai mio padre non mi abbia mai raccontato queste cose. Insomma la mia vita sarebbe stata tanto diversa se avessi saputo di avere una sorella… lui avrebbe dovuto…
Ma sai Stefano, ti capisco ma ogni genitore ha il proprio mondo, il proprio vissuto e i propri segreti. Non è difficile comprendere perché Bruno abbia deciso di celare questa parte della sua vita, diversamente le conseguenze sarebbero state devastanti… per tutti… Posso capire i tuoi sentimenti e mi dispiace. Amelie ha subito accolto la notizia di avere un fratello con immensa gioia.

Anch’io sono molto felice di avere una sorella. Ma dimmi, prima che lei arrivi, cosa fa Amelie nella vita? Che tipo è?
Amelie è una musicista affermata, una cantante di musica barocca. Vedi quel pianoforte? Dopo una vita di studio, aveva finalmente incominciato a raccoglire i primi frutti del suo lungo percorso. Purtroppo poi c’è stato quel tragico evento…
Quale evento, scusami… non sono al corrente…
Ah certo, non puoi saperlo. La morte del suo compagno, il caro Moritz, un omone grande e grosso, vitale e dinamico – ricordandolo ora mi viene in mente Bruno… che strano – il suo grande amore, tutta la sua vita, dal giorno della diagnosi in pochi mesi se ne è andato, prima sempre più magro, alla fine non riusciva nemmeno a camminare, hanno anche fatto un ultimo viaggio in Croazia dove sognavano di avere una casa, invece tutto è diventato improvvisamente così doloroso…

Quando è successo?
Sono due anni a giugno, ogni volta che guardo Amelie vedo quanta fatica faccia a vivere ora… senza il suo Moritz, povera figlia mia…
Mi dispiace… mi dispiace veramente.
Chissà che la tua nuova presenza non le dia un po' di conforto, certo ci vorrà tempo.
Sì, mi piacerebbe poter fare qualcosa per lei, dobbiamo solo conoscerci, abbiamo molti arretrati.
È così. E tu Stefano, di cosa ti occupi? Sei sposato? Hai figli? Amelie mi ha solo detto che vivi a Venezia… e questa è già qualcosa di speciale. Ci sono stata con Hans a Venezia, lui girava sempre con il libro di un russo, come si chiamava… ora non ricordo…
Brodsky? Il libro sarà sicuramente Watermark.

Esattamente, Hans era un affezionato lettore di quel Brodsky… io meno… però Venezia resta un luogo onirico di indiscutibile bellezza.
Anch’io scrivo… sai?
Veramente? Ma allora è un vizio di famiglia (e sorride). Io non ho mai smesso dall’età di dodici anni. Certo non sono Brodsky.
Ah ma che importa. E di cosa ti piace scrivere?
Mah… situazioni e storie di confine o per meglio dire al confine tra realtà e fiction, mescolando spesso i piani al punto che spesso la parte fantastica appare più credibile della realtà.

Interessante. Forse dovresti trascorrere un periodo qui a Basilea, tu sai che qui vicino ci sono Francia e Germania, siamo in una zona di confine, le varie influenze culturali si sentono e spesso si fondono creando proprio quel tipo di atmosfere che credo farebbero al caso tuo.
E tu invece cosa scrivi?
Lasciamo stare…
Sono curioso!
Quando verrai a stare un po' qui a Basilea avrò piacere di condividere le mie storie con te… Ecco, ora te l’ho detto, approfitto per condividere un’idea che abbiamo avuto io e Amelie proprio l’altro giorno. Dopo questi ultimi anni di tristezze e separazioni abbiamo pensato che sia giunto il tempo di vivere pienamente la nostra vita. Cercando di stare più vicini possibile. L’hai detto anche tu, abbiamo tutti molto da recuperare e…

Sono assolutamente d’accordo con te.
Un motivo in più per parlare chiaro. Ti voglio informare che ho recentemente ricevuto in eredità una piccola villetta con giardino proprio qui in Florastrasse, era la casa della mamma di Hans. Noi abbiamo già varie proprietà in città e trovo che sarebbe carino che tu venissi a stare in Svizzera per un po', così per stare vicini e prenderci il tempo di stare insieme. Non devi preoccuparti dei soldi, penseremo a tutto noi, saremmo entrambe onorate di offrirti questa possibilità. Che ne dici?

Certo che sarebbe bellissimo, ma che cambiamento! Mi cogli veramente di sorpresa. Devo pensarci. Le ultime notizie mi hanno decisamente scombussolato. Hai sentito la storia a Napoli, beh, insomma, non è una cosa da poco essere vissuti per tutti questi anni pensando di essere solo e ora, di colpo, ritrovarsi improvvisamente con una sorella e un fratello dopo una vita solitaria non è da tutti. Ho sempre pensato che papà fosse una persona originale ma questa eredità supera qualsiasi immaginazione. Ora niente per me è più come prima. Ho bisogno di tempo per metabolizzare tutto questo.
Ma certo, Stefano, ci mancherebbe. Anche la mia vita è molto cambiata dopo la morte di Hans…
Ah sento dei rumori, ecco sì, sta arrivando Amelie!

Amelie!
Oddio! Oddio! Stefano! Ma sei veramente tu?
Amelie! Che bello! Certo che sono io. E guarda quanto sono felice di avere una sorella. Devo confidarti che è sempre stato il mio sogno segreto.
Veramente? Io invece ti dico che anche se non sapevo di te, me lo sentivo, si insomma una vocina ogni tanto mi diceva che da qualche parte nell’universo c’era un fratello.
E se adesso ti dicessi che sono due?
Cosa vuoi dirmi? No, dai, stai scherzando vero?
È così. E non so ancora come dirtelo perché anche per me è una novità.
Ma come? Non capisco…

Guarda è pazzesco. È tutto successo in questi giorni. La scomparsa di papà ha svelato una realtà sconosciuta… insomma sì, sembra proprio che ci sia a Napoli un certo Ciro, figlio naturale di nostro padre, da quello che ho capito avuto da giovanissimo, dunque considerato che Ciro oggi ha 48 anni dovrebbe essere tutto successo quando papà aveva 18 anni…
Ma cosa ci faceva a Napoli? Insomma Bruno non è sempre vissuto a Venezia?
Vallo a sapere. È una delle innumerevoli domande che mi appresto a fare a Ciro, pensa te che nome… vabbè… in più sembra che sia piuttosto arrabbiato e rancoroso. Speriamo non si metta a fare il fratello maggiore a tutti i costi…

Che cosa incredibile la vita… dobbiamo ammettere che superi di gran lunga ogni fantasia.
Non dirmelo, sono tre notti che non riesco a prendere sonno. Ma tu, sorellina Amelie… posso chiamarti così? Ma certo caro, abbiamo così tante cose da raccontarci che mi batte il cuore al solo pensiero, quando cominciamo?
Ma abbiamo già cominciato!
Ragazzi venite a vedere che sta passando una bellissima chiatta olandese piena di legname.
Che spettacolo!
Ma tu Amelie parli benissimo italiano, come tua mamma. È una vera fortuna, diversamente sarebbe molto difficile comunicare tra noi, invece…

Amo la tua lingua, ho ereditato da lei la passione per tutto ciò che è italiano, soprattutto la musica.
Ho sentito… ho sentito che sei una musicista affermata.
Mi do da fare dai… insomma con mamma e papà, che era un appassionato archeologo, abbiamo trascorso varie volte le vacanze in Italia e a volte papà Bruno ci raggiungeva.
Ah! questa poi mi mancava, scusami ma non ne sapevo nulla…
Beh, capisco che possa essere un po' strano per te, mi dispiace…
Non c’è problema, ora papà non è più tra noi e quindi possiamo aprire gli archivi più segreti.
Forse tu non lo hai mai saputo ma credo tua madre fosse al corrente della relazione sempre esistita tra nostro padre e la mamma.. vero mamma?

Sì, diciamo che era una cosa risaputa, anche Hans, anche se non ne abbiamo mai parlato, credo che avesse capito che “l’italiano” che ogni 4 o 5 anni veniva a trovarci era qualcosa di più di un amico…
Ho sentito che tu hai visto mio padre anche da piccola? Ehm, volevo dire nostro padre…
Sì e ne ho un ricordo dolcissimo. Lui sapeva trattare i bambini, mi faceva giocare, aveva sempre piccoli giochi di prestigio da mostrare, c’era sempre da ridere con lui.
E non ti ha detto di me? Non ti ha mai detto di avere un figlio? Mi sembra così strana questa cosa, anzi, sai cosa ti dico… la trovo ingiusta…
Forse l’ha fatto per proteggerti, e poi devi sempre pensare che papà Bruno veniva da noi quando a casa vostra saliva la pressione a causa delle sue crisi. Tu sai che era bipolare vero?
Ah questo lo so bene, sai le volte che l’ho accompagnato in clinica..

Ahi! Questo mi fa male. L’ultima volta che è venuto qua avevamo insistito che si curasse, ma lui non ne voleva sapere, lottava con gli psichiatri che sembravano fare a gara per sedarlo.
Conosco bene questa storia. Mi ha sempre toccato profondamente questa sua doppia natura, ma già in questi ultimi anni, prima che morisse, sono riuscito a fare la pace con lui. Oggi sono convinto che il mondo non fosse pronto ad accogliere un tipo come lui. E sono orgoglioso di averlo avuto come padre.
Oh sì, anch’io, non sai quanto! E tu sei il suo grande regalo per me, caro fratello.

Amelie e Stefano siete bellissimi insieme, sembrate quasi gemelli. Io rimarrei ore ad ascoltarvi ma ora sono veramente stanca. Non vi offendete vero se vi saluto qui e poi ci rivediamo per colazione? Amelie ricordati domani di mostrare a Stefano la macchina del nonno, dobbiamo prendere una decisione anche su quella…
Tranquilla mamma, facciamo piano, o magari andiamo su in camera mia o ci mettiamo sul terrazzo.
Bene, sono così felice oggi. E credo che Bruno sia molto orgoglioso di avere due figli così come voi.

[qualche ora più tardi]

Amelie, scusa, non possiamo dormire nello stesso letto… non mi sembra il caso…
E perché no? Siamo o non siamo fratello e sorella?
Sì certo che lo siamo ma…
Ma cosa?
Tu mi piaci molto, sei una donna affascinante e giocosa…
Anche tu sei dolcissimo, vorrei abbracciarti a lungo, farti sentire quanto mi sei mancato…
Sì, ma non siamo bambini, siamo due adulti, non credi che…
Dai Stefano, una notte sola, così recuperiamo almeno una di quelle cose che tutti i fratelli fanno…
Sorellina, tu sei veramente un po' pazzerella…

Dai dai… vieni. Ti faccio vedere dove c’è il bagno, ecco lì c’è anche la doccia.
Idea! E se ci facessimo anche una doccetta insieme prima di andare a dormire?
Amelie… Amelie… ti prego…

[All’alba dopo notte bianca]

Dimmi una cosa, ma tua mamma che tipo di storie scrive? Non me l’ha voluto dire…
Storie terrificanti, scene di orrore con serial killer, bambini sepolti in giardino e cose di quel genere.
Aiuto! Che inquietante.
Sì, io preferisco non leggerle, altrimenti vivo con l’ansia. Ci credo.
Pensare che tua madre sembra una persona così perbene, pacifica.

[Napoli due settimane dopo]

Tuo padre è stato un pezzo di merda, uno stronzo, un egoista.
Ahi! L’inizio di questo incontro non mi sembra dei più promettenti… ascolta Ciro posso sedermi un attimo e parlare con te di…
No, io con te non ci voglio parlare. Se proprio vuoi dirmi qualcosa puoi parlare con il mio avvocato, ok?
Ma sì, non ti preoccupare che poi ci vado dal tuo avvocato, però prima mi piacerebbe conoscerti, siamo o non siamo fratelli adesso?
A me non me ne fotte niente di te, tanto meno di conoscerti. E poi sarai sicuramente uno stronzo come tuo padre.
Intendi dire come nostro padre? Ti voglio ricordare che in fondo si tratta anche di tuo padre, padre biologico.

Padre biologico ma pur sempre uno stronzo, non saprei come definire altrimenti uno che dopo averti messo al mondo scompare e non si fa più vedere.
Capisco. Non voglio giustificarlo. Nella vita delle persone, anche quelle che ci sono vicine, ci sono e ci saranno sempre cose che non sappiamo. Potrebbero esserci state decisioni prese non solo da nostro padre ma anche da tua madre. In ogni caso io so poco o niente di quella storia…
Ecco, se non la conosci, risparmiati il fiato. Tuo padre si è fatto i cazzi suoi per tutta la vita.
Nostro padre…
Ohhh!! Ma hai finito di puntualizzare ogni cosa? Mi fai solo incazzare di più.

È troppo comodo riconoscere il proprio padre solo quando si tratta di rivendicare soldi e averi, non trovi Nostro padre aveva 18 anni quando ha incontrato tua madre, anche tu hai avuto 18 anni, puoi ricordarti come ci si sente a quell’età? Quante cazzate si fanno quando si hanno 18 anni…
Ehi! Mi stai offendendo… guarda che ti faccio rimpiangere di essere nato, hai capito? Sei insopportabile. Resta il fatto che tu un padre l’hai avuto mentre io no e questa è una ingiustizia.
Questo è vero. Ma forse averlo accanto non sarebbe stato così piacevole come pensi.
Cosa intendi dire?
Intendo dire che nostro padre è stato anche una persona difficile da gestire, ha sofferto per tutta la vita di crisi depressive con frequenti ricoveri in ospedale… e tu non sai nulla di tutto ciò. Sei mai stato in vita tua in un ospedale psichiatrico?

Fortunatamente no.
Ecco allora te lo dico io com’è. È un luogo infernale, molto diverso rispetto a un ospedale generico dove si entra e quando si esce si è guariti, in psichiatria non è così, là sei immerso in una grande bolla, nel mistero della psiche umana. Quando sei un malato di mente diventi una specie di paria per la nostra società…
Un paria? Ma come cazzo parli.
Un paria vuol dire un emarginato, uno che viene tenuto distante dalla vita normale.
Beh, per quanto mi riguarda anch’io potrei essere un parias.
Un paria.
Un paria, un paria… ho capito.

E come mai ti consideri tale?
Perchè nella vita mi sono sempre sentito strano, diverso. Non mi sono mai adattato alle situazioni, non ho mai sopportato di avere un capo e per questo col tempo sono diventato un emarginato, facendo lavoretti ma quasi subito iniziando a rubare e spacciare, pensavo di essere entrato nei giri giusti, poi un mio amico l’hanno ammazzato e mi sono spaventato. È stata una ragazza ha salvarmi, ho iniziato a praticare yoga, mi sono rifugiato sull’isola di Capri dove Antonio, il mio patrigno, aveva un buco dove stare. E ho cominciato una nuova vita.
E cosa fai ora? Cosa fai per vivere?
Faccio il pescatore, mi immergo e con un fucile subacqueo catturo grossi pesci che poi vendo ai ristoranti e agli alberghi.

Wow! Tostissimo.
È l’unica cosa che so fare, a volte però è dura immergersi, soprattutto d’inverno ma quella è la stagione in cui passano i tonni e le ricciole e si lavora bene.
Ma quanto ti danno per una delle tue prede?
Dipende dalla grandezza, ovviamente. Tieni conto che per un tonnetto così, diciamo del peso di 15 kg mi metto in tasca 200 euro. Per me quello vuol dire farsi la giornata. E poi che cazzo vuoi di più, ho la mia bella casa sulla scogliera, l’isola è un paradiso, nessuno mi rompe i coglioni, d’estate arrivano pure le ragazze tedesche, insomma ho imparato vari tipi di caccia…
Immagino…

E poi…
E poi? Succedono cose…
In che senso succedono cose?
Nel senso che nella vita ci sono sempre delle sorprese…
Per esempio?
Te ne racconto una grossa. Questa non l’ho mai raccontata a nessuno… perciò tienila per te…
Racconta dai…
No, prima devo mangiare qualcosa, è quasi ora di pranzo. Non mangi mai?
In effetti una pizzetta me la mangerei…

Allora ti porto da Nicola, che è un amico pizzaiolo. Lui sa fare la vera pizza.
Anche a Venezia si possono mangiare pizze buonissime sai? Ne fanno una con l’ananas che è super…
Non ti parlo più…
Ma no dai…
La pizza con l’ananas no. Non puoi parlare di queste schifezze con un napoletano.
Ok, ho capito, ma ora continua il tuo racconto.

Insomma è successo che l’anno scorso, verso settembre, ho fatto una delle mie solite immersioni, sono sceso una volta, niente. Scendo una seconda, niente, alla terza che già mi sentivo un po' stanco ho visto una sagoma scura, sembrava una macchina, stava inclinata su un fondale di almeno 30 metri, in bilico sull’abisso. Sono risalito velocemente a prendere fiato e mi sono reimmerso. Solo allora ho scoperto trattarsi veramente di un’auto, una bmw, ma non si trattava di un vecchio relitto, no, era nuova nuova e dentro al posto di guida c’era il corpo di una donna bionda ancora legato al sedile. Sono tornato in superficie che mi stavano esplodendo i polmoni, avevo il cuore impazzito, non sapevo cosa fare.

Alla sera mi sono confidato con un amico isolano che mi ha ascoltato senza dire una parola. Il giorno dopo è tornato e ha cominciato a farmi dei discorsi strani chiedendomi se avessi bisogno di una casa più grande, quali erano i miei programmi futuri o cose di questo genere e dopo mi ha detto anche che c’era in paese un suo amico che me l’avrebbe anche regalata una bella casa ma si trattava di mettersi d’accordo, io insomma avrei dovuto dimenticare… dimenticare di aver visto quello che avevo visto e così tutto si sarebbe accomodato.
E tu cosa hai fatto?
Beh, è chiaro, ho accettato, cos’altro avrei dovuto fare? Mò ho una villetta a picco sul mare che è da urlo…
Ma tu hai capito poi che storia c’era dietro a quella donna morta in fondo al mare?

Mesi dopo, alla festa che fanno ogni anno giù al faro, ho conosciuto un certo Nicola, un tipo simpatico che non avevo mai visto prima, abbiamo cominciato a bere e poi è stato lui a chiedermi allora la casa nuova tutto bene e lì ho capito che avevo davanti l’uomo del mistero, più che una certezza una sensazione un po' sinistra, come un brivido di freddo lungo la schiena.
E quindi che hai fatto?
Niente. Il mio amico indigeno – sempre lui ma non faccio nomi – mi ha detto che questo Nicola ha avuto per diversi anni una moglie bionda che poi, all’improvviso, non si è vista più. Se n'è andata, diceva in paese Nicola, quella puttana mi ha rubato macchina. Quindi ci sono varie ipotesi… anzi no direi una sola, visto il modo con cui ha comprato il mio silenzio…
E tu come ti senti? Capisci di essere colluso?

Ogni tanto di notte mi appare il volto di quella donna, tutto pallido, quasi angelico, con i capelli fluttuanti, poi mi alzo, mi bevo un goccetto e riesco a pensare ad altro. Ho deciso che mi voglio godere la casa, almeno fino a quando dura. A proposito di casa, il mio amico avvocato, quello che ti ha contattato, mi ha detto che tu tieni una bella casa a Venezia e che a me spetterebbe il 50%, Venezia non è Capri però se si vendesse… insomma i soldi non mi fanno schifo, potrei pensare così anch’io di cambiare vita… una buona volta. Poi mi devi dire a quanto ammonta il patrimonio cash del vecchio, hai portato le carte della banca?
Quale patrimonio? Nostro padre ha lasciato solo dei gran bei debiti. Se ci tieni tanto a ereditare devi essere pronto a prenderti il pacchetto completo.
Ma che palle!
Caro mio, come hai detto tu..nella vita ci sono sempre tante sorprese. Vuoi sapere l’ultima?

Sentiamo. Quale sarebbe ? Non cercare di intortarmi con la tua parlantina, ho capito già che tipo sei. Io quelli come te… sempre un po' maestrini… non li sopporto.
Beh si tratta di una cosa bella, una novità anche per me. Ma da come ti ho sentito reagire fino ad ora dubito che per te sia così…
Ecco, stai cercando di farmi fesso, su, avanti, dimmela e falla finita…
Abbiamo una sorella!
E sarebbe questa la bella novità? Come non me ne fotte niente di te così vale anche per quella… è chiaro o no? Nostro padre nel corso della sua vita ha avuto anche un’altra relazione dalla quale è nata una figlia…

Ma che gran puttaniere di padre che abbiamo avuto! Vuoi vedere che adesso dobbiamo dividere tutto per tre? Miii… questa è vera sfiga ragazzi, porca puttana una volta che nella vita hai l’opportunità di ricevere dei soldi e ti cade addosso tutta sta merda…
Non vuoi sapere come si chiama nostra sorella?
Non mi interessa.
Te lo dico lo stesso, si chiama Amelie, ha 38 anni e vive in Svizzera. Uh che gioia. Che giornata indimenticabile… evviva. Manca ancora qualcuno? Dimmelo ora…
Mah, dovremmo essere tutti a questo punto, poi chissà… la vita è piena di sorprese.
Ecco, quindi sbrighiamoci a fare le pratiche per l’eredità.
Basta adesso! Nostro padre è morto da due settimane, la tua avidità senza cuore mi disgusta.

Ma infatti non ho capito perché siamo ancora qui a raccontarcela, se esci da sta casa io sono solo contento. Te l’ho già detto una volta, me ne sbatte il cazzo di te, di tuo padre e pure di sta Angie svizzera…
Amelie…
Facciamo lavorare gli avvocati e poi quando c’è da firmare si firma. E basta. Io ho un pezzo di carta che certifica che sono figlio di Bruno e quindi la legge parla chiaro. Ora voglio la mia parte.
Che tristezza che mi fai… pensare che potremmo vivere bene tutti e godere di questa incredibile novità…
Di cosa stai parlando?
Della novità di esserci ritrovati, io, te ed Amelie.
Ma strafottiti tu e l’Amelia…

Ok. Basta così. Me ne vado. Vado a trovare tua madre.
E perché?
Perchè mi sembra giusto conoscerla. E magari incontro una persona più gentile di suo figlio.
Ma lascia perdere! In ogni caso non ti aspettare di avere tutte queste soddisfazioni che ti aspetti, mia madre ormai è andata, è persa nel suo mondo. Ci sono giorni nei quali manco riconosce me… e quindi tanti auguri.
Ti saluto Ciro.
Stammi buono… fratello.

Ah, dimenticavo. Un’ultima domanda? Ma come ha fatto tua madre a sapere di nostro padre Bruno, insomma su quale basi ha potuto fare l’esame genetico?
Ha conservato una ciocca dei suoi capelli… semplice.
E l’ha conservata tutti questi anni?
Sì, perché? Qual’è il problema?
Mi pareva avesse perso la memoria… o sbaglio?
È verissimo, mia madre è quasi demente, lo vedrai. Ma non è fessa, le cose importanti se le ricorda tutte…

E mò che cerchi?
La mia macchina. Era parcheggiata qui davanti a casa…non c’è più.
E allora mi sa che te l’hanno fottuta, che macchina era, scusa?
Un mercedes blu carta da zucchero con targa svizzera…
Beh… allora sei proprio un gran coglione, fratello… ma dove vivi? Lo sanno tutti che in questo quartiere… comunque adesso fai un bel respiro e non piangere, su… ora faccio un paio di telefonate e te lo faccio riportare il tuo mercedes con targa svizzera… Gesù, ma proprio un fratello coglione mi doveva capitare? E smettila di piangere che mi stai facendo innervosire…

[Napoli lo stesso giorno]

Oh Bruno, sei tornato! Che piacere rivederti… lo sapevo che saresti tornato. Ma quanto sei giovane e bello, il tempo per te non passa mai. Vieni Bruno entra.
Signora Valentina… ehm… io sono Stefano… Bruno è stato mio padre.
Ma che dici, non ci credo… dai Bruno non cominciare con i tuoi scherzi, non mi prendere in giro su, sei sempre il solito mattacchione. Vieni più vicino, dai. Perchè non mi abbracci?
Signora Valentina… io non so cosa dirle… io…
Ma cos’è sta timidezza? La tua Vale ti aspettava sai? Oh si, eccolo, caro mio, grazie a Dio sei tornato, mi ricordo il tuo profumo sai? Questo si che è un regalo… vieni… uh ma quanto sei magro, beh un po' sei sempre stato di corporatura sottile… come il nostro Ciro, hai visto che ragazzone che si è fatto… l’hai visto?

Dimmi sei o non sei orgoglioso? Ha i tuoi occhi azzurri e nuota come un pesce. Ti assomiglia in tante cose. Scusa non ti ho neppure chiesto: vuoi mangiare qualcosa? C’è ancora un po' di pastiera di ieri sera, vieni in cucina che te ne riscaldo un piattino.
Veramente io con sto caldo… non mi sento…
Eh sì, hai ragione, l’estate quest’anno è arrivata in anticipo, ormai non ci sono più le stagioni, una volta per andare a Capri bisognava aspettare maggio ora invece ho sentito che la gente i bagni già li fa a marzo… è sto clima che è impazzito, dai siediti qua, una mozzarella la gradisci? Ti metto l’olio e un goccetto di succo di limone fresco fresco, non mi sono dimenticato i tuoi gusti sai… ma dimmi un po' una cosa Bruno, che ci fai qua a Napoli, perché quando te ne sei andato via dicevi che non saresti mai più tornato. Quando è nato o’ piccirillo i miei fratelli pensavano di venire al nord a prenderti…

Signora Valentina… signora Valentina…
Ma che è sto signora e signora, non vuoi parlare del passato? Va bene, come preferisci, comunque io il tuo nome non l’ho mai fatto. Le cose si sono presto accomodate, poco tempo dopo la nascita di Ciro, nella vita mia è arrivato Antonio.
E chi sarebbe Antonio?
Lui è stato come l’uomo della provvidenza, ci ha salvati. Ha preso in casa Ciro come se fosse suo figlio, ha affrontato la mia famiglia e alla fine mi ha pure sposata. Pareva tenesse chissà quali soldi e pure varie case a Napoli, diceva di essere un signore ma poi la verità col tempo è venuta a galla… Una cosa teneva per certo e quella si chiamava vizio del gioco e così, alla fine, si è mangiato tutto, pure la casa di nonna a Mergellina, te la ricordi la casa di nonna?

Che disgrazia quegli anni, Madonna mia e quanto ha sofferto Ciro quando ci siamo dovuti trasferire in periferia nelle case popolari. Allora era già adolescente, così ho pensato fosse giunto il momento giusto per raccontargli di noi, gli ho detto di te e in effetti da quando ha scoperto di non aver nulla da spartire con quel mascalzone di Antonio pareva più sereno… almeno all’inizio invece poi però ha cominciato a diventare assillante, voleva sapere, voleva capire, un vero tormento per me che mi ero ripromessa di non tradirti mai… certi giorni pareva un poliziotto impegnato a investigare, sì, come in certi film, quelli che stanno giorni davanti al computer. Ho fatto anche l’errore di dargli la foto di noi due, quella bella scattata a Pompei e lui l’ha ingrandita e poi non so come l’ha stampata e se l’è messa in camera, venti copie almeno, che quando entravo sembrava una chiesa con i santini appesi che mi sorridevano…

Ma tu l’hai già visto il mio Ciro vero? Adesso ti prendo un babà, me li ha portati… me li ha portati…
Te li ho portati io Valentina… e comunque sì, Ciro l’ho incontrato ieri, per la prima volta e…
Ma che gioia! Deve essere stato così felice di conoscere finalmente suo padre… avrai sentito tutta la sua felicità immagino…
In realtà l’ho trovato un po' teso, rancoroso. Mi ha subito fatto i conti in tasca.

Eh devi capirlo, piccolino, con la vita che ha fatto con quell’Antonio… quel farabutto… Ma non parliamo di cose brutte. Pensiamo a noi, a quanto eri bello quando ti ho visto la prima volta, come un dio greco, solare, aperto, pieno di sogni. Così diverso dagli uomini che si trovano qua. Io invece, mi vedi, sono tutta malandata e Ciro ora mi vuole pure mettere in una casa di riposo ma io non mollo e anche se faccio fatica mi sforzo di rimanere indipendente… Oh Bruno, come eravamo giovani allora… era buona la mozzarella? Ne vuoi un’altra? Ho anche del pane cafone che fa una signora qui sotto, al negozio. Ma hai fatto bene a non rimanere qua, con le idee grandiose che avevi in testa non saresti andato lontano… Caro il mio Bruno, sapevo che alla fine saresti tornato…

[Mesi dopo a Basilea]

Ah Stefano, finalmente, vieni vieni dentro che oggi c’è un vento… ti faccio un caffè?
Ciao Annemarie, grazie lo prendo volentieri. E Ciro? È già arrivato Ciro?
Era qui fino a dieci minuti fa, c’era anche Amelie con la sua amica Julia. Sono usciti a prendere una bottiglia di prosecco per brindare… hanno detto che tornano subito.
Ah, bene.
Ma che sagoma quel Ciro lì, di una simpatia unica. Mi ricorda tantissimo Bruno con quella sua risata contagiosa. Ci ha già invitate tutte a Capri la prossima estate. E poi è un narratore nato, mi ha raccontato una storia terrificante di una donna morta rinchiusa in un’auto in fondo al mare, wow, che fantasia! Ho già pensato di inserire quell’immagine nel mio prossimo racconto, il mio editore una scena così forte non se l’aspetta…
Posso immaginare.

Ah, eccoli! Ecco Ciro! Che giorno indimenticabile, per la prima volta tutti e tre insieme!
Ciao fratello!
Ciao Ciro, ciao Amelie. E lei chi è?
Lei è Julia, un’amica di Amelie.
Ha già detto che verrà a Capri a trovarmi. Le donne svizzere non perdono tempo.
Vedo che anche tu ti dai da fare.
Beh, meno male che ci sono le ragazze, temevo di dover incontrare solo te…
Quando sei arrivato?
Questa mattina, con un volo diretto da Roma… è la prima volta che vengo in Svizzera, è veramente tutto ordinato e pulito come dicono, forse un po' troppo ordinato per i miei gusti… però dai, ci si abitua a tutto.

Vuoi trasferirti? No, quello no. Ora poi che ho casa a Venezia direi che non posso chiedere niente di più…
Lasciarmela è stato un bel gesto da parte tua, anche se ho sempre la sensazione che tu mi abbia fregato, che ti sia tenuto il malloppo.
Ma ancora sta storia? Sei proprio malfidente…
Ragazzi, ora basta discutere, venite qui che facciamo un brindisi alla nuova famiglia.
Sì, dai, brindiamo. Direi prima di tutto a papà Bruno, chissà se riesce a vederci da lassù… credo che sarebbe orgoglioso di noi.
Sì, brindiamo al nostro papà!
Evviva! A Bruno! A Bruno!

Wie mir doch dieser Mann gefaellt! (Quanto mi piace quest’uomo!)
Cos’ha detto Julia?
Ha chiesto se ti fermi a lungo a Basilea.
Ancora non ho deciso.
Caro Ciro, ricordati che sei sempre benvenuto qui da noi. Abbiamo una stanza per ospiti.
Vielleicht koennte er bei mir bleiben mein Haus ist zwar klein, aber… (Eventualmente lui potrebbe anche stare da me, la mia casa è piccola ma…)
Che ha detto Julia? Sto cazzo di lingua, non si capisce veramente niente.
Ha detto che le piacerebbe imparare l’italiano.
Ma quando vuole! Quando vuole possiamo cominciare… hai capito Julia? Quando vuoi.

Fratellini cari, io ho una proposta. Dopo domani terrò un concerto qui a Basilea, perché non venite tutti a sentirmi cantare? In fondo voi non conoscete gran chè del mio mondo musicale.
Ottima idea! Dai fratello Ciro, prolunga la tua visita e vieni a sentire la tua sorellina cantare.
Mi piacerebbe, anche se domenica ho sentito che gioca il Basilea, certo che non è il grande Napoli, però un paio di elementi ho visto che giocano benino e quindi…
Julia? Tu cosa fai domenica?
Ich gehe bestimmt an das Konzert (io vado sicuramente al concerto)!
Che ha detto?
Ha chiesto se tutti gli uomini italiani sono curiosi come delle portinaie… (ridacchiando)
No, dai, non è vero.

Comunque lei viene al concerto. Tu fai quello che vuoi, per me non c’è problema… ci saranno altre occasioni.
No no… io vengo volentieri al concerto… anche a Napoli abbiamo una bella tradizione di cantanti sai?
Facciamo un altro brindisi?
Ma si dai…
A cosa brindiamo?
All’incontro di noi tre, alla nuova vita!
Sì, alla nuova vita!
Alla nuova vita!
Forza Napoli!
Ciro! A volte sei insopportabile.
Ho preso da tuo padre, ha ha ha.

[Venezia, dieci anni dopo]

Al tuo funerale, caro fratello, c’eravamo tutti, compresa la zia Emma che, nonostante l’età avanzata e la sua demenza cronica, una cosa verissima l’ha detta: tu eri quello che più di tutti somigliava a nostro padre, avevi lo stesso cuore grande e un fisico cagionevole.

Ci hai lasciati soli troppo presto.

Ieri c’era anche mia madre Valentina, lei messa forse anche peggio della zia in quanto ad Alzheimer, ha girato per tutto il tempo della cerimonia abbracciando la gente e ripetendo ciao Bruno, come un mantra. Se ha potuto trascorrere questi ultimi anni nella pace delle montagne svizzere, lontano dal caos di Napoli, lo dobbiamo unicamente a te Stefano caro. Ti sei preso cura di lei. E così anche per Annemarie che hai accudito come un figlio, realizzando, grazie alla somiglianza fisica con nostro padre, il suo sogno più grande, spegnersi tra le braccia del suo grande amore. Siamo soli ma non c’è vera tristezza nei nostri cuori. E sai perché? Perchè abbiamo avuto la fortuna e la gioia di incontrarti. Tu hai cambiato la vita a tutti noi. Certo il lavoro vero l’ha fatto quello svitato di nostro padre ma ben vengano gli svitati mi verrebbe da dire oggi se queste sono le conseguenze.

Guarda quello che hai saputo creare facendoti ponte tra il passato e il futuro, guarda la gioia mia e di mia moglie Julia – te ne sei andato e non ho fatto in tempo a dirti che è di nuovo incinta e se sarà maschio voglio che abbia il tuo nome – guarda nostra sorella Amelie che con Salvatore, il suo nuovo compagno, ha messo in piedi una cosa bellissima, un festival di canto barocco a Capri, l’anno prossimo ci sarà il debutto e tu sarai con noi. Hai fatto bene a insistere caro fratello nel volerti mostrare senza vergogna, orgoglioso di nostro padre. Hai fatto bene perché hai contagiato tutti con il tuo spirito libero, pure il sottoscritto, a suo tempo estraneo, ostile e rancoroso. Ora è tutto diverso, non riesco a immaginare la mia vita senza l’incontro con te. Hai fatto un grande lavoro fratello. Ma ora riposa, riposa in pace.