Alla fine, fu costretto ad interrompere l’azione che lo vedeva, per la prima volta nella partita, avanzare prepotentemente sulla fascia destra: la scossa, iniziata come una sottile pulsazione, era divenuta troppo forte ed insistente per evitare di rispondere. Si fermò, cliccò con rabbia sull’icona del richiamo sul polsino di gomma collegato al telefono e, mentre i compagni si abbandonavano chi a gesti di sconforto, chi a gesti ben più volgari, lasciò il campo di gioco e si diresse, senza dire una parola, verso il suo borsone, che conteneva tutto il necessario per l’attività sportiva in sicurezza: fasce elastiche, pomate antitrauma, punti di sutura indolore, disinfettanti vari ed una ricca scelta di antidolorifici.
Naturalmente, all’interno c’era anche il telefonino. Per prima cosa dovette tirare fuori una buona metà del contenuto del borsone, data la pessima abitudine dei telefonini di giocare a nascondino e si concentrò sulla scritta che occupava il display: “Sei Solo?”, il che significava la presenza di un messaggio con numero protetto che poteva essere letto solo dal destinatario, in ossequio alla legge sulla privacy. Dopo aver premuto il tasto Ok, poté accedere al testo del messaggio: chiamata dal numero 030603205155… richiesta intervento urgente per il signor Manetti Massimo”.
Massimo cercò il numero nella rubrica dei clienti e ebbe una brutta sorpresa, per la quale si lasciò sfuggire, a voce alta: «Accidenti di nuovo la lavatrice dei Cucinelli, ma porco…» e riuscì ad interrompere la bestemmia appena in tempo, rendendosi conto di trovarsi ad un passo dalla rete di recinzione, dove erano installate telecamere e sensori di sicurezza a protezione degli impianti, tutta robetta molto sofisticata e sensibile, capace di intercettare un bisbiglio, che poteva costargli una bella multa, in base alle recenti leggi sulla pubblica moralità: era vietato lasciarsi andare a bestemmie e/o parole sconce, in luoghi pubblici e pubblici esercizi. All’uopo, tutti gli audiovisivi di sorveglianza erano programmati per denunciare automaticamente ogni infrazione, agevolati dal fatto che di ogni cittadino erano registrati nella banca dati del Ministero degli Interni DNA, voce, impronte ed immagine, in base alla nuova legge sulla cittadinanza.
Il fatto di aver schivato una multa non gli risollevò più di tanto il morale, sentendo guai in arrivo per quella chiamata. Compose il numero della lavatrice Cucinelli.
«Finalmente…. credevo di non trovarla più», disse la Rex Deep Input Maximum.
«Infatti, ero indeciso se farmi trovare o no, cosa è successo stavolta?», chiese Massimo, con aria estremamente seccata.
«Ho un problema ad una sospensione del cestello, la posteriore destra. Sta lavorando sempre peggio e rischia di rompersi. L’aumento della vibrazione ha provocato un’inclinazione dell’asse e sta procedendo a danneggiare i circuiti primari. Questo basta a giustificare l’urgenza», disse la lavatrice. «Scusa, ma spetterebbe a me giudicare l’urgenza», rispose Massimo. «Oh, ma lei è solo un tecnico riparatore e poi…», fece per aggiungere la lavatrice, subito fermata dalla reazione del tecnico. «No, no, no ferma un attimo, come sarebbe “solo un tecnico?”, come se io non fossi in grado di valutare i problemi e soprattutto risolverli».
«Scusi, non volevo certo offendere, volevo solo…» «Niente scuse, aggeggio», era la parola che usava per disprezzare gli oggetti delle sue attenzioni, «niente scuse, questo “solo un tecnico” chiuderà la comunicazione e risponderà solo alla chiamata del computer centrale della casa, secondo la prassi normale». Click.
Aveva chiuso, riagganciato, sbattuto in faccia il telefono. Se quell’ammasso di ferraglia esaurito avesse avuto una faccia. Che piacere sarebbe stato.
Da quando la domotica si era diffusa capillarmente, i problemi erano aumentati a dismisura. Gli elettrodomestici forniti di schede intelligenti, capaci di diagnosticare i guasti in maniera autonoma e chiamare direttamente l’assistenza, erano sempre di più, tanto che era diventato necessario far passare tutte le richieste al computer centrale di ogni abitazione. Succedeva infatti che, spesso, a partire fossero proprio le schede intelligenti e quindi le macchine chiamavano in continuazione l’assistenza per problemi che non esistevano.
Una possibile risorsa si stava rivelando un danno, almeno dal punto di vista dei tecnici, come Massimo. I proprietari si vedevano arrivare i tecnici a casa e cominciavano le baruffe: i primi credevano che fossero i tecnici ad agire per spillare soldi ai clienti ed i secondi dovevano laboriosamente dimostrare la chiamata effettiva degli elettrodomestici, per ottenere almeno il pagamento dei diritti di chiamata. Bei tempi quelli di una volta, quando gli elettrodomestici erano solo congegni meccanici e quando si rompevano e il proprietario chiamava il tecnico per la riparazione, senza che le macchine potessero metterci becco. Allora la soluzione stava nel computer centrale, almeno per le abitazioni che ne erano dotate, perché lì si registravano tutte le chiamate in uscita.
Il computer centrale dei Cucinelli chiamò: «Signor Manetti, la pregherei di intervenire sulla nostra lavatrice, nonostante il disguido precedente. Siamo in una situazione critica. I padroni sono fuori e la collaboratrice domestica deve far trovare degli indumenti pronti al loro rientro. L’analisi della lavatrice sembra giusta, confermata anche dalla signorina, che riferisce strani rumori durante i lavaggi». Massimo pensò alla graziosa signorina, per la quale aveva un debole. Toglierla dai guai sarebbe stato un bel modo di socializzare un po’ di più, non poteva lasciarla senza aiuto. Il tempo impiegato a pensare a tutto questo fu interpretato dal computer come indecisione e, quindi, pensò di incentivare la scelta positiva del tecnico.
«Signor Manetti, sono autorizzato dai padroni, in casi urgenti, ad accedere ai loro conti. Le faccio, quindi, un’importante offerta: le pago il costo dell’intervento più un extra di 500 euro». “Capperi”, pensò, Massimo, “che botta”. Salvare la bella ed intascare una lauta ricompensa. Uno spettacolo. Al diavolo le cattive maniere.
«Comincia a disattivare gli allarmi e ad aprire il cancello. Sto arrivando», disse Massimo, rimettendo tutto nel borsone alla rinfusa e salutando con ampi gesti di scusa i compagni di gioco, alcuni dei quali non furono altrettanto abili a mordersi le rispettive lingue. Lasciò il campetto in un tripudio di cicalini delle macchinette multatrici. Rientrato nello spogliatoio, si svestì in fretta e, per guadagnare tempo, non scelse la normale doccia, ma il lavaggio ad aria, così fu pronto in pochi minuti. Raggiunse la sua auto, controllò di avere la borsa degli attrezzi e i terminali di diagnosi e partì, pensando che stavolta avrebbe avuto il coraggio di invitare a cena la ragazza.
Arrivò mentre il cancello della villa si apriva e le luci del viale si accendevano una dietro l’altra. Parcheggiò l’auto sotto una delle due ali della scala, ignorando di proposito i segnali della zona di sosta. Del resto, c’era una grave urgenza.
Armatosi di tablet e borsa degli attrezzi si diresse su, verso la casa. Ad attenderlo, sull’uscio, c’era lei. Bellissima. Come sempre. E come sempre sentì un groppo in gola. Lo salutò con l’aria della bella principessa che saluta il salvatore. Con quella voce, poi. Una voce che avrebbe fatto la fortuna di qualunque annunciatore radio o anche televisivo, se accompagnata dal magnetismo di quello sguardo, con gli occhi azzurri che sembravano riuscire a guardarti dentro. «Grazie di essere venuto, così senza preavviso». «Dovere» rispose lui, pentendosi subito di una risposta così fredda e prendendo l’appunto mentale di prendersi a schiaffi alla prima occasione. «Ma anche un piacere, per poterti rivedere», aggiunse nel tentativo di riprendersi. Lei non rispose, vittima di un improvviso imbarazzo.
Lo guidò nella sala lavaggio davanti alla lavatrice difettosa. «Fa uno strano rumore metallico, che sembra venire dal cestello e sul display appare il messaggio di richiesta intervento» gli anticipò, mentre lui tirava fuori il necessario per la prima diagnosi.
«Non ti preoccupare, la mettiamo a posto», le disse con fare rassicurante. Inserì lo spinotto nella porta di comunicazione con la scheda della lavatrice e diede il via all’analisi. «Qualche minuto e sapremo che ha» disse avvicinandosi a lei. «Posso offrire qualcosa nell’attesa?» chiese lei avvicinandosi ancora di più. E in quel momento andò via la luce. Si ritrovarono abbracciati, mentre lei lanciava un gridolino di sorpresa e lui tratteneva a stento il suo prontuario di parolacce. Nessuno dei due si tirò indietro, né disse niente, ma si abbandonarono sempre più all’abbraccio. E poi il bacio, il loro primo bacio. Un lungo, incalcolabile momento. Interrotto dal ritorno della corrente. Si staccarono, ma non troppo e alla fine scoppiarono a ridere. Dopo tanto rincorrersi, sembrava che fossero sempre stati insieme.
«Beh, comunque sarà meglio cercare di finire il lavoro» disse lui andando a controllare i dati. «Strano, qui sembra tutto a posto. Adesso faccio fare un ciclo breve per controllare il cestello». In effetti uno stano rumore si sentiva. Aprì l’oblò e lo ispezionò con una lampada. Stava per richiudere tutto, quando con la coda dell’occhio, colse uno riflesso strano. Armeggiò un po' e alla fine, con l’aria di un campione di pesca che mostra il trofeo più ambito, disse trionfante. «Ecco qua», mostrando a lei una monetina, piccola e pulitissima per i lavaggi ripetuti. «Mhmm…… Strano» tornò a ripetere, «il sensore di peso del cestello è così preciso che avrebbe dovuto rilevarla. Mi chiama per una sospensione rotta, che però va bene, poi non rileva la moneta. Può essere che sia danneggiata proprio la scheda madre. Ma, a questo punto, sarebbe dovuto intervenire il computer centrale, che sta lì per quello. Adesso vado a fare un controllo».
«Non serve» intervenne il computer di casa, «eh…. a lei non la si fa. Complimenti!» «Ma cos…. Che significa?» «Significa che non c’è nessun guasto. È stata solo una scusa per farla venire di nuovo qui per permettere un incontro risolutivo con la signorina Anna» «Ma come…»
«Ho analizzato i vostri dati psicofisici quando vi trovate insieme, e soprattutto quelli della signorina quando lei si allontana dopo un intervento. Resta sempre qualche attimo ferma dietro la porta, con i parametri fisici alterati. Ho confrontato i dati a mia disposizione ed è chiaro che si tratta di amore. Però gli esseri umani hanno modi di agire che, per noi macchine, sono strani. Nessuno dei due si dichiara mai. Così ho deciso di darvi una mano, una spintarella, un aiuto. Del resto, è per questo che esistiamo, per servire e aiutare» «Beh, grazie», ribatté sarcastico Massimo, mentre lei gli si avvicinava sorridendo e fulminandolo con quegli occhi che improvvisamente lanciavano fiamme, «qual è il prossimo passo, ci dichiari marito e moglie?» disse sorridendo finalmente anche lui.
«No, per quello ci sono i confessionali automatici in strada o le normali chiese con pastore umano». «No, grazie, grazie davvero» intervenne lei, «ora però, devo mettermi al lavoro, perché domani tornano i signori…» «Tranquilla, hanno avvertito che staranno fuori ancora qualche giorno. Avete tutto il tempo. Nella cantinetta ci sono delle bottiglie di ottimo prosecco, freddo al punto giusto. Potete servirvi a piacimento, i signori non se accorgeranno mai».
I due scoppiarono a ridere abbracciandosi. Poi lui disse: «veramente a me non andrebbe di restare qui in balia di questo simpatico aggeggio». «Grazie per il simpatico e farò finta di non aver sentito aggeggio. Vi assicuro la più totale e accurata discrezione. Da questo momento nessuno potrà disturbarvi. Mi sono permesso di abbassare le luci nel salone, di mettere su un po’ di musica e di accendere il caminetto».
«Grazie a te. Servizio perfetto» disse lei tirando Massimo per la mano. Presa una bottiglia e riempiti due bicchieri, si accomodarono sul divano. Quando partì un nuovo bacio, lei chiuse gli occhi con trasporto, lui si guardò in giro alla ricerca di qualche forma di attività computeristica. Poi si rilassò, vinto dalla forza di quei baci e, prima di abbandonarsi a quel vortice di emozioni, riuscì addirittura a pensare che per tutto ciò che gli stava accadendo, doveva dire grazie ad un computer impiccione e ad una lavatrice ipocondriaca.