«Ehi Steve!… Steve? Sveglia!».
«Oh ma che ca…».
«Beep! Non uso questo linguaggio nei miei racconti».
«Chi parla? Chi sei? Fatti vedere, esci subito da casa mia!».
«Buono Steve calmo, non voglio farti del male. È solo che dopo ieri sera ho pensato di dover intervenire in modo drastico».
«Che ne sai tu di ieri sera?».
«Allora facciamo che ti spiego tutto: Io sono il narratore e tu sei il protagonista di una serie di racconti chiamati “Le strane storie di Steve Rock” che escono settimanalmente su una rivista».
«Ah ok. Allora torno a dormire, fanc…».
«Beep! Basta!».
«Lo sapevo già».
«Davvero?».
«Ma sì che lo sapevo, cioè lo immaginavo, non poteva essere altrimenti dai; il coccodrillo dalla finestra, le gemelle che mi svuotano il conto in banca, il mio capo in ufficio che non mi ha ancora licenziato…».
«Beh, in effetti».
«Ma cosa commenti, non le hai scritte tutte tu queste cose?».
«Eh no caro mio, qui viene il bello. Io sono il nuovo narratore».
…
«Questo cambia tutto».
«Ecco appunto, proprio di cambiamenti volevo parlarti. Te lo dirò chiaramente, la tua vita, come è stata scritta finora fa schifo, su questo non c’è dubbio. Concordi?».
«Mh…».
«Ti faccio una proposta, da domani ti cambio vita!».
«Ma proprio tutta tutta la vita?».
«Visto che non ti vedo convinto, faccio un rapido riassunto: Hai 34 anni, vivi solo, non riesci a smettere di fumare, la tua ex ti odia, i tuoi poveri genitori pensano che tu sia un fallito e si vergognano di te, fai un lavoro di… diciamo noioso».
«Per me lo puoi dire “un lavoro di mer…”».
«Beep! No! Ho detto niente parolacce, dobbiamo cambiare la tua misera vita o no? Quindi non interrompermi».
«Dicevo: fai un lavoro noioso e insoddisfacente, ti vesti male, mangi male, non hai un hobby che sia decente (il videopoker non conta), la tua squadra del cuore non vince da secoli e soprattutto tu non fai l’amore, beh… diciamo dallo stesso lasso di tempo».
«E le gemelle non contano?».
«Davvero vuoi menzionare quella sera? Ti ricordo che ne sei uscito con il conto in banca svuotato».
«Okay, va avanti».
«…».
«Okay basta così è sufficiente».
«Bene, allora la cambiamo questa vita da domani?».
«Non che abbia altra scelta mi pare».
«Fantastico!».
Steve cambia vita
Steve si alzò in ritardo come ogni mattina, con lo stomaco in subbuglio per via della cena scadente della sera prima e con zero voglia di andare in ufficio a sentire le urla del capo.
Quel giorno però, una voce nella testa gli ripeteva che non sarebbe stata la solita pessima giornata, come se qualcosa nell’aria fosse diverso.
Arrivato in ufficio non fece nemmeno in tempo a solcare la porta che il capo era già furioso e iniziò a urlare e inveire contro di lui.
«Ps! Sono io, il narratore. Cosa aspetti? Diglielo dai, forza forza, mentre sbraita, è la tua occasione». Spinto da questo senso di cambiamento che si respirava nell’aria, Steve non resse nemmeno per un secondo le urla del capo e rispose furioso:
«Vaf…».
«Beep!».
«Mi sono rotto il…».
«Beep!».
«Steve! Arrabbiato va bene, ma con stile, devi cambiare la tua vita partendo da qui».
«Cosa dovrei fare?».
«Devi licenziarti in modo memorabile».
«Tipo?».
«Tipo prendere quei petardi nella scatola sotto la tua scrivania e fare un elegante caos».
Steve prese un mucchietto di petardi riposti, guarda caso, sotto la sua scrivania e…
«No aspetta Narratore, prima voglio togliere la camicia».
«Chiamami Nar, fa più figo».
«Sul serio… ho 34 anni, non ti chiamerò Nar».
«Dai che ti costa?».
«Va Bene Nar, basta che tu mi faccia togliere la camicia e la cravatta per lanciarle in faccia al capo».
«Andata!».
Steve si strappò camicia e cravatta e le lanciò in faccia al capo, poi prese un mucchio di petardi da sotto la scrivania, li accese e creò un fuggi fuggi generale con tanto di effetto pirotecnico.
«Per chi fosse stupido e non l’avesse ancora capito, mi licenzio da questo lavoro di… no… da questo lavoro noioso e poco soddisfacente!».
«Faceva pena ma almeno non ho dovuto tagliare il dialogo».
«Cosa pretendi, è la prima volta che mi licenzio».
«Sei perdonato».
Steve ora era senza lavoro ma si sentiva libero come non mai.
«Quindi ora che si fa?».
«Quello che vuoi mio caro Steve, carta bianca… letteralmente, ce l’ho qui davanti. Cosa hai sempre sognato di fare?».
«Non saprei».
«Pensaci… puoi fare ciò che vuoi».
«Ce l’ho! La Rock Star!».
«Steve… sul serio, era pessima».
«Perché no? Senti come suona bene: “Steve Rock la Rock Star”».
«Finiscila. Hai 34 anni, l’hai detto tu, se non la smetti ti faccio cadere un vaso in testa. Niente crisi di mezza età nei miei racconti».
«Giusto giusto, tu sei il narratore».
«Nar, comincio a prenderci gusto».
«Sì sì certo, ma pensavo… tu sei il narratore… è questa la svolta!».
«Beh, dipende. Dove vuoi arrivare?».
«Senti me; tu sei il narratore, quindi se io volessi diventare improvvisamente, che so, milionario e comprare tutto ciò che voglio volando in un paradiso fiscale lontano da questa schifosa città, tu potresti realizzarlo in un attimo, ti basterebbe narrarlo».
«Non funziona proprio così. Io devo creare delle storie valide, senza le storie tu non esisteresti».
«Al diavolo le storie! Mi sono successe una valanga di cose sfortunate e stravaganti, adesso voglio il mio riscatto, l’hai detto tu di cambiare vita no? Fammi vincere un sacco di soldi alla lotteria, mi diverto un paio di settimane e poi pensiamo alle “storie”».
«Non mi convince molto, ma ho promesso che avrei cambiati la tua vita, quindi lo farò».
Steve vince alla lotteria
Il giorno seguente, riposato più che mai e libero dal lavoro, Steve cavalcò l’onda del buonumore. Uscì di casa e fece un bel respiro carico di smog cittadino che sembrò rinvigorirlo ed entrò nella piccola ricevitoria sotto casa.
Esitò solo un attimo prima di fare la sua giocata…
«Ehi Nar, ci sei?».
«Sì, ci sono sempre tu che dici?».
«I numeri, quali sono i numeri vincenti?».
«Quelli che vuoi, sono io a decidere l’estrazione nel mio racconto, ma cosa ti è successo stanotte, ti sei inebetito tutto insieme?».
…
«Salve, vorrei giocare la sestina vincente» partì sparato Steve, già sicuro di vincere».
«La vedo convinto, dica pure».
«18, 24, 11, 30, 36, 5!».
«Che velocità! Ecco a lei Signore e buona fortuna».
«Non servirà».
La sera stessa Steve non guardò nemmeno l’estrazione, prima di dormire fece la valigia mettendoci dentro infradito e camicia hawaiana di dubbia provenienza poi si mise al letto felice.
La mattina seguente schizzò fuori dal letto e scendendo a prendere un rapido caffè, scorse le notizie del giorno fino a trovare quella che voleva: “Sestina da 2 milioni centrata in una piccola ricevitoria di periferia…”.
«Contento?».
«Sai Nar, saperlo già non dà la stessa emozione».
«Nel tuo caso ti ha evitato l’infarto, fidati è meglio così».
«Allora grazie di tutto, io volo ai tropici e godermi la vita, se potessi metterci qualche donna, una macchina sportiva, magari un hotel a 5 stelle… fai tu ecco».
«Sì tutto bello Steve, ma cosa ci sarà di divertente in queste storie?».
«Niente. Assolutamente niente. Me ne frego della gioia del pubblico, non me ne importa niente. Voglio lusso, belle donne, belle macchine, cibo di classe e chi più ne ha più ne metta, almeno per due settimane. Alla scadenza puoi intervenire e ci metteremo a pensare al mio schifoso pubblico. Si è divertito a mio discapito tutto questo tempo, è giusta che mi diverta un po’ anch’io».
Steve ritirò la cospicua vincita e volò su un’isola tropicale a godersi la vita.
Nelle successive settimane mangiò in ristoranti stellati con bellissime donne, dormì su letti comodi in hotel a 5 stelle lusso. Guidò una Ferrari, una Porsche e infine una Bugatti. Si ubriacò e fece l’amore con tante donne, se così si può definire.
Solo un’altra strana storia di Steve Rock
«Steve, Steve sveglia, sono io Nar».
«Ehm…sì, ciao, lascia pure sul letto, no cioè, dimmi».
«Ma c’è una sera in cui sei andato a letto sobrio?».
«Le hai scritte tu le storie».
«Ops, hai ragione…forse mi è un po’ sfuggita la mano, comunque è successo un disastro, te l’avevo detto, è stata una pessima idea».
«Che succede?».
«Vogliono cancellare la tua serie e licenziarmi di conseguenza, ma va be non importa, in pratica vogliono ucciderti Steve!».
«Ma chi? Come? Perché?».
«Vuoi farne un’altra?».
«No, dai dai spiegami, non perdere tempo».
«Sì giusto; in pratica la tua vita di queste ultime due settimane, ha creato una specie di rivolta nei fan».
«Ma cosa vogliono da me? Mi preferivano in quell’ufficio schifoso a marcire mangiando cibo scadente e bibite gassate?».
«Sì Steve, e hanno ragione, pensaci; eri come molti di loro, s’identificavano in te. Ora sei cambiato, loro non avranno mai la vita che hai vissuto queste due settimane e ti odiano per questo».
«Non ci avevo mai pensato. Io, io ero un simbolo, un’icona per tutti i falliti del mondo!».
«Sì okay Steve, non è proprio una cosa da sbandierare in piazza, ma sì è così».
«Adesso come la risolviamo?».
«Dobbiamo escogitare qualcosa».
… poche ore dopo
«Ce l’ho!».
«Spara!».
«Ascoltami bene: Non ho più un centesimo, ho sperperato tutti i soldi della vincita, quindi tu adesso scriverai di me che ho buttato due milioni di euro in due settimane e il gioco è fatto tornerò ad essere il re dei falliti».
«Sei un genio Steve!».
«Lo so, modestamente».
«Beh in realtà hai buttato 2 milioni in due settimane, sei più che altro un co…».
«Beep! Scrivi questa dannata storia e salviamo la mia vita e la mia serie».
Il figliol prodigo
Steve si sentiva più solo che mai, con la bocca allappata, la testa che scoppiava. Si guardò allo specchio in quella stanza d’hotel a 5 stelle. Non vedeva più un uomo, non che lo fosse davvero mai stato, ma ridursi così a 34 anni era il limite, il fondo era stato toccato. Tanto lusso intorno a lui, belle donne addormentate in lenzuola di seta con bottiglie di champagne in mano… ma non c’era un sorriso sul suo viso.
Steve si rese conto di aver sprecato tutti i soldi che aveva vinto, si sentì un fallito. Ora si vedeva come tutti l’avevano sempre visto. Prese gli ultimi soldi e fece un biglietto aereo per tornare a casa. Forse la sua vita doveva essere davvero quella dell’ufficio, dei coccodrilli, le gemelle e tutte le disavventure che gli capitavano.
Arrivato a casa si mise nel suo scomodo letto, stremato. Accennò un sorriso e si addormentò.
«Ps! Steve… Steve!».
«Nar sei tu?».
«Sì. Ce l’abbiamo fatta, la tua serie è salva».
«Mi vogliono ancora… magra consolazione».
«Ma no Steve non dire così, ora ci sono io a scrivere le tue storie».
«Ci scappa il lieto fine?».
«In fondo anche quello piace al pubblico».