Quando ho cominciato a scrivere non sapevo cosa ne sarebbe venuto fuori - dove sarei andato a finire, cosa avrei raccolto di me, come sarei diventato - finché non sono state le mie stesse visioni a prendere la mia scrittura senza che io potessi farci nulla, come se - addirittura - non avessi nulla a che farci.
La scrittura è divenuta automatica, è andata per montagne inesplorate e vasti mari, e non è mai davvero accaduta. Un cane mi ha consegnato la posta, oltre le valli, di là dalle colline, attraversando sentieri sconnessi e ardui; è arrivato fino a qui per consegnarmi un invito alla festa dell’ammirazione del nulla, dove il mio corpo è un bersaglio in ogni pubblico secondo e mentre cerca la propria occultazione costruisce il proprio mito di fronte a un numero non quantificabile di occhi senza scrupoli.
Muta e costante consapevolezza interiore, percezioni forti e assassini di bestie, elementi che solleticano nuove nervature per schiudere sensazioni in fiore nel giardino cerebrale. Ammiratori sorridenti si nascondono dentro i denti di un gatto: queste non sono paranoie o spericolatezze, è soltanto una chiara e sensuale certezza di violenza all’eterno presente.
Un cane mi ha consegnato la posta, oltre le valli, di là dalle colline, attraversando sentieri sconnessi e ardui; è arrivato fino a qui perché ha scorto un gioiello nel teschio di lucertole primitive, notando come in qualche persona questo occhio residuale sia ancora sensibile alla luce. Gli occhi sono due globi che galleggiano dentro un osso, resistono ad analisi distaccate, e a vedermi sono le impressioni. Sembra che il corpo non sia la casa, ma sia l’interno della casa. Vedere implica la violazione di una privacy, gli occhi mi rivelano il mondo esterno e i miei infiniti spazi interiori sono visibili da chiunque.
Risulta plausibile sostenere che i più preserverebbero questo senso rispetto a tutti gli altri, preferendo questi due globi nel teschio agli infiniti occhi presenti nel corpo; alcuni ciechi hanno vissuto conquistando la saggezza, privi del tatto sarebbero diventati come tronchi d’albero. L’occhio è un architetto di mondi, in competizione col reale per decidere quale sia la vera realtà.
Cosa fanno gli occhi durante il sonno, si muovono continuamente come spettatori di teatro, sono dei genitali della percezione che hanno appena instaurato la loro tirannia, usurpando l’autorità degli altri sensi e riducendo il corpo a uno stelo, ad un sostegno dei loro giri. Ho creato io la luce dei miei occhi? Oppure è la luce del mondo? Qualunque persona può essere utile al salvataggio della luce e dovunque c’è un’aspettativa per le mie parole.
La realtà del tuo seno nudo, la tua nudità è una pozza per abbeverarsi: ho guardato dove non avrei dovuto guardare e ci siamo dati all’arte della civilizzazione. Sei fatta di luce o di pelle? La tua immagine non è reale nell’occhio, tuttavia si intarsia nella punta delle dita.
I miei occhi sono sorti dalla luce, per la luce, verso la luce, accanto ad organi indistinti e dentro superfici che evolvono la loro forma unica. Il pesce è modellato dall’acqua, l’uccello dall’aria, il verme dalla terra. I miei occhi sono modellati dal fuoco e dal ghiaccio. E così, nell’opacità assisto al sacrificio della forma in luce, e allo stesso modo nella brillantezza - assisto - al sacrificio della luce in forma.
Se io non avessi perso parecchie delle note che ho scritto nella mia mente e nei miei taccuini non avrei mai scritto nulla: se non mi fossi sbarazzato di me stesso, dei miei accumuli di cose lette ed ascoltUn cane mi ha consegnato la posta, oltre le valli, di là dalle colline, attraversando sentieri sconnessi e ardui; è arrivato fino a qui perché ha scoperto molti visi umani piccoli e piatti in alabastro bianco e nero, senza naso, bocca, orecchie, ma con occhi dipinti e incisi con una notevole accuratezza, offrendo questi ultimi alle divinità del tempio degli occhi. Così, nel tempio, alcune persone hanno raccontato di aver aiutato con i propri sforzi e con le proprie energie le supreme divinità della luce nella raccolta di quei dispersi - e perciò indeboliti - atomi luminosi, per portarli verso l’alto e salvare la luce che ha brillato nel buio sprecando sé stessa e trovandosi nel grave pericolo di venire inghiottita dal nulla. ate, non sarei mai stato libero.