Sa essere tiepido il Sole di inizio primavera e, quando accade, suscita il desiderio di partire per incontrare paesaggi profumati di fiori che la Natura dischiude come in un rito odoroso.
Sento le parole festose che si librano tra l’azzurrino del miosotis e il giallo del tarassaco, mentre il verde tappeto erboso si stende a raccogliere il bianco oro delle margherite e le sfumature delle violette.
Ci sfiora il desiderio di altre strade, di altre attese, una dolcezza dimenticata ci tocca l’anima: è questo l’oggi che dobbiamo imparare a vivere.
Il dire come lo scrivere hanno bisogno di spogliarsi dalle frasi nebbiose ed accartocciate davanti al fuoco acceso per lasciarsi andare fino a cieli limpidi, forieri di luce che allontana l’oscurità delle tempeste e si accende di raggi che rischiarano il giorno accarezzato dalle ali velate delle farfalle.
Si sta fermi, circondati da questa meraviglia e pare che il respiro gelido che abbiamo sentito nel nostro cuore e sul nostro viso si faccia fiato creatore per dare nuova vita alle cose, per sfiorare l’esistenza che si ripete come per incanto ad ogni sbocciare di magici semi.
Si cammina come incontrando il suolo in una nuova veste, ad iniziare un viaggio che non ritorna mai indietro ma si lascia vivere per tutto il tempo che Madre Natura gli dona.
Si procede come guidati da un misterioso destino che ci suggerisce altre parole, altre voci.
Si ascolta in una esperienza di percezione che diventa anche un atto di umiltà: ti devi arrendere alla bellezza, devi accogliere la meraviglia, odorare il profumo dell’essere.
Devi respirare e basta, devi ringraziare perché ancora una volta ti è concesso di frequentare la visione dell’impossibile, il miracolo di nascere dalla morte, di ascoltare il suono del silenzio.
L’ascolto ha una forte potenza simbolica che favorisce il manifestarsi di sconosciute visioni, e allora il desiderio di immergersi nella potenza dell’universo che ci circonda diviene realtà come se le parole pronunciassero immagini rituali che ci riportano al mistero e alla possibilità di vedere la felicità.
Lascio che le visioni scorrano davanti agli occhi del cuore, che si spalanchino: la memoria rimanda immagini che si offrono allo sguardo catturato dalla luce e dalla bellezza.
Riaffiorano ricordi lontani, dimenticati.
Ascolto il suono dell’acqua che con moto leggero torna e ritorna a lambire la sabbia: è un mare quieto e sento la calma della sua voce quando scivola sulla riva, sempre diverso e sempre in moto
Le parole fluttuano e risuonano nel grande silenzio originario che vibra delle sillabe prime.
Sono suoni ancestrali: il vento, il tuono, gli animali, la pioggia.
Ogni corpo, ogni creatura torna a vivere.
Quando le parole e i pensieri mi incoraggiano mi piace ascoltare le visioni, sentirne la voce, accoglierne la magica atmosfera come di vecchie fiabe.
Entro nel giardino segreto dove le donne respirano l’aroma dei gelsomini, ascolto le loro confidenze scambiate in una intimità che è sussurro, che è silenzio accogliente. Sento il suono giocoso delle fanciulle che passeggiano e ridono cercando di scansare l’acqua che vorrebbe bagnare i loro piedi e le loro vesti chiare: la prima volta che il Sole si fa sentire dopo le brevi giornate d’inverno.
È una percezione d’armonia, la pienezza di un momento felice, di accordo con la natura semplice delle cose, con la capacità di lasciarsi scorrere.
Proprio mentre mi lascio prendere dall’ascolto di queste piacevolissime visioni ecco arrivarmi una “lettera” del tutto inaspettata e proprio per questo emozionante. La mia cara amica Danuta Trzaskowska che da anni si muove tra l’India, l’Italia e la Polonia, le sue tre Terre del cuore, mi ha inviato un delizioso racconto che mi ha fatto tornare alla memoria le belle lettere che ci si spedivano tra amiche lontane: appunti di viaggio che alimentavano la curiosità e contenevano quella dolcezza di ricordi e di emozioni, quella ricchezza di parole e sensazioni che abbiamo perduto. Mi è parsa una coincidenza importante, un evento collettivo che pare di buon auspicio per ritrovare la gioia di inviare e ricevere testimonianze dall’anima antica, ancora capaci di affidare alle parole la loro potenza immaginifica.
Cento passi sul tetto
In tutta l’India i tetti sono piatti e spaziosi. Offrono uno spazio vitale in più. Dopo le dieci il mio tetto diventa una padella, ma dall'alba è avvolto dall'ombra fresca di alberi altissimi che crescono intorno. Così alti che superano la casa di almeno tre volte. Sono per lo più palme, gravide sotto le loro chiome di enormi noci di cocco, che devono essere ispezionate regolarmente. Non senza motivo. La causa più comune di morte nel Kerala è essere colpiti alla testa da una noce di cocco che cade...Beh, sì. Di tanto in tanto arriva quindi uno specialista dell'arrampicata e, con l'aiuto di un cerchietto intrecciato dalle foglie di palma, sale in cima per buttare giù le noci di cocco mature.
È un momento di gioia per tutti ma soprattutto per i bambini perché ricevono in regalo una noce e possono bere subito il suo nettare fresco. Oltre alle palme ci sono altri alberi strani, con grandi foglie rotonde, che il sole bruciacchia rapidamente. Cadono quindi con un leggero rumore danzando nell'aria.
Quando salgo sul tetto mentre il cielo si fa sempre più pallido, tutto è ancora tranquillo, ma dopo un po' nuvole di corvi iniziano a inseguire scoiattoli striati facendo un gran rumore e confusione. A loro si aggiungono presto galline e galli ed un cagnolino dei vicini legato ad una cuccia, che piagnucola pietosamente per riconquistare la sua libertà. A volte ci riesce. Ora c'è anche un vitellino con un suo triste... Muu…
Ogni tanto arriva il caratteristico richiamo delle due scimmie che passano di qui oppure lo strillare dei pavoni.
Camminare sul tetto è un'idea del mio autista...In diagonale dieci volte dieci, e poi di nuovo in diagonale. Così semplice. E quanto salutare.
Certo, sarebbe meglio camminare sulla spiaggia, ma è a quindici minuti di cammino mentre il tetto è, per così dire, "a portata di mano".
A volte i figli piccoli dei miei vicini salgono sul tetto per aiutare la madre a stendere il bucato che non finisce mai. In famiglia sono in cinque e la madre non esce quasi mai di casa, ma quando Igor, mio figlio, se n'è andato e io sono rimasta sola, si è subito offerta di aiutarmi se avessi bisogno di qualcosa.
A volte mi chiede se può raccogliere i piccoli frutti rossi dalla forma strana che ricoprono l'albero tra di noi. Sono terribilmente aspri, ma mi hanno detto che sono una bomba di vitamina C e che la gente del posto ne fa gustosissimi pichels.
Io mi limito al minimo. A volte cucino, a volte vado al Centro per mangiare con i clienti. A volte mi preparo una colazione a base di mousse di papaya biologica che cresce nel mio giardino, con noci e polpa di curcuma cosparsa di cannella dalle coltivazioni della mia amica Olga. O altri prodotti salutari. Altre volte vado da Sastra. È un ristorante locale a conduzione familiare in cui mangiano soprattutto uomini. Il locale non fa una buona impressione perché è appiccicoso per la sporcizia accumulata ma io tempro il mio sistema immunitario. Vi si cucinano tipici piatti della colazione keralese. Spaghettini di riso o tubi scuri di pasta di raghi, un cereale che non esiste in Europa. Vengono poi conditi con una salsa di cocco diabolicamente piccante oppure sambar, verdure e spezie stracotte, anch'esse naturalmente piccanti.
Il caffè è eccellente. Il nostro cappuccino italiano non regge il confronto. Mi guardano sempre con simpatia, quindi l’uomo del caffe mi porta con orgoglio un bicchiere pulito con cura con uno straccio grigio e riempito di liquido aromatico con schiuma cosparsa con polvere di cacao. Per una colazione del genere in media pago 40 rupie che equivalgono a 50 centesimi.
E siamo tutti contenti.
A volte mi parlano, ma raramente perché qui sono tutti impegnati. Arrivano in moto, mangiano e scappano via. Quindi rispettano il mio tempo e si limitano a un sorriso amichevole.
Dopo la colazione, torno al computer ed osservo le gocce di sudore perlaceo che iniziano a comparire sul mio avambraccio bruciacchiato dal sole.
La temperatura percepita oggi è di 38/39 gradi.
È ora di iniziare a camminare sulla spiaggia e lasciare il tetto per la prossima stagione.
100 passi sulla sabbia soffice lungo l'oceano smeraldo. Questo sì che sarà qualcosa!
(Danuta Trzaskowska. Chowara, Febbraio 2024)