Recentemente ho letto un articolo su una scoperta eccezionale fatta da un team di studiosi in una caverna delle impenetrabili foreste del Borneo indonesiano, è stata ritrovata infatti la più antica espressione artistica umana, un toro rosso di un metro e mezzo di larghezza dipinto circa 40.000 anni fa. Nella grotta sono presenti anche delle impronte di mani in ocra rossa e arancione, oltre ad altre pitture rupestri raffiguranti scene di vita umana. In quel periodo i primi Homo sapiens arrivarono in Europa.
Maxime Aubert, archeologo e geochimico della Griffith University di Brisbane, Australia, uno degli autori dello studio pubblicato sulla rivista Nature, in merito al significato del toro ha detto:
Pensiamo che per loro non rappresentasse solo cibo ma qualcosa di speciale.
E infatti il toro è un animale sacro che ricorre spesso nei miti antichi e nelle religioni induista, persiana, ellenistica e infine romana.
Nel mitraismo, l’antica religione misterica basata sul culto di Mitra (termine che significa patto, amicizia), si narra che Mitra, obbedendo ad un ordine del Sole, uccise controvoglia un toro infuocato affondando il coltello nel collo.
Ma Ahriman, spirito maligno, volendo contrastare il sacrificio, mandò contro il toro le sue creature immonde per avvelenarlo: la formica, il serpente e lo scorpione che lo punse nei testicoli per divorarli. Ahriman però non considerò l’effetto taumaturgico della saliva del cane, simbolo delle forze benefiche, che leccando le ferite inferte al toro riuscì a salvarlo.
I suddetti animali richiamano le costellazioni che si trovavano nell’antica ‘era del Toro’ sull'equatore celeste, nei pressi della costellazione del Toro, quando durante l'equinozio di primavera il Sole era proprio nella costellazione del Toro che comprende gli ammassi stellari delle Iadi e delle Pleiadi e la cui stella principale e luminosa è Aldebaran (Alfa Tauri), l’occhio del toro.
Così il toro generò dal suo corpo le erbe e le piante curative, dal suo midollo spuntò sulla coda in forma di spiga il grano, dal suo sangue nacque la vite e dal seme gli animali domestici.
Il dio Mitra, compiuta la missione creatrice, suggellò l’amicizia con il Sole con un banchetto all’interno della Caverna Cosmica, spartendosi con lui la carne del toro, primigenio modello dei pasti rituali dove i fedeli, con indosso delle maschere che indicavano i 7 gradi iniziatici, servivano il capo della confraternita.
Nella religione mitraica greco-romana la Tauroctonia è quindi l'uccisione rituale di un toro, mentre il Taurobolio era il rito di sacrificare un toro come offerta a Cibele, la Grande Madre degli Dei.
Secondo il culto mitraico la vita cosmica è quindi caratterizzata dall’eterna lotta tra le forze del bene guidate da Mitra e quelle del male guidate da Ahriman o Arimane che, secondo Rudof Steiner, agisce sulle percezioni, sulle sensazioni e quindi sui sensi dell’uomo, occultandone la percezione delle forze spirituali che sono responsabili dei fenomeni naturali che l’uomo originariamente percepiva perfettamente. Steiner distingue Arimane da Lucifero che opera invece celando nell’uomo le sue facoltà spirituali che gli permetterebbero di avere coscienza della propria anima.
Il mito racconta anche che un toro avrebbe annunciato l’Apocalisse e Mitra sarebbe nuovamente disceso sulla terra per separare i buoni dai malvagi, immolando il toro sacro. Successivamente avrebbe offerto ai giusti la bevanda di immortalità haoma, ottenuta mescolando il grasso del toro con il vino, garantendo così la resurrezione dei corpi. Sorte diversa per i malvagi e per l’armata di Ahriman, sarebbero stati annientati dal fuoco caduto dal cielo, da quel momento il cosmo avrebbe goduto di una felicità perfetta.
Nel mitraismo la tauroctonia è in sostanza l'allegoria della creazione mediante il sacrificio. Mitra, il sacrificatore, e il toro, il sacrificato, attuano così la loro opera.
Anche in epoca ellenistica il dio solare Mitra, collocato nel cerchio equinoziale, è considerato kosmokrátor ovvero signore e animatore del cosmo, funzione simboleggiata da una sfera che il dio tiene in mano; ma funge anche da mediatore cosmico tra i due principi luce-tenebra simboleggiati dai sei mesi in cui prevale la luce e dai sei dove la notte è più lunga del giorno. I riferimenti a Hermes-Mercurio sono evidenti.
E il toro è anche il simbolo del dio babilonese Marduk, dal sumero amar utu.k – vitello del sole, divinità polioftalmica dai 4 occhi che possedeva facoltà magiche, presiedeva agli esorcismi e decideva i destini degli uomini.
Nella religione induista Shiva cavalca un toro bianco, simbolo di purezza, chiamato Nandi e le cui quattro zampe rappresentano la Verità, la Rettitudine, la Pace e l'Amore.
Il culto del toro si è sviluppato anche in Sardegna, a partire dal Neolitico sino all’Età del Bronzo, infatti sono presenti delle incisioni rupestri di questo animale sacro ad opera del popolo prenuragico all’interno delle domus de janas. Le circa ottocento tombe dei giganti, risalenti alla civiltà nuragica, hanno la forma della testa del toro.
Nell’antica civiltà sumera si narra l’epopea di Gilgamesh che uccide assieme a Enkidu il Gran Toro celeste, considerato come simbolo lunare, le corna del toro infatti richiamano la luna crescente.
Nell’antica religione della Dea la testa del toro, con la sua sorprendente somiglianza all’utero e alle tube di Falloppio, rappresentava la rigenerazione, così come asserito da Maria Gimbutas e chiaramente le donne dell’antichità lo sapevano ancor prima degli studi sull’anatomia umana. Ma non solo, la Gimbutas distingue tra questo significato profondo centrale nel culto della Dea e il toro indoeuropeo di epoca più tarda percepito come dio del tuono, basta pensare al mito di Zeus che, in forma di toro, violentò Europa e anche tutte le donne che incontrava, sia mortali che divine. E il toro è un simbolo centrale della civiltà minoica e del palazzo di Cnosso affrescato con dipinti che raffigurano la Taurocatapsia ovvero il salto del toro, un rituale in cui i giovani partecipanti, sia uomini che donne, dovevano riuscire a saltare il toro prendendolo per le corna.
Come nel mito greco del Minotauro imprigionato nel labirinto. Teseo dapprima cattura il toro sacro che viveva tranquillamente nella pianura poco distante da Maratona, poi deve affrontare il Toro di Minosse o Minotauro, un uomo con la testa di toro nato dall’amore della regina di Creta per un toro e che viene rinchiuso nel labirinto fatto costruire dal re per nascondere la vergogna. Il frutto della colpa crebbe come un selvaggio, solo e impossibile da addomesticare e che divorava i sacrifici umani inviati nel suo labirinto. Sappiamo poi che Teseo, grazie all’aiuto di Arianna, trafisse a morte il Minotauro.
Nel pantheon egizio è presente anche il toro, adorato con il nome di Apis, considerato l’incarnazione del dio creatore Ptah e venerato a Menfi, ogni reincarnazione di Apis avveniva alla morte del vecchio animale, dando origine a una genealogia di tori sacri. Il toro sacro viveva all’interno del tempio a lui dedicato e alla sua morte veniva imbalsamato e conservato in un sarcofago.
È degno di nota il fatto che la parola Ka in egizio indica sia il toro che un concetto complesso. Il Ka è il doppio energetico connesso con la persona e proviene dagli antenati, è l’energia donata dagli avi e si può incontrare solo dopo la morte o attraverso l’iniziazione ai misteri egizia. Solo il faraone possedeva il Ka di tutto il popolo egizio e poteva interagire con esso. Anche Dioniso, come l’egizio Osiride, dio della resurrezione, assume la forma taurina e in un mito arcaico viene macellato e divorato dai Titani.
Il toro, animale sacrificale il cui sangue aveva un valore espiatorio, era quindi un simbolo associato alla fertilità, alla Luna, alla rinascita e alla salvezza.
Diviene poi un simbolo del Cristo, sacrificatosi per la redenzione dell’uomo. Nella Bibbia è descritto l’episodio del vitello d’oro dell’Esodo. Il popolo ebraico, aspettando il ritorno di Mosè dal Monte Sinai dove avrebbe ricevuto le tavole dei Dieci comandamenti da Dio, spinge Aronne a costruire un toro dorato da idolatrare che viene poi distrutto dall’infuriato Mosè.
Concludendo il toro, già venerato nel culto della Dea Madre come simbolo di fertilità, fecondità, è l’istinto primordiale, la potenza travolgente dell’inconscio e il mistero della notte, della luce argentea lunare, è il mediatore tra la terra e le divinità celesti. L’adorazione del Toro è l’adorazione di Venere che nella Cabala è Netzach, il settimo Sephirah dell'Albero della Vita che simboleggia la bellezza e l’intelligenza occulta. Riprendendo il concetto del Ka egizio esso contiene una parte non illuminata, una materia oscura, nera, che deve essere soluta affinché non rimanga nulla di inintelligibile.
Il dio egizio Apis infatti è un toro nero con delle macchie bianche, proprio in riferimento a tale processo alchemico.
Immagino quella grotta e quegli uomini intenti a raffigurare il toro, chissà cosa pensavano ma di certo stavano fissando sulla roccia un archetipo, una fusione di Sole e Luna, di femminile e maschile, di forza fecondante e di utero fecondato, l’eterno ciclo che viviamo anche noi… esseri umani ‘moderni’ ma così antichi, alla ricerca di quella fusione interiore verso l’unità.