La sacralità del luogo è riconoscibile dà segni che, se anche permeabili, incutono un senso di rispetto e contraddistinguono il luogo in cui si incontra la comunità, il luogo dello spazio in cui si compie il 'sacrificio', il 'rendere sacro'.

Un tempo, passando davanti al Parlamento, nel cuore di Roma, anche i più disincantati subivano l'impatto dell'imponenza degli edifici e di come, al loro interno, tutto fosse scandito da codici di comportamento immutabili, che gli anni non scalfivano poiché quei luoghi erano il tempio dello Stato e, in tempi più recenti, della Repubblica.

Ma, come dicono i francesi (che saranno pure antipatici, perché guardano tutti dall'alto in basso, ma che qualche volta ci azzeccano), tout casse, tout passe, tout lass, che significa semplicemente che “tutto si rompe, tutto passa, tutto ci lascia”. Questo vale anche per le regole e le tradizioni. Quindi, perché meravigliarsi, se solo ci si ferma per qualche minuto davanti agli ingressi di Palazzo Madama e Montecitorio, se si vedono entrare onorevoli e senatori/senatrici abbigliati, specialmente in estate, come se fossero reduci da una spiaggia o, una volta conclusa la seduta, aspettassero solo di arrivare al mare, senza cambiarsi?

La cravatta è ormai un optional, mentre mocassini indossati senza calzini, zatteroni, infradito e altre evoluzioni dell'abbigliamento sono all'ordine del giorno. Si dirà che a conseguenza dell'evoluzione dei costumi, ma andare in un'aula tutta stucchi e velluti, per prendere decisioni da cui possono dipendere le esistenze, le abitudini, i desideri e le speranza di migliaia e migliaia di persone vestiti come per entrare in un lido è sconcertante.

Qui non si tratta di essere bacchettoni o esasperatamente legati alle tradizioni, solo che vestirsi per come il luogo ispira dovrebbe essere un imperativo. E ci fermiamo a questo, perché questo Senato, questa Camera ci hanno abituato a ben altro, dai cappi alle fette di mortadella, agli striscioni, persino alle aggressioni, che pensavamo essere elemento di altre ''democrazie''.

Ma il parlamento, da potenziale bivacco di camicie nere, nei decenni è diventato qualcosa su cui, forse, occorrerebbe fare delle riflessioni, perché, se non sempre la forma è sostanza, almeno un po' di rispetto del decoro non sarebbe male.

Ma ora, come la Marianna, anziché impugnare il tricolore di Francia, il presidente del Senato, Ignazio La Russa, sta per fare la sua piccola rivoluzione, aprendo le porte di Palazzo Madama agli animali domestici. Cioè, per evitare d'essere fraintesi, consentendo a senatori e senatrici, che non ce la fanno a separarsi dai loro amici non umani durante i lavori parlamentari, di portali in un luogo che è la prima Camera della Repubblica, deputata ad assumere decisioni importantissime, premendo il tasto del “sì” o del “no”.

Per ora è una idea, ma, dopo averla annunciata ed avere incassato il plauso degli animalisti, La Russa ben difficilmente potrà fare un passo indietro, anche se le insidie sono dietro l'angolo. Perché qualcuno dovrà fare pure un elenco degli animali considerato domestici, cosa che certo scontenterà. Non scomodando l'onorevole Cicciolina, al secolo Ilona Staller, che aveva per casa e sul palcoscenico Pito Pito, un boa entrato ormai nella mitologia dell'hard, tra gli inquilini di Palazzo Madama ci sarà qualcuno che ama gli animali al punto da fare assurgere al ramo di domestici fiere o altro. Animali che, se abbiamo capito bene, dovrebbero essere parcheggiati in qualche area del Senato in attesa della conclusione dei lavori d'aula o delle commissioni nei quali sono impegnati i loro padroni.

Il che, tradotto in termini banali, significa che il Senato dovrà dotarsi, oltre che di un'area specifica, di altro personale addetto a cibare gli animali e, andando terra terra, ad evitare che producano suoni o, peggio, cattivi odori.

La chiudiamo qui, sperando che chi ha avuto la pazienza di leggerci abbia capito che abbiamo voluto trattare con ironia un tema al quale pensavamo mai di doverci interessare.

Sarebbe comunque bello sapere come voteranno in aula senatori, amanti svisceratamente degli animali che hanno in casa o in giardino, quando si tratterà di decidere, con una legge, la sorte di lavoratori che vivono a cavallo della soglia di povertà oppure di quei disperati che cercano di trovare da noi un asilo, che gli viene legato per motivi elettorali e non per altro.

"Umanità vo cercando", direbbe il colto. Noi ci accontenteremmo che lo stesso amore che nutrono quotidianamente per gli animali, i nostri legislatori lo riservassero agli uomini.

Sono considerati animali da compagnia quelli tenuti in casa per l'interesse che suscitano o per compagnia. Si tratta di cani, gatti, furetti, roditori, conigli e molti altri animali da compagnia, tra cui uccelli e pesci ornamentali, serpenti, tartarughe, pappagalli, ma anche rapaci, piccioni e quaglie.