Delegati mancanti, richieste irrisolte e violenze in aumento complicano i colloqui per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. La comunità internazionale esorta a una soluzione urgente mentre le vittime e la crisi umanitaria persistono.

Le trattative per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi israeliani sono in corso al Cairo, in Egitto, con la partecipazione delle delegazioni del Qatar, degli Stati Uniti e dei rappresentanti di Hamas. Tuttavia, nonostante gli sforzi, l'obiettivo di una tregua sembra allontanarsi, aprendo un nuovo ciclo di negoziati che si auspica porti a un accordo prima dell'inizio del mese di Ramadan, fissato per il 10 marzo.

Attualmente, le delegazioni di Qatar e Stati Uniti, insieme ai rappresentanti di Hamas, sono presenti al Cairo. La partecipazione di una delegazione israeliana rimane incerta, poiché, secondo fonti egiziane, avrebbe richiesto un elenco completo degli ostaggi ancora vivi nella Striscia di Gaza per partecipare ai colloqui.

Hamas non ha ancora fornito una risposta formale alla proposta avanzata a gennaio da Qatar, Stati Uniti ed Egitto, unitamente ai negoziatori israeliani. Tale proposta prevede, in una fase iniziale, una pausa di sei settimane nei combattimenti e il rilascio di 42 ostaggi in cambio di palestinesi detenuti in Israele.

Fonti all'interno di Hamas hanno comunicato alla stampa araba che la possibilità di una tregua potrebbe concretizzarsi entro le "24-48 ore" successive, ma solo se Israele acconsentisse alle richieste, tra cui il ritorno degli sfollati palestinesi nel nord di Gaza e un aumento degli aiuti umanitari. Un'anonima fonte del movimento islamista ha espresso questa posizione, delineando le condizioni per un potenziale accordo.

Attualmente, Israele stimerebbe che circa 130 ostaggi siano nelle mani di Hamas. I negoziati, ripresi al Cairo dopo segnalati "progressi significativi", si svolgono in un contesto in cui gli attacchi aerei e terrestri israeliani sulla Striscia di Gaza persistono, provocando ulteriori perdite civili e aggravando la già critica situazione umanitaria.

La comunità internazionale, compresi gli Stati Uniti, principale alleato di Israele, ha sollecitato un cessate il fuoco nel conflitto iniziato l'7 ottobre tra Israele e Hamas. La vicepresidente statunitense Kamala Harris ha dichiarato la sua "profonda preoccupazione per le condizioni umanitarie a Gaza" e ha sostenuto un "cessate il fuoco immediato".

Il governo israeliano, sotto la pressione delle crescenti critiche internazionali, ha promesso di annientare Hamas, intensificando la campagna di bombardamenti su Gaza via terra, aria e mare, seguita da un'offensiva terrestre il 27 ottobre. Tale escalation ha causato almeno 30.534 morti, per la maggior parte civili, secondo il ministero della sanità di Gaza, controllato da Hamas.

Di fronte a un crescente numero di vittime civili e a una situazione umanitaria catastrofica, rappresentanti di Egitto, Hamas, Qatar e Stati Uniti hanno ripreso i negoziati al Cairo con l'obiettivo di raggiungere una tregua. Una televisione vicina all'intelligence egiziana ha riferito di "progressi significativi", ma le ultime informazioni indicano che i negoziati, che miravano a una tregua entro il Ramadan, previsto fra 5 giorni, sono falliti.

Il quotidiano britannico Guardian riporta che i delegati israeliani non si sono presentati, e i media israeliani affermano che il boicottaggio da parte dei mediatori israeliani è stato provocato dal mancato fornire da parte di Hamas di un elenco aggiornato degli ostaggi ancora in vita. Hamas, per bocca del leader Bassem Naim, ha contestato questa affermazione, dichiarando che i dettagli sui prigionieri non sono stati menzionati durante i colloqui. In questo contesto, la mancanza di una risoluzione nei colloqui potrebbe ulteriormente complicare una situazione già critica in termini di vittime, carestia e controversie internazionali.

Le richieste di Hamas

Più che nuove richieste, un nuovo ordine di priorità emerge: cessate il fuoco permanente e rilascio dei principali leader dei gruppi palestinesi. Si parla di una dozzina di condannati anche sino a 30 anni di prigione per terrorismo. Su tutti, come un mese fa, spicca il nome di Marwan Barghouti, storico capo della prima Intifada e leader di Al Fatah, partito di Yasser Arafat. La liberazione avverrebbe dopo una settimana dall'inizio del cessate il fuoco. Prima di un secondo rilascio di ostaggi israeliani, dice Hamas, l'esercito di Israele dovrebbe ritirarsi completamente dalla Striscia di Gaza. E qui lo scontro con Netanyahu si riaccenderà se è vero che da giorni il premier dice: Israele terrà sotto controllo l'intera striscia a tempo indeterminato. Un ostacolo dunque difficile da superare.

Il viaggio di Gantz

Benny Gantz, ex capo di Stato Maggiore a Gerusalemme, in viaggio senza permesso del suo premier prima in America e poi in Gran Bretagna, ha presentato il suo piano per la crisi: il dopo guerra dovrà vedere la nascita di un'amministrazione internazionale chiamata a controllare la Striscia e a ridare uno straccio di terra a oltre due milioni tra sfollati e senza dimora. Il ministro degli Esteri di Londra David Cameron ha però avvisato lo stesso Gantz: la pazienza britannica è agli sgoccioli con riferimento anzitutto alla crisi umanitaria in corso a causa della guerra scatenatasi dopo il 7 ottobre.

Le violenze di Hamas

Resta in primo piano anche la vicenda degli stupri e delle violenze che Hamas avrebbe compiuto anzitutto su donne, ma anche su uomini, donne anziane e bambini: lo scrive in un rapporto Pramila Patten, rappresentante Onu per le violenze sessuali.