Sto leggendo il libro Le armi della persuasione di Robert Cialdini, un “must have” per chiunque voglia occuparsi di comunicazione o prendere più consapevolezza su tutto quello a cui siamo sottoposti ogni giorno: pubblicità, venditori, imbonitori vari.
Cialdini suddivide le armi della persuasione in 6 punti chiave:
Reciprocità, simpatia, riprova sociale, autorità, scarsità, coerenza.
Nel capitolo relativo alla simpatia, Cialdini spiega di come tendiamo a essere attratti da persone simili a noi, sia a livello estetico che di interessi. Inoltre, siamo più ben disposti nei confronti delle persone che frequentiamo di più, perché diventano familiari, per esempio più saremo sottoposti a dei banner pubblicitari raffiguranti dei volti, più saremo propensi a essere attratti da quei volti.
I canoni della bellezza sono stati manipolati negli anni attraverso la pubblicità, proponendo modelli che variano nel tempo (vedi modelle sottopeso negli anni ‘90 e comparale con i canoni di bellezza femminile degli anni ‘50).
Un aspetto molto interessante, relativo alla leva della simpatia, riguarda i gruppi etnici e la loro convivenza nella società. Proprio per il principio secondo il quale siamo più ben disposti verso le persone che frequentiamo di più, si pensa che la scuola sia il luogo migliore per creare integrazione tra i vari gruppi etnici presenti in un determinato paese. Esponendo diversi gruppi etnici a un contatto quotidiano, applicando la regola della simpatia si dovrebbe ottenere una perfetta integrazione, giusto? In realtà si ottiene esattamente l’effetto opposto, i gruppi tendono a isolarsi e a formare delle fazioni.
Il motivo è semplice: la scuola, così come è concepita, è un ambiente competitivo in cui gli alunni ogni giorno vengono sottoposti a delle valutazioni, ammonizioni o encomi. Ricevere un apprezzamento o un’ammonizione da parte dell’insegnante, genera inevitabilmente una sensazione positiva o negativa, che si ripercuote sulle dinamiche del gruppo. Lo studente che vedrà un altro studente valorizzato e premiato, spesso maturerà un senso di frustrazione verso il suo compagno di classe, che non farà altro che enfatizzare le differenze percepite tra le varie etnie.
Viene quindi dimostrato che la convivenza tra persone diverse in un ambiente frustrante e competitivo, non fa altro che aumentare l’ostilità verso la diversità. La soluzione a questo problema si trova nell’”apprendimento cooperativo”, ovvero creando dei contesti in cui la cooperazione tra i vari gruppi etnici diventa essenziale per il bene di entrambi.
Questo non vale solo per gruppi appartenenti a diverse etnie, ma anche per studenti di classi diverse, per esempio. In questi casi, sviluppando una cooperazione obbligata, i componenti dei vari gruppi riescono a interagire tra loro, conoscere meglio gli altri e cominciando, finalmente, ad apprezzarli.
Per esempio: in una situazione di emergenza, come un pulmino in panne, è necessario che tutti gli studenti contribuiscano a spingere per farlo ripartire. Il risultato positivo sarà gratificante per tutti i partecipanti, e si creerà un senso di unità e partecipazione, e una percezione positiva verso i propri compagni.
Dopo queste considerazioni, non si può che portare la riflessione a un livello più ampio.
Per esempio, diventa immediatamente logico accettare che in un momento di crisi economica si inaspriscano le ostilità tra italiani e immigrati, in quanto viene enfatizzata la percezione di stare competendo per la suddivisione delle risorse del paese. Una frase come “ci rubano il lavoro” avrebbe meno impatto se ci fosse lavoro per tutti e un tasso di disoccupazione molto basso, mentre diventa un vero e proprio manifesto politico nel momento in cui il livello di disoccupazione è ai massimi storici, per esempio.
Mi è capitato molte volte di sentire la frase “a noi italiani ci fanno fare la fame, gli stranieri prendono i sussidi dello Stato”. Sulla fondatezza o meno di questa frase non mi esprimo, anche perché non è mai semplice spiegare a qualcuno la spendibilità dei fondi Europei e cosa sono i capitoli di spesa, ma anche questa frase è significativa perché il fatto che qualcuno riceva un aiuto significa inevitabilmente che non lo riceveremo noi.
Noi e loro. Divide et impera.
Forse spingere la popolazione a una cooperazione, volta alla soluzione di problemi comuni, potrebbe portare all’abbattimento di alcuni preconcetti e all’apertura verso nuove culture?
Saremmo disposti a tentare di cooperare per migliorare la situazione del paese?