È pacifico, quasi ovvio, che il rapporto dell’umanità con le risorse idriche abbia subito nel tempo grandi variazioni molte positive, ma altrettante negative per uso scoordinato, irrazionale, con sprechi immotivati e grandi sperequazioni tra le varie aree del pianeta e persino in esse. Un dato di primo impatto, sociologico potremmo dire, è che di acqua si parla in termini problematici soltanto quando la sua disponibilità rischi di ridursi o sia estremamemte critica. Altrimenti come per l’aria che respiriamo sembra quasi che sia un non problema dando per scontato che essa ci sia.
I mutamenti in atto nel mondo sotto il profilo climatico, il radicalizzarsi di fenomeni violenti e imponenti, le risposte che l’ecosistema dà alle attività impattanti dell’agire umano (un daro accertato, non l’unico per non peccare di superbia come genere umano esoprattutto le uniche sulle quali possiamo pensare ragionevolmente di influire in senso positivo) ci stanno ponendo di fronte a scelte sempre più cogenti e critiche e ci interrogano su che cosa intendiamo fare come genere umano per rispettare il pianeta che ci è per così dire affidato per la nostra parte di responsabilità!
La considerazione di apertura nella sua ovvietà potrebbe apparire perfino scontata ma non lo è! L’acqua non è una risorsa infinita ancorché rinnovabile, per certi versi, quindi, il suo uso deve essere sempre più improntato alla saggezza, alla misura, alla compatibilità e reso fruibile a tutte le comunità umane indipendentemente dal proprio grado di capacità di governo del sistema. Spesso si parla di corpo idrico dando plasticamente evidenza alle considerazioni necessarie al suo impiego equilibrato.
Le conoscenze fisiche, morfologiche, geologiche della nostra Terra ci stanno mostrando, in filigrana, che cosa si starebbe verificando nel globo e dove sia possibile per l’umanità inserire la propria azione equilibratrice, laddove sino ad oggi è stata nel migliore dei casi disinvolta se non dissennata. Si pensi alle civiltà del passato, al loro uso delle risorse idriche, al loro possibile immagazzinamento nella saggia consapevolezza dei mutamenti repentini e dannosi possibili ieri come oggi. Con tutte le conoscenze odierne sarebbe opportuno uno sguardo attento a quel passato per trarne indicazioni ancora utili per il futuro.
La realtà è se possiamo dirlo altamente critica. Allo stato attuale dei consumi, degli sprechi e viadicendo, il mondo potrebbe affrontare una carenza idrica globale del 40% entro il 2030, causata dal riscaldamento globale e dall'aumento dei consumi. Due variabili indipendenti tra loro e che solo nel secondo caso potrebbe essere governata.
È questo l’allarme lanciato dal Rapporto Mondiale delle Nazioni unite sullo sviluppo delle risorse idriche, studio aggiornato al 2020, presentato di recente dalla Fondazione UniVerde e dall'Istituto italiano per gli studi delle politiche ambientali, con il supporto dell'Unesco in occasione della Giornata Mondiale della lotta alla desertificazione.
Impietosi i dati. Secondo il rapporto, circa 4 miliardi di persone nel mondo già vivono in condizioni di grave scarsità fisica di acqua per almeno un mese all'anno, a causa dello stress idrico, ed è probabile che i cambiamenti climatici provochino variazioni nella disponibilità stagionale durante tutto l'anno e in diversi luoghi. L'uso globale dell'acqua è aumentato di 6 volte negli ultimi 100 anni e continua a crescere costantemente a un tasso di circa l'1% annuo, per l'aumento della popolazione e il cambiamento dei modelli di produzione e consumo di risorse.
Di fronte a queste esigenze contrastanti, ci sarà poco spazio per aumentare la quantità di acqua utilizzata per l'irrigazione, che attualmente rappresenta il 69% di tutti i prelievi di acqua dolce. Quando la prosperità economica è influenzata da piogge, episodi di siccità e inondazioni – si sottolinea - possono verificarsi ondate di migrazione e picchi di violenza: nel 2017 sono stati registrati 18,8 milioni di nuovi sfollati interni associati a disastri in 135 Paesi e territori.
Ancora, inondazioni ed eventi di pioggia estrema sono aumentati di oltre il 50% in questo decennio e ora si stanno verificando a una velocità quattro volte superiore rispetto al 1980. Altri eventi climatici estremi come tempeste, siccità e ondate di calore sono aumentati di oltre un terzo sempre in questo decennio e vengono registrati due volte più frequentemente. Negli ultimi vent'anni, i due principali disastri legati all'acqua, inondazioni e siccità, hanno causato oltre 166.000 morti, colpito altri tre miliardi di persone e causato un danno economico totale di quasi 700 miliardi di dollari.
La siccità ha rappresentato il 5% dei disastri naturali, colpendo 1,1 miliardi di persone, uccidendone altre 22.000 e causando danni per 100 miliardi di dollari nel ventennio 1995-2015. Nel corso di un decennio, il numero di inondazioni è passato da una media annua di 127 nel 1995 a 171 nel 2004. Donne, bambine e bambini hanno 14 volte più probabilità degli uomini di morire durante un disastro. Sono i titoli degli organi di informazione a creare una sorta di calendario drammatico che ci accompagna. Entro il 2025, 1,8 miliardi di persone dovranno probabilmente affrontare quella che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) chiama “scarsità assoluta di acqua”.
A fronte di ciò, l’Assemblea delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha approvato una risoluzione che invita i Paesi a gestire meglio gli ecosistemi acquatici e a rafforzare la collaborazione in materia di acqua per sostenere lo sviluppo sostenibile. Le soluzioni sono a portata di mano”, ha affermato Leticia Carvalho, coordinatrice principale della sezione Ecosistemi marini e d’acqua dolce del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP). “Ma abbiamo bisogno di un pensiero innovativo, di un maggiore impegno e collaborazione politica e di maggiori finanziamenti, in modo che quando si tratta di acqua, nessuno venga lasciato indietro”. Qualche indicazione utile sempre e non soltanto in occasione dei momenti in cui del problema si parla.
Proteggere e ripristinare gli spazi naturali
Gli ecosistemi che forniscono acqua dolce all’umanità stanno scomparendo a un ritmo allarmante. Le zone umide, le torbiere, i bacini forestali, i laghi, i fiumi e le falde acquifere sono vittime dei cambiamenti climatici, dello sfruttamento eccessivo e dell’inquinamento. Ciò sta compromettendo la loro capacità di fornire acqua alle comunità. Questi spazi naturali devono essere urgentemente protetti e quelli che sono stati degradati devono essere ripristinati su larga scala. I Paesi farebbero bene a sviluppare obiettivi specifici e misurabili per questo lavoro. L’ideale sarebbe inserire questi obiettivi nei piani nazionali per contrastare il cambiamento climatico, proteggere la biodiversità ed evitare la siccità e la desertificazione. Questo lavoro è particolarmente importante per garantire l’approvvigionamento idrico delle città, molte delle quali soffrono di carenza d’acqua.
Usare l’acqua in modo più efficiente, soprattutto per l’agricoltura
L’agricoltura è responsabile di circa il 70% di tutta l’acqua dolce utilizzata a livello globale. L’adozione di metodi di produzione alimentare a risparmio idrico, come la coltura idroponica, l’irrigazione a goccia e l’agroforestazione, può aiutare le riserve idriche ad allungarsi ulteriormente. È utile anche incoraggiare le persone a passare a diete a base vegetale, che in genere richiedono meno acqua di quelle basate sulla carne. La carne bovina, ad esempio, è ritenuta una delle più grandi impronte idriche, in quanto richiede fino a 15.000 litri di acqua per produrre un chilo di carne.
Affrontare le perdite d’acqua
Essere efficienti significa anche ridurre la quantità di acqua persa a causa delle perdite delle infrastrutture comunali e delle tubature degli edifici. Non esistono dati globali sulla quantità di acqua persa in questo modo, ma i numeri nazionali indicano che il totale è enorme. Solo negli Stati Uniti d’America, le perdite domestiche sprecano quasi 1.000 miliardi di galloni d’acqua all’anno.
Sfruttare fonti d’acqua non convenzionali
Man mano che le scorte di acqua di laghi, fiumi e falde acquifere si riducono, i Paesi dovranno essere creativi. Ciò significa sfruttare le risorse idriche sottovalutate, ad esempio trattando e riutilizzando le acque reflue. I Paesi e le comunità possono anche implementare la raccolta dell’acqua piovana, che consiste nel raccogliere e immagazzinare l’acqua da utilizzare nei periodi di siccità. Anche la desalinizzazione dell’acqua salata è un’opzione in alcuni luoghi, se realizzata in modo sostenibile. Con un problema: il processo porta spesso allo scarico di salamoia tossica nell’oceano e all’aumento delle emissioni di gas serra dovute all’energia necessaria per alimentare il processo.
Tracciare la qualità dell’acqua
Spesso l’acqua è abbondante ma troppo inquinata per essere utile per bere, produrre o ricreare. Misurare la qualità dell’acqua può aiutare i politici a dare priorità alle azioni per ripulire le fonti idriche. Questa valutazione può essere integrata da dati satellitari, intelligenza artificiale e persino dalla citizen science. Il Freshwater Ecosystems Explorer dell’UNEP fornisce ai decisori dati sulla qualità dell’acqua, contribuendo a stimolare azioni per la protezione e il ripristino degli ecosistemi d’acqua dolce.
Combinare la gestione intelligente dell’acqua con le politiche sul cambiamento climatico
Il cambiamento climatico sta influenzando i modelli delle precipitazioni, gli habitat acquatici e la disponibilità di acqua di buona qualità. Allo stesso tempo, le torbiere e altri depositi acquatici di carbonio vengono degradati, causando un aumento delle emissioni che riscaldano il pianeta e aggravando il cambiamento climatico. Per gestire questo ciclo di feedback distruttivo, i Paesi devono porre l’accento sulla protezione e sul ripristino dei pozzi di carbonio. Dovrebbero inoltre armonizzare le loro strategie di gestione delle acque con le loro politiche di limitazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
Applicare approcci integrati nel processo decisionale
Le decisioni sull’acqua non possono essere prese nel vuoto. L’acqua è una componente fondamentale in ogni settore, dalla produzione di energia elettrica a quella industriale, fino all’agricoltura. Pertanto, i Paesi devono sviluppare piani d’azione che affrontino l’uso e l’inquinamento dell’acqua in più settori, affrontando quello che gli esperti chiamano il nesso acqua-energia-cibo-ecosistemi. Questo approccio può aiutare i Paesi ad adottare risposte coerenti alle sfide legate all’acqua, massimizzando al contempo aspetti come la produzione di cibo e di energia.
Uno degli obiettivi principali a medio termine è sostenere il raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG): acqua e servizi igienici per tutti entro il 2030.
Una sfida cruciale sulla quale va messo l’accento è che “le crisi delle risorse idriche sono spesso crisi di governance, ma non tutti conoscono il significato di governance dell’acqua o sanno quanto sia importante affrontare le sfide idriche. La governance dell’acqua è un mezzo per gestire le sfide poste da troppa o troppo poca acqua o da un’acqua eccessivamente inquinata e per garantire che le persone in tutto il mondo abbiano un accesso di qualità all’acqua potabile e a servizi igienici sanitari sicuri. Si tratta di un insieme di regole, pratiche e procedure attraverso le quali vengono prese e attuate decisioni per la gestione delle risorse e dei servizi idrici e per le quali i decisori sono considerati responsabili.
Oltre a definire le azioni da intraprendere, la governance delle risorse idriche definisce chi fa cosa, a quale livello di amministrazione, e come occorre intervenire”. E questo perché, si osserva ancora, se l’acqua sta diventando scarsa ciò ha un impatto reale sui mezzi di sostentamento, sul benessere, sulla salute e la sostenibilità delle persone. “Il prezzo dell’inazione è molto più alto rispetto al prezzo dell’azione” ha sottolineato Peter Glas, Presidente dell’Iniziativa OCSE sulla governance dell’acqua.