L’alleanza tra NATO e Unione Europea ha rappresentato per decenni un pilastro della stabilità geopolitica nel continente europeo. Se da un lato questo binomio ha garantito la pace e favorito la cooperazione tra i Paesi membri, dall’altro non si può ignorare l’evidente egemonia esercitata dagli Stati Uniti all’interno dell’Alleanza Atlantica. Tale predominio ha influenzato in modo determinante le scelte strategiche, economiche e militari dell’Europa, spesso relegata a un ruolo di secondo piano rispetto alle decisioni prese a Washington.
Le recenti dichiarazioni di Donald Trump riguardo alla NATO hanno suscitato numerose reazioni negative. Trump ha affermato che i Paesi membri della NATO dovrebbero aumentare le loro spese militari fino al 5% del PIL e ha prospettato che gli Stati Uniti potrebbero non proteggere i Paesi che non rispettano i loro impegni finanziari. Queste affermazioni hanno generato preoccupazione tra i leader mondiali, in particolare europei, che temono che tali richieste possano minare la sicurezza collettiva e favorire gli interessi della Russia.
Le dichiarazioni di Trump sulle tensioni tra israeliani e palestinesi sono state definite da alcuni organi di stampa come "la ricetta per un disastro inimmaginabile". Prima di ipotizzare risposte plausibili a tali dichiarazioni, è fondamentale riflettere seriamente sul ruolo che la NATO ha avuto dalla sua formazione a oggi e sulle principali implicazioni economiche, politiche e di sicurezza che ne sono derivate.
Oltre a fornire brevi riferimenti per comprendere meglio la NATO e il contributo che questa alleanza ha dato alla pace, è importante analizzare l'egemonia che sembra essersi creata da parte degli Stati Uniti sugli altri Paesi aderenti, in particolare sull'Europa.
La NATO e la sua influenza sulla sicurezza europea
L'Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (NATO) è un'alleanza politico-militare fondata il 4 aprile 1949 con la firma del Trattato di Washington1. Attualmente, è costituita da 32 Paesi che hanno dato vita all'Alleanza con l'obiettivo di garantire la sicurezza collettiva contro eventuali minacce, soprattutto nel contesto della Guerra Fredda.
I Paesi europei che non aderiscono alla NATO sono: Austria, Irlanda, Malta e Cipro. L'Austria ha sancito la sua neutralità con il Trattato di Stato austriaco del 1955, una condizione imposta dall'Unione Sovietica per il ritiro delle truppe dal Paese dopo la Seconda guerra mondiale, e non sembra intenzionata ad aderire alla NATO. L'Irlanda ha una tradizione di neutralità militare fin dalla Seconda guerra mondiale, rifiutando di entrare in alleanze militari. Tuttavia, partecipa a missioni di pace dell'ONU e collabora con la NATO in operazioni di sicurezza, pur non intendendo aderire all'Alleanza. Malta ha sancito la sua neutralità nella Costituzione maltese e dal governo laburista dopo l'indipendenza dal Regno Unito nel 1964. Sebbene abbia aderito al programma Partnership for Peace della NATO nel 1995, mantiene una posizione di non allineamento militare.
Cipro si trova in un conflitto irrisolto con la Turchia, membro della NATO, e l'isola è divisa tra la Repubblica di Cipro e la Repubblica Turca di Cipro Nord, riconosciuta solo da Ankara. Nonostante collabori con la NATO, l'adesione di Cipro è ostacolata dalla situazione geopolitica e dalle tensioni con la Turchia.
Al febbraio 2025, la NATO riconosce ufficialmente tre paesi come aspiranti membri: Bosnia ed Erzegovina, Georgia e Ucraina. Questi stati hanno espresso il desiderio di aderire all'Alleanza Atlantica e stanno lavorando per soddisfare i criteri necessari per l'adesione.
Le principali funzioni della NATO includono:
Difesa Collettiva: un attacco contro uno dei membri è considerato un attacco contro tutti.
Gestione delle Crisi: intervenire in situazioni di crisi per prevenire l'escalation del conflitto.
Partnership e Cooperazione: promuovere la cooperazione con paesi non membri per migliorare la sicurezza globale.
Sviluppo delle Capacità: rafforzare le capacità militari dei membri tramite esercitazioni e scambi di conoscenze.
Le azioni della NATO per il mantenimento della pace in Europa si sono basate principalmente sulla dissuasione e la prevenzione dei conflitti, evitando che l'Europa occidentale fosse coinvolta in nuove guerre su larga scala. La NATO ha mantenuto una forte stabilità durante la Guerra Fredda e ha gestito le crisi post-Guerra Fredda, intervenendo in vari conflitti nei Balcani, come in Bosnia-Erzegovina (1995) e in Kosovo (1999), per fermare le guerre civili e le pulizie etniche. Inoltre, ha contribuito all'allargamento e al consolidamento della democrazia, creando una vera cooperazione con l'Unione Europea, in particolare attraverso missioni congiunte in Africa e nel Mediterraneo. La complementarità tra NATO e UE ha rafforzato la sicurezza collettiva, fornendo risposte adeguate a nuove minacce.
Come sarebbe cambiata la storia dal dopoguerra ad oggi senza la NATO?
Il panorama geopolitico europeo e globale avrebbe potuto svilupparsi in modi molto diversi, con alcune potenziali conseguenze elencate di seguito:
Un'Europa più vulnerabile alla minaccia sovietica: senza la NATO, gli Stati Uniti avrebbero avuto un ruolo molto meno incisivo nella sicurezza europea, lasciando i Paesi dell'Europa occidentale più esposti all'influenza dell'URSS. Questo avrebbe potuto portare a una maggiore espansione del blocco sovietico, inglobando altri Paesi oltre a quelli già sotto l'influenza del Patto di Varsavia2. Anche la Germania occidentale, ad esempio, avrebbe potuto subire una crescente pressione per unirsi alla sfera sovietica.
Maggiori tensioni tra Paesi europei: senza la NATO, le tensioni tra Francia e Germania sarebbero probabilmente aumentate, rendendo difficile, se non impossibile, la nascita della Comunità Europea e successivamente dell'Unione Europea.
Maggior rischio di conflitti locali e guerre civili: la mancanza di un'unione tra i diversi Paesi avrebbe potuto incoraggiare l'URSS prima e la Russia dopo a intervenire direttamente in situazioni di instabilità, come avvenuto in Ungheria nel 1956 o in Cecoslovacchia nel 1968.
Un ruolo più autonomo delle Nazioni Unite nella sicurezza europea: senza la NATO, le Nazioni Unite avrebbero assunto un ruolo più forte nella sicurezza europea, ma avrebbero avuto difficoltà a difendere efficacemente l'Europa occidentale.
Maggiore instabilità dopo la Guerra Fredda: l'Europa orientale sarebbe rimasta molto vulnerabile alle mire espansive della Russia, portando a una maggiore instabilità nella regione.
Sulla non adesione dei Paesi del Maghreb Arabo alla NATO
La mancata adesione dei Paesi del Maghreb Arabo alla NATO è una questione rilevante, considerando i buoni rapporti che da decenni esistono tra l'Unione Europea e i principali Paesi della regione: Marocco, Algeria, Tunisia e Libia. Le motivazioni principali sono legate alla complessità della situazione politica e militare del Maghreb e alle politiche di neutralità che questi Paesi vogliono mantenere, forse anche per evitare di essere coinvolti in conflitti. In questi Paesi è forte il desiderio di mantenere la propria indipendenza politica e militare, evitando di legarsi troppo strettamente a un'alleanza militare occidentale come la NATO, per poter soddisfare le loro esigenze di sicurezza aderendo ad altre organizzazioni che meglio si allineano con le loro priorità nazionali.
I Paesi del Maghreb Arabo, infatti, sono coinvolti in diverse alleanze e organizzazioni internazionali, tra cui le più importanti sono:
Unione del Maghreb Arabo (AMU): fondata nel 1989, mira a promuovere la cooperazione economica e politica tra i Paesi del Maghreb, ovvero Algeria, Libia, Marocco, Mauritania e Tunisia.
Lega Araba: un'organizzazione regionale che promuove la cooperazione politica, economica, culturale e sociale tra i Paesi arabi.
Organizzazione dell'Aviazione Civile Araba (AACO): composta da 22 Paesi membri del mondo arabo, inclusi quelli del Maghreb, mira a migliorare la sicurezza e l'efficienza dell'aviazione civile nella regione.
Unione Africana (UA)3 : un'organizzazione continentale composta da 55 Stati membri che rappresentano i Paesi del continente africano, costituita per promuovere l'integrazione e la cooperazione tra i Paesi africani in vari settori, tra cui la pace e la sicurezza, lo sviluppo economico e i diritti umani.
Una forte influenza sul loro rifiuto è probabilmente legata alle operazioni militari della NATO in Paesi vicini, che hanno avuto un impatto significativo sulla regione. Ad esempio, l'intervento militare della NATO in Libia nel 2011, che ha contribuito alla caduta del regime di Muʿammar Gheddafi, è stato visto da alcuni come un'ingerenza negli affari interni della regione.
Anche se il Dialogo Mediterraneo della NATO4 è stato creato per promuovere la sicurezza e la stabilità nella regione, alcuni Paesi del Maghreb potrebbero percepirlo come un tentativo di allineare la regione agli interessi occidentali.
La NATO ha comunque organizzato numerose esercitazioni militari con i Paesi del Maghreb, come il Marocco e la Tunisia, per migliorare l'interoperabilità e le capacità di difesa. Ha collaborato con loro per migliorare la sicurezza marittima nel Mediterraneo, affrontando minacce come il terrorismo e i traffici illeciti da parte di reti criminali internazionali.
La collaborazione è stata anche frutto di interessi diversi tra la NATO e le organizzazioni arabe e africane, consentendo di mettere in atto sforzi di cooperazione e coordinamento tra queste organizzazioni. Ad esempio, la NATO sembra concentrarsi maggiormente sulla lotta al terrorismo e sulla sicurezza delle frontiere, mentre la Lega Araba dà priorità alla sovranità nazionale e all'integrità territoriale dei Paesi membri. Tuttavia, ci sono alcune ragioni per cui queste azioni possono essere percepite come intrusive o problematiche. La percezione di ingerenza per interventi militari senza il consenso e il coinvolgimento del governo locale o azioni unilaterali può essere vista come una violazione della sovranità. Anche se si potrebbe sospettare che le vere motivazioni siano geopolitiche, economiche o strategiche, piuttosto che puramente legate alla sicurezza.
Infine, una causa di dissenso potrebbe essere la paura di effetti collaterali, come danni alle infrastrutture civili, perdite umane e dislocamento di popolazioni, che possono alimentare sentimenti di risentimento e percezioni negative.
All'interno della NATO, esistono forti criticità nei rapporti tra gli Stati Uniti e la quasi totalità degli altri Paesi, soprattutto con l'Unione Europea. In particolare, viene fortemente criticato il rapporto di egemonia degli USA, evidenziato come una campanella d'allarme. Pertanto, è obbligatorio porsi alcune domande in merito.
Esiste un'egemonia americana sull'UE tramite la NATO?
A mio avviso, sembra esistere un’egemonia culturale americana che tende a definire l'Occidente secondo parametri propri degli Stati Uniti. La questione dell'egemonia americana è complessa e ha suscitato molte discussioni negli ultimi decenni. Dopo la fine della Guerra Fredda, gli Stati Uniti sono emersi come la superpotenza mondiale, cercando di promuovere un ordine internazionale basato sui valori democratici e capitalisti occidentali. Questo sforzo si è manifestato attraverso vari interventi militari e diplomatici in diverse regioni del mondo, come si può leggere in questi articoli: Perché gli interventi militari Usa sono aumentati dopo la guerra fredda e La crisi dei rapporti tra Usa e UE post guerra fredda.
Gli Stati Uniti hanno spesso giustificato questi interventi come necessari per sostenere la democrazia, i diritti umani e la stabilità economica. Ad esempio, l'intervento in Iraq nel 2003 è stato presentato come un tentativo di rovesciare un regime dittatoriale e instaurare una democrazia. Tuttavia, questo intervento, insieme a quello in Afghanistan, è stato visto come un tentativo di stabilire un ordine internazionale allineato agli interessi americani.
Gli USA hanno sostenuto l'espansione della NATO e l'integrazione dei paesi dell'Europa dell'Est nell'Unione Europea, promuovendo così i valori democratici e capitalisti in queste regioni. Questo ha avuto un impatto significativo sulle relazioni internazionali e sulla geopolitica globale, sollevando critiche e controversie riguardo alla legittimità e agli effetti di tali interventi.
Non è una novità che gli Stati Uniti abbiano spesso cercato di influenzare le politiche estere di altri paesi, promuovendo democrazia e libero mercato attraverso canali di informazione, piattaforme digitali, cinema e letteratura, fortemente influenzati da una prospettiva americana.
Attraverso strumenti come il dollaro, le sanzioni economiche, le alleanze NATO e l’influenza sulle istituzioni internazionali (ONU, FMI, Banca Mondiale), gli Stati Uniti guidano il mondo occidentale, rendendo difficile per gli altri paesi occidentali sviluppare una visione autonoma.
Anche l'Europa, sebbene abbia una sua tradizione culturale, filosofica e politica, spesso si trova a dover seguire la linea americana, specialmente in ambito geopolitico, come si è visto nelle politiche verso la Russia, la Cina e il Medio Oriente.
Mentre l’Occidente, in origine, era un concetto più ampio e variegato, che comprendeva l’eredità greco-romana, il cristianesimo, il Rinascimento e l’Illuminismo, oggi la sua identità sembra sempre più appiattita su una versione "americanizzata", con un'enfasi su individualismo, consumismo e cultura pop.
Nonostante i grandi benefici derivati da azioni che hanno fortemente contribuito alla pace tra i popoli sin dal dopoguerra, bisogna ammettere che l’Unione Europea, a parere dell'autore, è sotto forte egemonia degli USA, con pochi margini di autonomia.
A seguito di tale situazione, la Francia di Macron ha spinto per una "sovranità europea" e una difesa comune indipendente dalla NATO. La Germania, pur essendo molto legata agli USA, ha cercato di mantenere rapporti economici con Russia e Cina fino alla crisi ucraina, mentre l'Italia e altri paesi mediterranei talvolta mostrano posizioni meno allineate su questioni di politica estera.
Nel complesso, l’Europa non sembra avere una strategia geopolitica autonoma, il che la costringe a rimanere fortemente legata agli Stati Uniti.
Sull'intervento della NATO a favore dei diritti umani
Quando i governi locali usano violenze dittatoriali contro le loro popolazioni, il mondo dovrebbe assistere restando immobile? Questa è una questione complessa e delicata, in cui la comunità internazionale si trova di fronte a un dilemma: rispettare la sovranità nazionale o intervenire per proteggere i diritti umani. In questi casi, l'intervento internazionale può assumere diverse forme: imporre sanzioni economiche per esercitare pressione sul governo affinché cambi comportamento; utilizzare la diplomazia per negoziare soluzioni pacifiche e promuovere il rispetto dei diritti umani; fornire assistenza umanitaria alle popolazioni colpite, spesso attraverso organizzazioni internazionali. Solo in casi estremi, la comunità internazionale può decidere di intervenire militarmente per proteggere i civili, come avvenuto in Libia nel 2011.
L’alternativa non può essere restare immobili e assistere passivamente, poiché ciò non sembra umanitariamente percorribile. Le popolazioni sarebbero man mano sempre più soggiogate dai dittatori di turno.
Un esempio significativo è la Spagna, che sotto il regime di Francisco Franco non era ammessa nell'UE. Tuttavia, dopo la transizione alla democrazia e l'adozione di una costituzione democratica, la Spagna è diventata membro dell'UE nel 1986. Anche la Grecia ha aderito all'UE nel 1981 dopo aver stabilito un sistema democratico. Sono altrettanto importanti i casi relativi ai Paesi dell’ex Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS), che hanno fatto un percorso significativo verso la democrazia e la stabilità politica, e oggi sono membri attivi della comunità internazionale.
Senza la NATO tutto ciò sarebbe avvenuto? È difficile dirlo con certezza, ma è possibile che la NATO abbia avuto un ruolo significativo nel facilitare questo processo in diversi modi:
Fornendo un quadro di sicurezza: la NATO ha contribuito a stabilizzare la regione, riducendo le minacce esterne e interne e creando un ambiente più favorevole per le transizioni democratiche.
Incentivando le riforme democratiche: per molti paesi ex-sovietici, l'adesione alla NATO è stata vista come un passo importante verso l'integrazione euro-atlantica, che include anche l'adesione all'Unione Europea. Questo ha incentivato le riforme democratiche e il rispetto dei diritti umani.
Fornendo assistenza tecnica e supporto: la NATO ha offerto formazione e supporto per le riforme nel settore della difesa e della sicurezza, contribuendo a rafforzare le istituzioni democratiche.
Agendo come deterrente: la presenza della NATO ha agito come deterrente contro eventuali tentativi di coercizione o interferenza da parte di potenze esterne, permettendo ai paesi di perseguire le loro aspirazioni democratiche senza timore di rappresaglie.
Promuovendo stabilità, democrazia e sviluppo economico: la NATO ha contribuito a creare un ambiente favorevole per la stabilità e lo sviluppo economico.
Ovviamente, tali cambiamenti non sarebbero potuti avvenire senza il coraggio e la determinazione dei popoli di questi paesi nel perseguire la democrazia e la libertà.
La collaborazione tra NATO, ONU e Unione Europea
C'è sempre stata una significativa collaborazione tra la NATO, l'ONU e l'Unione Europea, basata su valori condivisi e un impegno comune per promuovere la pace, la libertà e la prosperità nella zona euro-atlantica. Insieme, hanno lavorato e continuano a lavorare per affrontare le minacce ibride e terroristiche, rafforzare la resilienza alle crisi future, migliorare la mobilità militare, la cooperazione operativa, in particolare nel settore marittimo, e lo scambio di informazioni e migliori pratiche in materia di industria e ricerca. Con la dichiarazione congiunta del 10 gennaio 20235, sono stati delineati nuovi obiettivi e strategie per fronteggiare le crescenti minacce globali, rafforzando il legame strategico tra UE e NATO, Dichiarazione congiunta sulla cooperazione UE-NATO, 10 gennaio 2023.
L'ONU ha svolto un ruolo significativo in risposta all'invasione dell'Ucraina. Sebbene non abbia imposto sanzioni dirette, ha sostenuto le misure restrittive adottate da altri organismi internazionali e regionali, come l'Unione Europea, continuando a svolgere un ruolo cruciale nel cercare di mitigare gli effetti del conflitto e promuovere una soluzione pacifica.
Le prospettive attuali della NATO dopo l'elezione di Trump
L'attuale richiesta di Trump a tutti i Paesi aderenti alla NATO pone nuove domande al mondo intero e principalmente all'UE. Il Presidente ha chiesto ai Paesi membri della NATO di aumentare le loro spese militari fino al 5% del PIL, cioè più del doppio del 2% che rappresenta l'attuale impegno dell'alleanza.
La richiesta del 5% può sembrare eccessiva, soprattutto considerando le diverse priorità economiche dei Paesi membri. Probabilmente tale richiesta è stata avanzata poiché la NATO ha stimato che nel 2024, 23 membri hanno rispettato gli impegni, mentre altri 8, tra cui pare ci sia anche l'Italia, risultano inadempienti: Quanto spendono i Paesi Nato (e l’Italia) per la Difesa? Ecco l’ultimo rapporto Non rispettare l'impegno del 2% può mettere in discussione la credibilità e l'efficacia della NATO come alleanza difensiva, dando allo stesso tempo segno di una poca coesione interna.
Tale velata minaccia non sembra comunque concretizzabile, quanto invece una sollecitazione affinché venga assicurata la difesa dei Paesi che soggiacciono sotto il peso di cruente dittature e la difesa dei Paesi che in libera autonomia desiderano far parte della NATO.
Recentemente, il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha proposto un piano per prendere il controllo della Striscia di Gaza, trasferendo la popolazione palestinese in paesi vicini e trasformando l'area in una sorta di "Riviera del Medio Oriente", con l'obiettivo di bonificare l'area e svilupparla economicamente, trasformandola in una destinazione turistica di lusso. Questa idea ha suscitato forti critiche, poiché il trasferimento forzato di popolazioni è considerato una violazione del diritto internazionale e potrebbe essere interpretato come una forma di pulizia etnica. Le reazioni sono state forti sia nel mondo arabo che in Europa. Nazioni come Egitto e Giordania hanno espresso forte disapprovazione per il piano, rifiutando l'idea di accogliere i palestinesi trasferiti e sottolineando il diritto dei palestinesi a rimanere nelle loro terre. Leader europei hanno condannato la proposta, evidenziando che essa potrebbe destabilizzare ulteriormente la regione e compromettere gli sforzi per una soluzione a due stati.
Considerazioni finali
Dalla sua nascita nel 1949, la NATO ha avuto la funzione primaria di dissuadere aggressioni esterne, in particolare da parte dell’URSS durante la Guerra Fredda. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’Alleanza è rimasta un pilastro della sicurezza europea, contribuendo a stabilizzare l’area attraverso:
L’allargamento ai Paesi dell’ex blocco sovietico, garantendo sicurezza ai nuovi membri (Polonia, Paesi Baltici, Romania) e integrandoli nel sistema di difesa occidentale, mentre l’UE ha promosso il loro sviluppo economico e istituzionale.
Interventi militari nei Balcani, fermando i conflitti in Bosnia (1995) e Kosovo (1999) con azioni militari, mentre l’UE ha guidato la ricostruzione e la stabilizzazione politica.
L’invasione russa dell’Ucraina (2022), che ha portato la NATO a rafforzare il fianco orientale con truppe e armamenti, mentre l’UE ha imposto sanzioni economiche alla Russia e fornito aiuti a Kiev.
La difesa collettiva (Articolo 5 del Trattato NATO), che garantisce che un attacco a un Paese membro sia considerato un attacco all’intera Alleanza.
L’Unione Europea ha avuto un ruolo altrettanto fondamentale nel mantenere la pace in Europa, sebbene con strumenti economici, diplomatici e giuridici. Tuttavia, il binomio NATO-UE, pur avendo contribuito al mantenimento della stabilità, presenta alcune criticità:
Non tutti i Paesi UE sono nella NATO: Austria, Irlanda, Malta e Cipro non ne fanno parte, mentre USA, Regno Unito e Turchia non appartengono all’UE.
Dominio degli USA nella NATO: gli USA puntano sulla sicurezza militare, mentre l’UE è più concentrata su diplomazia ed economia.
Dipendenza europea dagli USA: l’UE non ha ancora una difesa autonoma, e la NATO resta la principale garanzia di sicurezza, con il forte contributo americano.
Senza la NATO, il mondo avrebbe potuto essere molto più instabile e frammentato, con un’Europa maggiormente esposta alle pressioni sovietiche prima e russe poi. L’equilibrio della Guerra Fredda sarebbe stato più fragile, aumentando il rischio di conflitti armati. Anche dopo la fine dell’URSS, l’assenza della NATO avrebbe reso l’Europa meno sicura e meno unita, lasciando spazio a nuovi conflitti regionali e riducendo la capacità di risposta alle minacce globali.
Nel complesso, il binomio NATO-UE ha garantito decenni di pace in Europa, ma il mondo sta cambiando. La guerra in Ucraina ha dimostrato che la sicurezza europea è ancora fragile e che l’UE dovrà rafforzare la propria autonomia strategica, pur rimanendo legata alla NATO. In prospettiva, sarà necessario trovare un equilibrio tra difesa comune, autonomia europea e cooperazione con gli alleati.
È sempre più evidente l’urgenza di una difesa europea più coesa e indipendente dagli Stati Uniti, che, pur mantenendo l’adesione alla NATO, possa contribuire maggiormente alla sicurezza del continente. Per oltre 70 anni, gli Stati Uniti hanno garantito la sicurezza dell’Europa, ma il futuro è incerto. L’UE dovrà consolidare la propria autonomia strategica per evitare una dipendenza eccessiva dalle decisioni di Washington.
Un altro aspetto rilevante è l’industria della difesa. Gli Stati Uniti promuovono attivamente la vendita di armi ai Paesi europei, influenzando le scelte di riarmo e rendendo difficile lo sviluppo di una vera industria militare europea competitiva. Questo rafforza ulteriormente la dipendenza dagli USA e riduce le possibilità di una vera autonomia strategica.
Attualmente, gli USA sono il più grande produttore ed esportatore di armi al mondo La classifica dei maggiori produttori di armi da guerra, con il 38,6% delle vendite internazionali tra il 2017 e il 2021 Chi sono i Paesi che esportano più armi nel mondo? Il caso Italia. La proliferazione delle armi, conseguente ai conflitti, genera ingenti ritorni economici per gli USA, rafforzando il loro dominio sul settore.
Migliorare le politiche interne dell’UE potrebbe significare una gestione più efficiente delle risorse, maggiore trasparenza nelle spese e una pianificazione strategica a lungo termine. Sarebbe utile anche promuovere un dialogo continuo tra i Paesi membri per condividere le migliori pratiche e trovare soluzioni comuni alle sfide della sicurezza.
È verosimile ipotizzare che la proposta di Trump di elevare la quota del PIL destinata alla NATO dal 2% al 5% miri principalmente a garantire il rispetto degli accordi esistenti, con una possibile revisione al rialzo qualora ciò si rivelasse necessario.
Un tema particolarmente critico è quello del trasferimento della popolazione palestinese, che solleva numerose problematiche. Un simile spostamento forzato violerebbe principi fondamentali del diritto internazionale e rischierebbe di esacerbare ulteriormente le tensioni in una regione già instabile. Inoltre, l’idea di trasformare Gaza in una destinazione turistica di lusso senza affrontare le cause profonde del conflitto israelo-palestinese appare una soluzione superficiale e irrealistica. Qualsiasi iniziativa per risolvere la questione palestinese dovrebbe basarsi sul rispetto dei diritti umani, sul diritto internazionale e sulle aspirazioni legittime di entrambe le parti coinvolte.
Infine, si deve sperare che le recenti proposte di Trump, soprattutto in merito al trasferimento forzato dei palestinesi in altri Paesi, vengano rapidamente accantonate per evitare una forte reazione del mondo arabo e una nuova escalation di violenza. Una simile deriva servirebbe principalmente agli interessi dei cosiddetti signori della guerra, che prosperano nei conflitti prolungati, e ai produttori di armi, spesso definiti trafficanti di morte6. Tali azioni porterebbero inevitabilmente alla morte di un elevato numero di civili e militari di diverse nazionalità, inclusi gli Stati Uniti stessi, con conseguenze che potrebbero seppellire per un lungo periodo – se non definitivamente – ogni prospettiva di pace in Medio Oriente. L’Unione Europea deve rivedere l’organizzazione della propria difesa per rendersi sempre più autonoma dall’egemonia statunitense, assumendo un ruolo di maggiore rilevanza all’interno della NATO.
Note
1 I Paesi che attualmente fanno parte della NATO sono 32: Albania (2009), Belgio (1949), Bulgaria (2004), Canada (1949), Croazia (2009), Danimarca (1949), Estonia (2004), Finlandia (2023), Francia (1949), Germania (1955), Grecia (1952), Islanda (1949), Italia (1949), Lettonia (2004), Lituania (2004), Lussemburgo (1949), Macedonia del Nord (2020), Montenegro (2017), Norvegia (1949), Paesi Bassi (1949), Polonia (1999), Portogallo (1949), Regno Unito (1949), Repubblica Ceca (1999), Romania (2004), Slovacchia (2004), Slovenia (2004), Spagna (1982), Stati Uniti (1949), Svezia (2024), Turchia (1952), Ungheria (1999). I 12 membri fondatori, che hanno aderito all'Alleanza sin dalla sua istituzione nel 1949, tra cui l’Italia, sono quelli evidenziati in grassetto.
2 Il Patto di Varsavia, ufficialmente noto come Trattato di amicizia, cooperazione e mutua assistenza, era un'alleanza militare tra l'Unione Sovietica e diversi paesi dell'Europa orientale. Fu istituito nel 1955 come risposta alla NATO e aveva lo scopo di consolidare il controllo sovietico sui suoi alleati e di fornire una difesa collettiva contro eventuali attacchi da parte dei paesi occidentali. L'alleanza includeva paesi come Polonia, Germania Est, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Albania (che si ritirò nel 1968). Il Patto di Varsavia fu sciolto nel 1991, poco dopo la fine della Guerra Fredda e il crollo dell'Unione Sovietica.
3 L'Unione Africana (UA), ufficialmente lanciata nel 2002 come successore dell'Organizzazione dell'Unità Africana (OUA), fondata nel 1963, ha sede ad Addis Abeba, in Etiopia.
4 Lanciato nel 1994, il Dialogo Mediterraneo della Nato ha permesso di rafforzare nuove forme di cooperazione con i Paesi della sponda Sud, per rispondere all'instabilità di una regione di fondamentale importanza per la sicurezza del Continente europeo e dell'Italia.
5 La dichiarazione congiunta del 10 gennaio 2023 tra NATO e UE sottolinea l'importanza della cooperazione strategica tra le due organizzazioni per affrontare le sfide comuni alla sicurezza. La dichiarazione evidenzia: la condanna dell'aggressione russa contro l'Ucraina e il sostegno all'integrità territoriale dell'Ucraina; la necessità di affrontare le sfide poste dalla crescente assertività della Cina e dalle persistenti instabilità nel vicinato europeo; l'importanza di una difesa europea più forte e capace, complementare e interoperabile con la NATO; l'impegno a mobilitare strumenti politici, economici e militari per perseguire obiettivi comuni e garantire la sicurezza dei cittadini.
6 I produttori di armi sono spesso definiti trafficanti di morte da coloro che criticano l'industria bellica e il commercio delle armi, specialmente quando queste vengono vendute a paesi in guerra o a regimi repressivi. Questo termine è usato per sottolineare la responsabilità morale e politica di chi produce e vende strumenti di distruzione, contribuendo ai conflitti e alle sofferenze umane.
D'altra parte, i produttori di armi e i loro sostenitori spesso ribattono che la produzione bellica è necessaria per la difesa nazionale e la sicurezza, e che il problema non sta nelle armi in sé, ma nell'uso che ne viene fatto.