La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi.
Per essere nato quando il 1700 era al tramonto e il secolo delle grandi rivoluzioni bussava alla porta, Carl von Clausewitz ci vedeva bene e anche lontano.
Non solo per avere fatto della strategia militare la sua strada maestra e per averci scritto sopra un trattato, Della guerra, che ancora oggi dovrebbe trovarsi nella biblioteca di ogni persona che vuole capire come vanno le cose e come dovrebbero andare. Ma anche per accettare che, in fondo, l'uomo che impugna un'arma o che vuole soltanto fare soldi è animato dallo stesso sentimento.
E quando le due cose si incrociano - il cozzare delle spade e il rumore delle monete che cadono nel salvadanaio - ecco che il cerchio si chiude. Per questo non suoni blasfemo parlare, accostandole, delle dinamiche della guerra con quelle dell'economia, sapendo - come dimostreranno da qui ai prossimi anni - che la ricostruzione dell'Ucraina e della Striscia di Gaza, una volta messi da parte l'orrore, la pietà, la rabbia e il dolore, diventerà un'occasione per creare economia.
Potrei dire di vedere sul viso di chi mi sta leggendo una smorfia di disgusto per l'apparente cinismo delle mie parole, ma è la verità perché dentro, prima e dopo un conflitto, bisogna sempre pensare al domani. Che significa lavoro, magari costruito sulla disperazione di chi è stato coinvolto in una guerra, ma anche prospettive nuove per tutti, paradossalmente anche per chi con il conflitto non ha avuto niente a che fare, ma guarda al periodo post-bellico in termini di opportunità.
Non stiamo parlando di cose ipotetiche o che potrebbero diventare realtà solo se alcune variabili alla fine si possano concretizzare, ma della realtà di oggi, perché all'immenso tavolo della ricostruzione post-bellica tutti possono sedere (come si sono seduti in guerre del passato), e se poi sono anche onesti è ancora meglio.
Volendo essere concreti, sto parlando di quella enorme risorsa che, per il Paese, sono le PMI, sigla che non amo molto e che sintetizza, in un acronimo, l'arcipelago fatto di uomini, idee, tecnologia, laboriosità, concretezza e serietà del mondo delle piccole e medie imprese che, in un momento storico in cui l'Italia vede la desertificazione di quello che un tempo era il territorio della grande industria, sono la sola vera certezza che il nostro sistema produttivo può offrire al resto del mondo.
Non sto esagerando perché le piccole e medie imprese non sono solo produzione, servizi o altro lavoro ''materiale'', ma sono anche la traduzione nella quotidianità di un'etica che le ha rese un esempio per molti altri Paesi, che ad esse guardano, magari cercando di carpirne segreti che non ci sono.
Perché il loro segreto - il peggiore mai serbato - è sotto gli occhi di tutti: lavoro, lavoro, lavoro.
Prendo a prestito, per chiarire meglio i concetti che vorrei avere trasmesso, le parole di Flavio Zanarella, che cumula in sé due profili, segretario generale di Federcontribuenti e responsabile di Federsviluppo:
È fondamentale che il governo e le istituzioni europee continuino a sostenere le Piccole e Medie Imprese con politiche di supporto economico e agevolazioni fiscali, affinché possano superare questo periodo difficile e prepararsi a un futuro più resiliente e competitivo. Un auspicio o un'illusione?
Preferisco definirlo un forte appello, a chi si è assunto il peso enorme di guidare il Paese e di garantire ai cittadini le migliori condizioni di vita, affinché si abbia la piena consapevolezza che l'Italia vera non è quella dei lustrini e delle luci sfavillanti, che una certa narrazione tranquillizzante ci somministra quotidianamente, ma l'altra, quella del lavoro a schiena china, delle ore davanti al tornio o alla tastiera di un computer, degli enormi telai così come degli strumenti ottici di precisione.
Anche quando si parla di massimi sistemi, di automotive e grandi battaglie sindacali, non si dovrebbe dimenticare che c'è un mondo che produce e contribuisce alla ricchezza fattivamente del Paese e che, solo per questo, meriterebbe ben altra e maggiore considerazione, soprattutto in un periodo caratterizzato dall'incertezza che, nel caso delle piccole e medie imprese, significa essere ad un passo dal non ritorno.
E davanti a questo scenario, piuttosto che rinchiudersi nello scetticismo, le piccole e medie imprese hanno scommesso su loro stesse, innovando, investendo, modernizzandosi, aprendosi agli scenari internazionali.
Un esempio che se va bene per il mondo produttivo, potrebbe esserlo per il resto dei nostri comportamenti. la ricostruzione dell'Ucraina e della Striscia di Gaza, una volta messi da parte l'orrore, la pietà, la rabbia e il dolore, diventerà un'occasione per creare economia, la storia che si ripete dall'esistenza dell’uomo, in forme e maniere diverse ma sempre con lo stesso fine…
Come spesso dice il fondatore e Presidente di Federcontribuenti, Marco Paccagnella.