I giovani di ieri chi li conosce? A pensarci bene anche Matusalemme, Abramo, Noè e tutti i profeti e i personaggi del passato saranno stati giovani, compresi Romolo, Remo, gli altri re di Roma, con Annibale, Scipione, Attilio Regolo, Cicerone, Cesare Augusto e tutti i restanti imperatori, d’oriente e d’occidente. Per non parlare dei vari papi, principi, duchi, conti, baroni, marchesi e di tutto il popolo che ci ha preceduto sulla terra, che a contarli tutti non basterebbe, ho l’impressione, neppure la memoria di tanti computer collegati in rete.

Certamente ognuno dei nostri trapassati, avrà nutrito in seno gli ideali legati alla sua epoca, alla sua sensibilità individuale, alla sua intelligenza e alla sua indole.

Tuttavia vorrei circoscrivere il discorso a un tempo ragionevolmente limitato.

Poco meno di cento settant’anni fa, l’Italia era ancora divisa in tanti staterelli, uno più piccolo dell’altro. I migliori giovani di allora, dal Regno delle Due Sicilie sino al Lombardo-Veneto, fremevano per l’unità d’Italia ed erano pronti a dare vita affinché gli stranieri venissero cacciati dall’italico suolo.

È superfluo che io ricordi le numerose vittime, gli atti di eroismo, degli Italiani di allora, immolati sull’altare del sacrificio degli ideali di unità nazionale. Non avrei neppure lo spazio per elencarli qui di seguito, anche se mi piacerebbe farlo.

Intendiamoci, non voglio fare un discorso retorico sul Risorgimento e sull’Unità d’Italia.

I miei ideali di oggi vanno in realtà in direzione dell’Unità Europea, anche se non è certo questa l’Unione Europea che vorrei.

Voglio piuttosto fare una riflessione sulla situazione politica attuale.

E mi chiedo: ma dove sono finiti quegli ideali di unità, di fratellanza, di passione per l’Italia?

Che cosa è cambiato in centosettant’anni? Come siamo passati da quell’afflato di fratellanza, all’attuale situazione di aperto separatismo e di malcelato razzismo nei confronti delle popolazioni meridionali?

Quali ideali hanno nutrito questi separatisti del nord che, magari senza dirlo apertamente, guardano in cagnesco chiunque non sia nato nei loro pressi, anche se magari gli avi di quei detestati meridionali, hanno versato il loro sangue, proprio in quegli stessi lidi che adesso vorrebbero essere considerati esclusivi dei nativi?

Io non voglio e non posso fare il moralista, e neanche il patriota a buon mercato. Come Sardo (con l’aggravante di essere Siciliano per metà), ho sempre sognato, se non proprio l’indipendenza, sicuramente la più ampia autonomia gestionale da Roma (e perfino da Bruxelles).

La mia vuole essere soltanto un’analisi sociologica, se non proprio storica, alla ricerca dei motivi per cui, in un lasso di tempo molto più breve di due secoli, si è passati da un amore consacrato nel sacrificio totale e nel sangue, a una malcelata sopportazione, carica di sospetti, rimbrotti, rimproveri e mugugni di malcontento. È pur vero che un matrimonio, molto spesso, porta a risultati ancor peggiori, in un lasso di tempo molto più limitato. Ma qui si sta parlando dell’Italia!

Infatti, ditemi quello che volete, ma la legge sull’autonomia differenziata (parlo naturalmente della Legge 26 giugno 2024 n. 86) per me è sintomatica di questo malessere, che serpeggia in alcuni settori dell’opinione pubblica delle regioni del nord, che confluiscono politicamente nel partito che un tempo era di Umberto Bossi e oggi fa capo al segretario nazionale Salvini.

Secondo alcuni osservatori, l’approvazione della legge sull’autonomia differenziata è un grave attacco all’impianto costituzionale del nostro Paese e rischia di dividere l’Italia, danneggiando sia il sud che il nord, compromettendo la salvaguardia dei diritti costituzionali dei cittadini italiani e gli stessi cardini su cui si fonda l’Italia come repubblica unitaria.

Qui non voglio entrare nei dettagli e nel merito della legge 86/2024. Si stanno già raccogliendo le firme per il referendum abrogativo e si vedrà la sorte che il popolo vorrà riservare a questa contestata legge.

Un antico brocardo recitava “dura lex, sed lex”, quindi se la legge sull’autonomia differenziata supererà lo scoglio del referendum, sarà giusto, corretto e doveroso rispettarla come legge dello Stato.

Personalmente mi troverei perfino in imbarazzo a criticare questa legge. Mi sembrerebbe di oppormi a una parte del Paese che invece la vuole e crede in essa.

Come vecchio sardista mi verrebbe anche voglia di rilanciare, dicendo ai leghisti:

Va bene, siete convinti di essere più ricchi, più intelligenti e perfino superiori? Allora andate pure per la vostra strada, noi andremo per la nostra!

Ma poi ci metteremmo a litigare su chi debba accollarsi l’enorme debito pubblico che i nostri politici (leghisti compresi), hanno accumulato in questi ultimi quarant’anni! E una vocina mi dice che la maggior parte di questi soldi siano finiti al settentrione, nelle tasche dei grandi industriali (e magari anche nelle tasche dei proprietari terrieri dell’intero stivale).

E poi, come mi giustificherei davanti a Giuseppe Mazzini, a Garibaldi e a Camillo Benso di Cavour? E avrei il coraggio di guardare in faccia, un domani, quantomeno idealmente, quelli che hanno dato la vita per l’unità d’Italia?

E ancora: cosa faremmo noi Sardi da soli? È pur vero che esiste l’isola di Malta, più piccola della Sardegna e titolare di una personalità giuridica internazionale! Ma quanto conta davvero Malta sullo scenario internazionale?

Non a caso Malta è entrata a far parte dell’Unione Europea.

Non è vero che i giovani oggi non abbiano più ideali. Io ne ho conosciuti tanti. I giovani vanno educati e guidati; con l’esempio, più che con le parole.

E se fossi un giovane non avrei dubbi: non rincorrerei improbabili chimere di impossibili autonomismi, strumenti politici nelle mani di una casta ormai senza vergogna. Se fossi giovane guarderei all’Europa, agli Stati Uniti d’Europa. E per i nostri figli auspicherei che un domani l’Europa metta tutto quanto insieme; anche i debiti che i singoli stati hanno accumulato.

Ci saranno pure delle contropartite da pagare, per rendere il debito pubblico comune e per toglierci di dosso quel macigno che ci rende preda dei poteri finanziari, bruciando il futuro dei nostri giovani e lasciando a questi politici farlocchi, l’illusione e il potere di giocare a una consolle totalmente scollegata dalla realtà internazionale?

Infine, ma non furono gli stessi alfieri dell’unità d’Italia che cento settant’anni fa parlarono per primi della Giovine Europa?