Le due facce della medaglia. Per una Napoli che risplende e accoglie milioni di turisti, ce n'è un'altra che appassisce e nell'ombra fa la conta dei morti e dei feriti. E, purtroppo, sono giovanissimi. Un'emergenza sociale che dura da anni.

La prima “vittima illustre” è stata senza ombra di dubbio Emanuele Sibillo. “ES17”, come lo conoscevano i suoi adepti, fu ucciso nel 2015. Aveva solo 20 anni ma era già un “uomo”. Padre di famiglia e soprattutto boss. Capo indiscusso del clan omonimo conosciuto come “la paranza dei bambini” (perché tanti erano gli affiliati giovanissimi), i primi problemi con la legge erano arrivati già a 15 anni. In quel caso non fu arrestato ma spedito in comunità dove si distinse per il suo comportamento positivo. Uscito dalla comunità, però, finì ben presto nel Sistema della camorra. Di lì la sua ascesa e la contrapposizione nei vicoli del centro storico con i clan vicini ai Buonerba.

E fu proprio in uno di questi raid che perse la vita, colpito alla schiena in un agguato 9 anni or sono. Sibillo però ormai era diventato un'icona e negli anni se ne è parlato tanto. Come quando, durante un carnevale, furono visti sfilare bambini in strada con una maschera della sua faccia. O, ancora, come quando le forze dell'ordine scoprirono, in occasione di una retata contro il clan Sibillo, un altare votivo nei pressi della casa di famiglia dove, fu attestato dalle indagini, i commercianti dovevano fermarsi per “inchinarsi” prima di andare a consegnare la quota prevista dal racket a cui erano sottoposti.

Cinque anni dopo a Napoli si riprese a parlare di giovanissimi morti in strada.

Il 4 ottobre del 2020 a morire fu Luigi Caiafa. Lui e un complice (figlio di un esponente del tifo organizzato del Napoli) avevano avvicinato una Mercedes in centro nel tentativo di rapinare gli occupanti ma furono intercettati dalla polizia. Sbucarono le pistole e partì un colpo che uccise Caiafa. Il poliziotto fu scagionato perché venne accertata la legittima difesa, Caiafa morì a 17 anni. Un cognome che però ci riporta, tristemente, al presente.

Luigi Caiafa era fratello di Renato Caiafa, 18enne fermato per aver sparato e ucciso lo scorso 9 novembre, alle cinque del mattino, il cugino Arcangelo Correra. Un drammatico errore, secondo quanto riferito da Caiafa che avrebbe confessato di aver sparato al cugino in testa per errore durante un gioco con la pistola. Come abbia trovato l'arma e cosa ci facessero in centro a tarda notte lo stanno accertando le autorità competenti.

Fatto sta che la morte di Correra è stata la terza in 17 giorni, tutti giovanissimi.

Il 25 ottobre è stato infatti ucciso Emanuele Tufano a soli 15 anni. Era in scooter in Corso Umberto I e si è trovato in uno scontro a fuoco con un altro gruppo: quasi venti spari in strada in pieno centro. E poi c'è la morte di Santo Romano, quella che forse ha fatto più rumore. Diciannove anni, calciatore dilettante in forza al Micri, squadra di eccellenza, quinta categoria del calcio italiano. Romano è stato ucciso per futili motivi. Era in piazza con gli amici la notte tra il primo e il due novembre a San Sebastiano al Vesuvio ma non è più tornato a casa.

Secondo le indagini è stato ucciso da un diciassettenne del quartiere Barra perché aveva difeso un amico che avrebbe avuto la “colpa” di aver sporcato la scarpa costosa del killer. Qualche parola di troppo, il diciassettenne non ci sta, prende la pistola e spara tra la folla colpendo al petto Santo Romano. Un ragazzo diventato killer, difficile da gestire e da curare, come ha dichiarato la famiglia in una lettera di scuse ai genitori di Santo Romano. Ma anche qui c'è un collegamento: sui social il giovane si era fatto fotografare insieme al rampollo del clan Aprea e al ventenne Francesco Pio Valda, accusato di aver ucciso il diciottenne Francesco Pio Maimone.

Il giovane rimase ucciso nel 2023 mentre era con gli amici sul lungomare di Mergellina. Gli inquirenti hanno appurato che il ventenne Valda avesse sparato tra la folla dopo un litigio con un altro gruppo di ragazzi e che fosse stato colpito l'innocente Maimone.

Ancora, non si può non ricordare l'omicidio di Giovanbattista Cutolo sempre nel 2023. Cutolo si trovava in una paninoteca in Piazza Municipio con la fidanzata e discusse per futili motivi con un ragazzo di appena 16 anni che però era armato e lo uccise con tre colpi di pistola.

“Giogió”, come era conosciuto, era un giovane musicista del Conservatorio di San Pietro a Majella ed è stato insignito post mortem della Medaglia d’Oro al Valore Civile. Sono troppi i morti in strada, tanti i giovani che non hanno paura di sparare e, soprattutto, troppe le armi che facilmente sono diffuse. Una situazione che ha spinto il ministro degli Interni italiano, Matteo Piantedosi, ad organizzare un summit con il Prefetto di Napoli, Michele Di Bari, e il sindaco Gaetano Manfredi: predisposti più controlli, più agenti di forze dell'ordine, più telecamere di videosorveglianza. Ma ridurre i giovani napoletani a baby pistoleri è un errore da non fare. Così come identificare la camorra come solo un sistema di gruppi criminali è una semplificazione da evitare.

Purtroppo, soprattutto con i social, la “camorra” si è via via trasformata in un vero e proprio “atteggiamento camorristico”, per il quale anche un non affiliato ricorre a violenza e prepotenza per risolvere le questioni quotidiane. Una sub-cultura che si combatte con la cultura e con la bellezza di una terra che soffre ma che riesce ugualmente a risplendere. Una terra, alle pendici del Vesuvio e aperta sul bellissimo Golfo, che nel 2023 ha fatto segnare numeri record per il turismo.

Con una media di un milione e duecentomila turisti al mese con pernottamenti di almeno tre giorni, nel 2023 la città di Napoli è stata infatti la città più visitata in Italia dopo Roma. Un duopolio che si conferma poi anche nell'arte. Secondo le agenzie di viaggio, infatti, il murale di Maradona ai Quartieri Spagnoli sarebbe il sito artistico più visitato dopo il Colosseo.

Calcio e cultura. Da sempre una ricetta vincente per un'intera città e anche per la provincia. E non è un caso che la vittoria dello Scudetto da parte del Napoli Calcio nel 2023 abbia portato l'intera città in tutti gli schermi del mondo. I turisti di tutti i continenti hanno potuto osservare e vivere una città in festa come poche nella storia recente. E poi, ancora, i film che raccontano la città che sono apprezzati dalla critica internazionale, la cucina napoletana invidiata e scelta in tutto il mondo.

Ma Napoli non è solo pizza e mandolino. Napoli è anche economia e scienza, è ricerca e cultura. È notizia recente, infatti, che l'università Federico II ha raggiunto la terza posizione nella classifica mondiale GRAS dello Shangai Ranking per la facoltà di Farmacia e Scienze Farmaceutiche. Bella e importante. Per chi la vive, per chi la osserva dalla provincia, per chi ci arriva come turista. Napoli è una città piena di contraddizioni ma anche colma di potenzialità, forze propulsive ed eccellenze che a non citarle si farebbe peccato mortale (o si peccherebbe di tendenziosità).

Una città, una terra, una cultura che non si possono descrivere a colpi di pistola. D'altro canto, però, non si possono chiudere gli occhi. È necessario proteggere e curare Napoli. Per sé stessa e per i suoi giovani. Un altro orizzonte è possibile.