Come sostiene il filosofo Marshall McLuhan, uno dei più importanti studiosi della teoria dei media, nella sua fondamentale opera Gli strumenti del comunicare, una costante della storia dei mezzi di comunicazione è che ognuno di loro, nella sua fase iniziale, si appropria delle forme e degli stili tipici dei media che lo hanno preceduto; solamente dopo una fase di gestazione, esso inizia ad assumere la sua forma specifica.
La digitalizzazione ha però modificato questo principio: i mezzi di comunicazione digitali sembrano infatti vivere in una perpetua fase di sperimentazione, che rende ogni forma giornalistica un breve periodo di transizione mai definitivamente concluso. Smarginatura è una delle parole che, secondo alcuni studiosi, meglio si adattano a descrivere la condizione attuale del giornalismo: una condizione di indeterminatezza e di continuo cambiamento, in cui sembra difficile cogliere il perimetro e i confini dei vari processi.
Una costante che però può essere individuata è la capacità dei media digitali di rivelare il ruolo degli amatori negli attuali processi produttivi del giornalismo, completando un lungo percorso di presa della parola, che ha avuto inizio con la stampa tradizionale. La quantità e l’intensità di questa tendenza ha subito una fisiologica crescita dopo la diffusione dei social media, generando nuove questioni e sfide per il sistema dell’informazione.
La diffusione di internet e l’aggiornamento real time delle notizie producono modifiche che non riguardano più solo il ruolo dei giornalisti ma coinvolgono anche quello dei cittadini, i quali, grazie alle possibilità concesse dalla rete, si sono trasformati da semplici ricettori di informazioni in produttori di notizie, attraverso social network, blog, siti di informazione e video. È il modello del citizen journalism, che vede la partecipazione attiva dei lettori grazie alla natura interattiva dei nuovi media e alla possibilità di collaborazione tra persone di diversa estrazione sociale e cultura, provenienti da nazioni e continenti diversi. Una partecipazione allargata, quindi, che ha preso anche il nome di “giornalismo partecipativo”, dal valore notizia che lo esprime, che è proprio il valore della partecipazione.
Citizen journalism è sicuramente un “termine ombrello”, suscettibile di numerose variazioni e utilizzi, e che molti studiosi hanno identificato come un resoconto di prima mano, in cui individui comuni adottano temporaneamente il ruolo di giornalisti per partecipare alla creazione di notizie, spesso in modo spontaneo durante momenti di crisi, incidenti o disastri in cui si trovano presenti.
In forme più o meno organizzate, alcune esperienze di citizen journalism si sono imposte nella rete come portatrici di visioni ideali e di valori condivisi. Questi network sono diventati dei veri e propri punti di riferimento della comunicazione globale: come esempi, si possono citare IndyMedia, OhMyNews, nato proprio con lo slogan “ogni cittadino è un reporter”, Agoravox, il più grosso sito europeo di giornalismo partecipativo, e YouReporter, il primo sito italiano a seguire questo modello.
Il citizen journalism ha avuto una diffusione molto veloce, anche grazie ai costi molto contenuti. La sua definizione contiene però un equivoco di fondo, che porta a chiedersi: come si può definire giornalismo ciò che giornalismo non è?
Uno dei modi migliori per analizzare il fenomeno è quello di uscire dalla logica della contrapposizione tra giornalismo tradizionale e giornalismo partecipativo, e vedere queste due realtà sempre più compatibili. A questo scopo, è importante riconoscere anche quelli che possono essere i fattori di opportunità portati dal citizen journalism, tra cui il fatto di riuscire a riscrivere il patto di fiducia tra giornalisti e lettori. Da anni si registra un calo di fiducia da parte del pubblico nei confronti dei mass media, che si traduce in una diminuzione dei lettori dei giornali e anche dei telespettatori. Coinvolgendo direttamente il pubblico nei processi informativi, i mezzi di comunicazione possono invece recuperare questa fiducia, ponendosi all’ascolto delle domande e dei bisogni informativi dei cittadini e rendendo più trasparente il processo attraverso il quale vengono confezionate le notizie.
Non meno significativa è l’opportunità di diventare una sorta di “braccio operativo” del giornalismo tradizionale. La possibilità dei “reporter diffusi” di documentare un fatto di cronaca in diretta, li rende dei preziosi alleati per i giornalisti professionisti, consentendo loro di avere delle fonti dirette e dei testimoni oculari dei vari avvenimenti.
Si può dire che l’attenzione si vada a concentrare soprattutto sui contenuti: sono questi ultimi a definire i termini della collaborazione tra i cittadini reporter e i giornalisti professionisti che, molto probabilmente, non usciranno “distrutti” da questo nuovo modello di lavoro, ma soltanto rinnovati.