Aristotele fu il primo a considerare la teologia come una scienza. Il pontefice massimo Publius Mucius Scaevola (133 a.c.) ne diede una divisione in tre parti: poetica, fisica e civile. Il cristianesimo la divide in due parti: quella derivata dalla rivelazione, l’altra, naturale, prodotta della ragione; il già e non ancora (A Diogneto, V), dove il già è la gestione dell’oggi e il non ancora l’attuazione della rivelazione. Più recentemente la questione, mutatis mutandis, potremmo riscontrarla, in una versione religiosa, della “teoria delle due gambe” di Max Weber.
Il già è l’esistenza della Chiesa di Roma, ovvero il trasferimento dalla struttura iper verticistica istituzionale dell’impero romano e la gestione delle provincie a quella di monarchia assoluta, ancora in vigore dello Stato Vaticano, con il decentramento delle diocesi che le ha permesso la sopravvivenza e la crescita nel corso dei due scorsi millenni mantenendone persino l’etimo: dioecesis.
Nel primo millennio il papato si è impegnato nell’espansione della Chiesa di Roma nei confini geografici dell’Impero Romano. Espansione che si è consustanziata tanto da consentire la gestione del “gregge” vivente nel continente che ora denominiamo Europa (ma anche quello che noi oggi denominiamo Medio Oriente) dal centro di Roma, con il papa al posto dell’imperatore e con i vescovi al posto dei consoli romani dato che questi avevano sia il ruolo di guida spirituale che di autorità gestionale e giuridica nelle e delle città e contadi in cui erano stati designati.
Un esempio di scuola è quello di Patrizio, poi diventato santo e patrono d’Irlanda benché non irlandese. Venne rapito fanciullo e ridotto in schiavitù in Irlanda. Dopo sei anni riuscì a scappare ai suoi padroni e tornò in Inghilterra, sua patria natia, per entrare in un convento dove intese maturare la sua fede. Cresciuto sia fisicamente che teologicamente, dopo ripetute richieste, riuscì a farsi dare l’incarico di evangelizzare l’Irlanda, dove face ritorno per diffondere il cristianesimo.
Conoscendo lingua, usi e costumi dei gaelici riuscì con grande successo nell’opera evangelizzatrice e subito organizzò la Chiesa cristiana specchiatamente al modello romano in diocesi etc.; laddove la gestione del territorio e della spiritualità portò alla effettiva gestione teologica, politica ed economica del territorio e dei suoi abitanti, non solo con l’imposizione di decime ai contadini (la consegna del dieci per cento del loro raccolto). I vescovi avevano dunque un enorme potere non solo spirituale sulla comunità della diocesi a scapito di quello dell’imperatore e dei suoi prìncipi.
Il potere dei vescovi sul territorio era totale: anche i re, l’imperatore, i suoi feudatari e i suoi vassalli erano sottomessi al potere vescovile. Questa situazione purtuttavia non poteva perdurare e, infatti, nel XI e XII secolo l’impero cristiano entrò in contrasto con il Sacro Romano Impero per la decisione su chi, tra papato e Impero, potesse nominare i vescovi e quindi tra chi era fedele esclusivamente al Vaticano e chi invece anche al re. Questo periodo viene conosciuto come la Lotta per le investiture che si risolse con il concordato di Worms (1112), tramite il quale il potere temporale dei vescovi, e quindi del papato, venne ridimensionato e infine perso dal Vaticano a favore dei re e dei prìncipi. Potere che venne infine gestito sia con le armi come nel caso di Giulio II che con la repressione: l’inquisizione e i relativi roghi.
La rievocazione del significato della Lotta per le investiture è necessaria poiché mille anni dopo, in questi ultimi decenni, ritroviamo il medesimo tipo di disputa tra il Vaticano e la Cina. E anche della conseguente disputa tra il papato e gli Stati Uniti d’America.
Il primo millennio è stato dunque consacrato alla cristianizzazione del continente europeo. Il secondo - più precisamente la seconda metà - invece, è stato dedicato all’evangelizzazione delle Americhe.
Se nelle Americhe centrali e meridionali il cattolicesimo è riuscito a imporsi e mantenere la sua presenza in maniera totalizzante; nel nord America, con l’arrivo degli emigrati germanici (la maggioranza degli immigrati negli USA alla fine dell’Ottocento), la battaglia per l’affermazione del verbo religioso “papista” del nord è stata contrastata dalla Chiesa riformista e, segnatamente, a favore degli evangelici, oggi potente braccio religioso trumpiano e in espansone in tutto il continente.
Questo è il passato remoto e prossimo, e, in continuità con esso il Vaticano, nel terzo millennio, guarda agli altri continenti compiendo, come afferma il prof. Pietro Schiavazzi, una rotazione dell’asse geopolitico di intervento da ovest a sud e ad est: Africa e Asia. Perché questa scelta a favore del sud globale? Lo strumento analitico sul quale si basa questa decisione è l'Annuarium Statisticum Ecclesiae. Questo permette di avere sempre aggiornati il quadro del territorio delle diocesi dal punto di vista della presenza, delle dinamiche e dell’influenza che caratterizzano l'azione della Chiesa cattolica nelle 3.030 circoscrizioni ecclesiastiche del pianeta.
Inoltre, i dati relativi all’aspetto demografico e di potenza illustrano dove è possibile, e per il Vaticano necessaria, la crescita del cattolicesimo nel futuro: l’Africa, nonostante guerre e epidemie, tra cinque lustri avrà raddoppiato la popolazione con un’età media inferiore ai 35 anni, e a fine secolo raggiungerà la quota di quattro miliardi di abitanti. In tutto il continente il cattolicesimo è in crescita rispetto ai concorrenti evangelici; ed è l’unico continente dove il cattolicesimo cresce vigorosamente nelle chiese e nei seminari. In Asia la Cina è il cuore del quadrante asiatico e non solo per l’enorme numero di abitanti, un miliardo e mezzo: non essere presenti in Cina significa non essere presenti in Asia, ma essere presenti in Cina è molto complicato.