La provocazione dei musicisti del Teatro Regio di Parma, gli unici in Italia ad essersi costituiti in srl pur essendo ingaggiati con contratti precari: "Non aspettiamo gli aiuti dello Stato, facciamo da soli. La nostra filosofia? Più suoni più lavori, più lavori più guadagni". Una risposta ai tagli alla cultura. Ma il sindacato non ci sta.

Quando l’arte insegue il mercato l’orchestra diventa un’azienda, un'officina che batte note e sforna concerti. “Più suoni e più lavori, più lavori e più guadagni” dicono gli operai col violino, nella loro catena di montaggio chiamata “buca”. Semplice la dottrina, fordismo con clarinetto e spartito.

L’operaio in frac sta a Parma, nell’antica e stimatissima orchestra del Teatro Regio: “La migliore d’Italia” secondo Niccolò Paganini già nel 1835, la stessa che oggi porta in giro per il mondo il nome di Giuseppe Verdi. La formazione musicale è l’unica in Italia concepita come un’azienda, una srl che applica contratti a tempo determinato e ne fa motivo di vanto in barba ai sindacati. A differenza delle altre orchestre, delle fondazioni o dei teatri di tradizione, quella del Regio non riceve finanziamenti pubblici e si affida al principio di concorrenza: più sei bravo più commesse ricevi. Poche ciance e sotto con archi e fiati. I suoi 37 musicisti lavorano sette giorni su sette, sono tutti co.co.pro e sostengono di fare “in sei mesi ciò che una qualsiasi orchestra stabile negli enti lirici fa in un anno”.

Attenzione, però. Qui nessuno vuol sentir parlare di sfruttamento o di precariato, concetti che il senso comune associa all’idea di lavoro a progetto. E nessuno dei 37 se la prende coi tagli alla cultura perché, oltre che artisti, gli orchestrali di Parma sono pure padroni. Di se stessi.

Nel 2005 “le tute blu” della sinfonia si costituirono infatti in srl e, come ripete sempre Enrico Maghenzani amministratore delegato dell’orchestra, “i ragazzi da noi hanno un contratto a progetto, è vero, ma tutti sono soci dell’azienda”. Una provocazione? Una scelta estrema e innovativa? È così per scelta al Regio di Parma, nessun problema e molto orgoglio piuttosto. Tutto quello che la formazione guadagna finisce nelle tasche dei suoi musicisti: “Quello che conta - dice Maghenzani - è il numero di prestazioni”.

Al Regio, per esempio, l’orchestra stakanovista assicura l’intera stagione e il Festival Verdi, quest’ultimo in programma in ottobre ma ultimamente in forte sofferenza a causa della carenza di fondi (da tempo si attende una legge ad hoc, legge che non arriva mai). Ma nello stesso tempo i “Pellegriner” – così sono stati ribattezzati dal nome del clarinettista Sergio Pellegrini, direttore artistico del gruppo - girano il mondo, ricevendo commesse dai principali teatri: “Siamo stati diretti dal maestro Riccardo Muti, da Jurij Temirkanov, da Michel Plasson”.

In un anno i “Pellegriner” costano due milioni di euro a chi, via via, la ingaggia: di norma un milione al solo Regio e un milione ai teatri esteri. Quando si lavora 26 giorni al mese, anche se non sempre ciò avviene, gli stipendi più robusti toccano anche tremila euro. Ma c’è da sgobbare per il musicista co.co.pro. “Mica come fanno nelle formazioni stabili – dicono fieri e sempre velatamente polemici al Regio – che negli enti lirici ricevono una pioggia di finanziamenti dallo Stato godendo di privilegi in termini di orari ridotti di lavoro, indennità, tutele, rimborsi spese d’ogni genere”.

Il riferimento è alla riforma del 1996, che scisse la scena in due: da una parte gli enti lirici, trasformati in fondazioni, dall’altra i teatri di tradizione come – appunto – il Regio di Parma. La differenza? “Nel 2005, per esempio, le 14 fondazioni hanno ricevuto 243 milioni di euro dallo Stato per una media di 17 milioni a testa, mentre i 26 teatri di tradizione hanno ottenuto nel complesso 16 milioni". Ecco allora la risposta dell’orchestra più liberista d’Italia, l’unica del nostro Paese (“ma all’estero il modello è diffuso”).

Eppure qualche stonatura si avverte eccome, secondo la Cgil: “In realtà affiorano sofferenze e irregolarità contrattuali tra i professori del Regio – dice Silvia Avanzini, segretaria Slc a Parma – molti musicisti non le denunciano per timore di ricatti”. Giorni fa l’orchestra ha fatto parlare di sé, dando vita a un clamoroso volantinaggio nel foyer del teatro Regio in abito di gala, prima della seconda serata della stagione concertistica: “La Regione Emilia Romagna vuole la fine della nostra esperienza – hanno denunciato agli spettatori – con un provvedimento la Giunta di Vasco Errani vuol favorire i teatri che prometteranno di utilizzare più spesso l’orchestra della Fondazione Toscanini”. La Toscanini è la seconda formazione parmigiana, finanziata da fondi pubblici. “Si tratta di una iniziativa ispirata a una logica filosovietica” attacca l'orchestra liberista, là in fondo alla sua "buca" che è una catena di montaggio e - un poco - anche una inedita trincea precario-capitalistica.