«La poetessa si affida all’amore per sfuggire al nichilismo, agli orrori della tristezza, al dolore travolgente, all’odio devastante e all’oscurità amara, e lo fa con tutta la sua abilità, nel tentativo di risollevarsi di fronte alla devastazione del mondo, come se volesse salvare la bellezza del mondo, dalle zanne della brutalità, dell’assassinio, della futilità e della morte, morte che è diventata un pane quotidiano ovunque, nel mondo». (Murad A-Sudani, Segretario Generale dell’Unione degli scrittori palestinesi, Ramallah, 16 febbraio 2024)

Chi è questa Poetessa e Scrittrice e Sociologa?

Si tratta della marchigiana Elisabetta Pamela Petrolati, che vive e insegna a Roma, dove abita con la propria famiglia. Laureata in Sociologia all’Università “La Sapienza” di Roma, ha pubblicato tre raccolte personali di poesie: Come per immagini Aletti editore, 2019, Tracce di senso Aletti editore, 2019, Lo stato del mai, Venaplus edizioni, 2020, inoltre molte sue poesie e sillogi sono state pubblicate in diverse antologie. Vincitrice di Concorsi Nazionali e Internazionali di Poesia, spesso è Giurata in prestigiosi concorsi Letterari e di Poesia.

Attualmente molto impegnata nello scenario poetico-letterario, partecipa e organizza reading e presentazioni di libri, è stata anche Referente del Lazio del Movimento Rinascimento Poetico. Collabora nella redazione della rivista Agire Sociale News (Direttore Editoriale Giuseppe Alessio, Direttore Responsabile Michele Petullà) e con l’associazione Egitto Ora, il cui Presidente prof. Ossama Fawzy e i soci componenti sono impegnati nel progetto interculturale per rafforzare i legami culturali e di pace tra Egitto e Italia: coadiuva il professor Domenico Pisana nella realizzazione delle puntate della rubrica Poesia e letteratura sul canale YouTube dell'associazione.

Coopera assiduamente con l’Associazione italo-araba Assadakah (nata a Roma nel 1994, per iniziativa di Talal Khrais, giornalista di fama internazionale, per anni corrispondente di guerra) sia nell’organizzazione di eventi, sia come volontaria nella redazione di articoli culturali per la rivista omonima, un interessante giornale in italiano inglese e francese che fornisce posizioni politiche, economiche o sociali nei Paesi arabi, senza alcuna discriminazione, trattando spesso questioni non pubblicate dai media italiani come cooperazione economica fra Italia e Paesi arabi, nonché cultura, arte e scoperte archeologiche.

Partecipa alla realizzazione di eventi socioculturali con Odeh Amarneh, Consigliere culturale dell'Ambasciata dello Stato della Palestina in Italia e con Bruno Scapini, diplomatico italiano di carriera, scrittore di romanzi, esperto di geopolitica.

La troviamo da sempre impegnata nella Questione Palestinese, ma dal maggio 2023, dopo un viaggio in Terra di Palestina come parte del programma “La Primavera della Cultura” organizzato dall’Unione Generale degli Scrittori Palestinesi, il suo sostegno attivo al popolo palestinese è diventato preminente.

Dopo un periodo di intenso silenzio, dettato dallo stupore per aver guardato con i propri occhi «la fame, la povertà, gli assedi, gli arresti e gli insediamenti che controllano le montagne della Palestina e che saccheggiano la terra ai suoi proprietari», come afferma sempre Murad Al-Sudani, «…il silenzio…si è trasformato in torce che smascherano l’oscurità, torce che si schierano con la luce, la verità e la bellezza, perché solo la luce salverà il mondo dalla distruzione».

Le riflessioni di quei mesi sono state trasposte sulla carta, ed è nato il suo ultimo libro, la nuova raccolta Sull’orlo dell’amore, pubblicata con la casa editrice ETS “Calamus, associazione culturale ed editoriale”, Roma, 2024, la cui Prefazione è stata redatta dal Segretario Generale dell’Unione degli scrittori palestinesi, Murad Al-Sudani, a cui appartengono i passi summenzionati.

La prima parte del libro è scritta col dolore dell’impotenza di chi non possiede che l’arma della parola per poter reagire alla bruttura della guerra.

Per Elisabetta:

La causa palestinese non è una questione che possa annoverarsi come una delle tante guerre verificatesi nella storia o attualmente in corso. La questione palestinese pone l’uomo di oggi di fronte alla scelta molto semplice ma sostanziale tra il bene o il male, costituisce il simbolo dell’uomo oppresso e ucciso ingiustamente di contro al potere del denaro, della violenza, della sopraffazione arbitraria.

Per il secondo anno consecutivo ha partecipato come moderatrice nella giornata conclusiva di domenica 22 settembre 2024 - il cui tema portante era “I Palestinesi e la Palestina” - alla 5° Edizione del Festival Falastin – Festival della cultura palestinese in Italia (المهرجان الخامس للثقافة الفلسطينية في إيطاليا), organizzato dalla Comunità palestinese d’Italia e dall’Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese. Insieme a Odeh Amarneh, ha presentato il momento poetico, Poeti e poesie per la pace: Voci di-versi, voci vicine, con la partecipazione straordinaria di Murad Al-Sudani.

Almeno in questa giornata di festa ha potuto godere del clima all’insegna della gioia, della musica, del ballo, della bellezza e della dolcezza, perché come afferma lei stessa nella chiusura della poesia di apertura del suo libro:

…Non si vive più in Palestina
eppure nessun palestinese
è disposto a far morire
la Palestina
i morti risorgono ogni giorno
in altri morti perché

si muore in Palestina
si muore per la Palestina
si muore di Palestina
ma nessuno può cancellare
il nome PALESTINA.

Eppure la Petrolati, che nutre certo molta fiducia nell’animo dei palestinesi, così sottoposti per anni al dominio dell’ingiustizia, che quasi aveva perduto la parola, incapace di «descrivere la distruzione, l’uccisione e la profanazione che l’occupazione riproduce sul corpo della Palestina e del suo popolo», per dirla sempre con la parola poetica di Murad, che si stringe nella solidarietà del popolo palestinese, resistente oltre ogni limite e con dignità, nonostante le terribili atrocità subite, lei prima permane in silenzio, riflette quasi in preda ad un attacco di mutismo, incredula, come se avesse visto la pellicola di un brutto film nella sua fantasia, poi però si sveglia da questo torpore e sente l’urgenza di dedicare le sue parole al «cuore ardente dei palestinesi, ai martiri, alle madri, ai figli, ai giornalisti uccisi, alle migliaia di bambini trucidati».

Si stringe nel suo dolore muto e osserva:

…mi siedo all’ombra delle gesta
dell’antico guerriero che dimora
nell’animo umano.
Ha perso scudo e onore
dignità e giusta causa,
delle antiche battaglie ha ereditato
solo sangue e ferocia,
cecità e avidità,
non ha trovato, l’antico guerriero,
una strada verso il suo cuore,
si perde tra le sterpaglie del dolore
e della famelica rabbia per la lontananza
dalla divina fonte…

Riflette Elisabetta, pensa e ripensa, la voce tremante, il cuore palpitante, confusa:

...tutti i pensieri fuggono e si perdono
in una folata improvvisa di vento…

Sì, i pensieri si aggrovigliano, la soverchiano, si innalzano migliaia di domande, si chiede e si richiede e scrive:

…Ora che c’è tutto e solo silenzio
le pietre tacciono con le pietre,
le case tacciono con le case,
gli alberi tacciono con gli uomini…

…Unicamente le tombe rimbombano
facendo scalpore perché
quando tutto tace si fanno
finalmente grido delle paure,
sarcastica rivincita della morte.

Lei vorrebbe che tutti gridassero, che il mondo si accorgesse di quello che sta accadendo, ma lei sa che le pietre, le case, gli alberi non possono parlare e gli uomini che invece potrebbero denunciare, provare a fermare il genocidio, tacciono, perché non sanno, perché non vogliono sapere, perché non hanno il coraggio di dire.

E in questo silenzio drammatico:

…Corre corre la bambina
con in mano una bandiera
stropicciata, trovata
tra le macerie,
vuole coprire
il corpo di sua madre…

Il più grande trauma di Elisabetta è quello che riguarda i bambini palestinesi, quelli che non possono diventare grandi, perché hanno già pagato con la morte una colpa che non hanno, quelli che sono ancora vivi ma privati di ogni affetto, senza genitori, senza nonni, senza fratelli, soli, vivi ma vivi di una vita irreale, che sentono le voci lontane dei loro cari, che abitano le macerie nel fragore delle bombe, poveri, affamati, malati.

Ma la poetessa deve ammettere che, nonostante tutto questo:

…Nei cuori palestinesi alberga
la dignità della libertà
e vi soffia, poderoso, il vento,
dell’insopprimibile speranza.

Cosa può sanare questa terribile ferita, cosa può porre fine o per lo meno acuire questo dramma inspiegabile alle persone che ancora possiedono un’anima?

Sì, Elisabetta trova conforto nell’‘amore’:

L’amore si pone come l’unica strada per l’evoluzione terrena e spirituale, l’unica arma che può
interrompere la sete di potere e successo, la violenza e le perversioni umane che stanno guidando anche le decisioni dei governi che attualmente detengono il potere economico e politico internazionale.

L’amore, questo sconosciuto, ormai perduto nei ricordi della memoria, dimenticato da tutti, l’amore scolorito, bistrattato, l’amore che ha fatto piangere i poeti, l’amore che ha prodotto fiumi di inchiostro, che ha fatto sognare uomini, donne, scrittori, musicisti, artisti, poeti, l’amore che ci ha fatto volare per un attimo per poi riscaraventarci nel baratro, anche quell’amore malato che ci ha fatto soffrire, sembra si sia perduto nel labirinto della follia, nella confusione delle informazioni contrastanti, nel groviglio degli imbrogli, nella moltitudine dei narcisismi e delle vanaglorie, negli intricati cunicoli della burocrazia e del controllo, nel luridume della pornografia, nella paura, nel terrore dell’altro.

Elisabetta prova a cercarlo nel confine tra il sogno e l’immaginazione:

…Se per un attimo fuggirò il tuo sguardo
puoi trovarmi sulla linea di confine
dove perdono contorno le cose
ti seguirò dove il mondo finisce
e sarò tua alla sorgente della vita
tra le morbide viole.

E tutti noi, imploriamo, prendendo a prestito le parole di un grande poeta:

Resta dove sei
Non andartene via
Resta dov'eri un tempo
(…)
Dacci un segno di vita
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
Portaci in salvo.

Cet amour (Questo amore) - Jacques Prevert, Poesie d'amore (Parma, Guanda 1991), Traduzione di M. Cucchi e G. Raboni.