L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva una risoluzione che conferisce alla Palestina nuovi diritti all'interno dell'ONU, suscitando reazioni contrastanti e aprendo prospettive per una soluzione al conflitto.

Nella riunione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite svoltasi venerdì, è stata adottata una risoluzione che conferisce alla Palestina nuovi "diritti e privilegi" all'interno dell'ONU, sostenendo la loro richiesta di diventare uno stato membro a tutti gli effetti. La proposta, promossa dagli Emirati Arabi Uniti, ha ottenuto un sostegno significativo con 143 voti favorevoli, ma ha incontrato 9 voti contrari, tra cui quelli degli Stati Uniti e di Israele, e 25 astenuti, tra cui Italia, Germania e Regno Unito. Nonostante la Palestina sia uno stato osservatore all'ONU dal 2012, questa risoluzione concede loro nuovi diritti, inclusa la partecipazione alle discussioni su una vasta gamma di argomenti e la possibilità di proporre temi da discutere, pur mantenendo il divieto di voto sulle risoluzioni dell'Assemblea Generale.

Tuttavia, molti osservatori ritengono che l'adozione della risoluzione sia principalmente simbolica e che non garantisca automaticamente alla Palestina lo status di stato membro dell'ONU. Infatti, l'adesione effettiva richiederebbe l'approvazione del Consiglio di Sicurezza, il cui processo può essere ostacolato dal veto di uno dei membri permanenti, tra cui gli Stati Uniti. Nonostante un precedente tentativo nel passato fosse stato respinto proprio a causa del veto statunitense, la nuova risoluzione chiede al Consiglio di riconsiderare la questione.

Le reazioni alla risoluzione sono state varie: il vice ambasciatore degli Stati Uniti all'ONU, Robert Wood, l'ha criticata come un tentativo di aggirare il Consiglio di Sicurezza, sostenendo che il modo migliore per la Palestina di diventare uno stato membro sia attraverso negoziati diretti con Israele.

Infine, il testo finale della risoluzione è stato modificato per affrontare le preoccupazioni sollevate da alcuni paesi, garantendo che i nuovi diritti conferiti alla Palestina non creino un precedente per altri casi controversi, come quello di Taiwan o del Kosovo. Inoltre, nonostante la Palestina sia stata qualificata per presentare una richiesta di ammissione come membro delle Nazioni Unite, il processo rimane soggetto alla valutazione favorevole del Consiglio di Sicurezza.

La reazione della rappresentanza israeliana alla risoluzione è stata di forte disapprovazione. L'ambasciatore israeliano Gilad Erdan ha condannato l'atto, equiparandolo ad aprire le Nazioni Unite ai "nazisti moderni" e definendo la Palestina uno "stato terrorista" guidato da un "Hitler dei nostri tempi". La sua protesta è culminata nell'atto simbolico di distruggere una copia della Carta dell'ONU.

Il portavoce della missione statunitense, Nate Evans, ha sottolineato che attualmente l'Autorità palestinese non soddisfa i criteri per l'adesione previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e che gli sforzi degli Stati Uniti rimangono concentrati sulla ricerca di una pace sostenibile nella regione attraverso una soluzione a due stati. Nonostante la risoluzione possa sembrare già predestinata, la determinazione dell'Assemblea Generale è comunque un passo avanti in un momento di tensione nei rapporti tra Stati Uniti e Israele. La minaccia del presidente Biden di interrompere le forniture di armi in caso di offensiva a Rafah da parte di Netanyahu indica una crescente pressione per il raggiungimento di una soluzione pacifica al conflitto.

L'Italia ha espresso la sua posizione riguardo alla risoluzione adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la quale accoglie la richiesta della Palestina di diventare membro a pieno titolo dell'ONU. Il rappresentante permanente italiano, ambasciatore Maurizio Massari, ha chiarito che l'Italia condivide l'obiettivo di una pace globale e duratura, che può essere raggiunta solo attraverso una soluzione a due Stati, con Israele e la Palestina che vivono fianco a fianco in pace e sicurezza, all'interno di confini riconosciuti e concordati. Tuttavia, l'Italia ha deciso di astenersi dal voto in Assemblea Generale perché dubita che l'approvazione della risoluzione contribuirà a una soluzione duratura al conflitto.

La notizia dell'approvazione dell'ingresso della Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite è stata accolta positivamente da alcuni politici italiani. Elly Schlein, leader del Pd, ha evidenziato che questo rappresenta un passo avanti importante nel percorso verso la pace. Ha sottolineato l'importanza di distinguere il popolo palestinese da Hamas e ha ribadito l'impegno a continuare a lottare per la pace.

Tuttavia, ci sono stati anche commenti critici riguardo all'astensione dell'Italia. Peppe Provenzano, responsabile Esteri della segreteria del Partito Democratico, ha definito l'astensione un errore e ha promesso di chiederne conto in Parlamento. Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, ha evidenziato una presunta contraddizione con il voto del Parlamento del 2015 per il riconoscimento dello Stato di Palestina.

Alcuni esponenti politici hanno espresso forte dissenso nei confronti dell'astensione italiana. Hanno criticato questa decisione, definendola indegna e contraria agli interessi dell'Italia e dei valori di pace che dovrebbe rappresentare.