La scrittura e il mare d’altura. Questo ho imparato nella settimana centrale di luglio 2024 tra Zacinto e Itaca, due isole greche ispiratrici di poeti e poemi, viaggi ed esili.
Dal 13 al 20 luglio di quest’anno ho preso parte a un’esperienza tanto insolita quanto edificante. Ho partecipato a un corso di “scrittura fluttuante” in barca a vela: un ciclo di lezioni quotidiane tenute dallo sceneggiatore Umberto Contarello, Premio Oscar del film La Grande Bellezza (2013) e collaboratore del regista Paolo Sorrentino.
L’imbarcazione dove si è svolta questa entusiasmante avventura è una barca mitica nella storia delle regate: il primo 60 piedi open italiano. Il suo nome è Moana 60 (che in lingua Maori significa oceano), disegnata e realizzata nel 1991 nei cantieri marchigiani della famiglia Malingri, che ha nominato le sue creazioni tutte con questo pedigree.
I Malingri sono i più famosi navigatori e costruttori di barche di altissima qualità d’Italia: giunti alla terza generazione sul mare, che vivono a 360°, continuano a far sognare gli appassionati di vela. Una barca leggendaria, dunque il Moana 60, esteticamente bianca e sportiva, con quattro larghe pennellate verticali turchesi; ma soprattutto una barca dalle prestazioni incredibili, con la quale il suo ideatore fece il giro del mondo in solitaria, senza scalo e senza assistenza, doppiando i tre capi: Buona Speranza in Sudafrica, Capo Leeuwin in Australia e Capo Horn in Sudamerica. Una barca che fu capitanata anche dal grande e compianto velista Simone Bianchetti, e che negli anni continuò a competere nelle più impegnative regate del Mare Adriatico, Tirreno e Ionio.
E proprio in quest’ultimo mare abbiamo veleggiato la seconda settimana di luglio 2024 – al timone si avvicendavano il capitano Nicola Pino e il suo secondo Piero Reschiglian - in 9 sconosciuti, 6 dei quali saliti a bordo a Zante (Germana, Lorenzo, Anna, Irina, Andrea, Giuseppe) mentre tra lo sciabordio delle onde e il sole caldo e lucente il grande Umberto Contarello elargiva i suoi consigli di scrittura e al passo della barca nascevano storie e racconti, in navigazione verso Cefalonia e le incantate coste del Mar Mediterraneo.
Siamo stati coinvolti nella costruzione di un film, ispirandoci al relitto spiaggiato di Navagio, una baia maestosamente turchese abbracciata da alte scogliere dove si racconta nidifichino le tartarughe Caretta-Caretta. Di fronte a quella nave arenata, spaccata in tre pezzi, in stretto parallelismo con le indicazioni didattiche che ci venivano magistralmente fornite, abbiamo appreso che la chiglia è la storia fantasma, ovvero il messaggio nascosto che sottende al lungometraggio, mentre la carena è ciò che si vede, la trama.
Abbiamo poi compreso la differenza tra vento apparente e vento reale, idea illusoria e idea concreta, allorquando un tema avanza solo con la spinta di abbrivio della propria volontà e si arresta quando cala il vento dell’entusiasmo. Insomma: una vacanza istruttiva e coinvolgente, soprattutto per il clima che si è instaurato tra persone di estrazione, professioni e latitudini differenti che hanno condiviso gli spazi ristretti di un luogo non confortevole - una barca snella da regata che costringeva al suo interno a stare tutti chinati a schiena curva e testa bassa - ma poco importava: l’importante era essere uniti dall’identica passione per la scrittura e dallo spirito di amicizia e di comunità come valore in divenire, work in progress di relazioni da coltivare.
Era la prima volta che lo sceneggiatore Umberto Contarello promuoveva questo master flottante e l’iniziativa, nata spontaneamente con un post sulla sua bacheca social, ha ricevuto molte adesioni fin da subito, tanto da riempire tre settimane consecutive. Il corso è terminato infatti il 4 agosto 2024 e con ogni probabilità si replicherà l’estate prossima, dato il successo registrato.
Stare a bordo di Moana60 Spirit of Community è stata per me un’esperienza indimenticabile. Nei giorni di brezza moderata si aprivano le vele e la barca procedeva scivolando silenziosa ma determinata sulle onde. Nei giorni di vento forte, randa, fiocco e gennaker si gonfiavano tese e Moana si piegava su un fianco e tagliava i flutti velocissima, a 9 nodi, alzando scie di spuma candida, noncurante di noi aggrappati alle sue cime, eccitati da tanta potenza.
In giornate senza vento, di mare liscio come l’olio, quando gettavamo l’ancora in vicinanza di spiagge con nomi di santi dove frinivano le cicale, Moana ci sorvegliava nell’atto di tuffarci nel blu del mare aperto, ci guardava nuotare divertiti e giocare tutti insieme a far rimbalzare a bagher un pallone multicolore, per poi asciugarci e tornare a bagnarci all’ora del tramonto o alle prime luci dell’alba.
Moana ci ha coccolato, istruito, nutrito di bellezza. E nella frenesia di una quotidianità iperconnessa ci ha concesso l’impagabile privilegio di una tranquillità condivisa.