Incontriamo la studiosa Maria Rosa Giacon, in occasione dell’uscita dell’atteso A Fiume con d’Annunzio, in Spagna contro Franco (Ledizioni, 2023). Un romanzo, dalle ferree e documentate basi storiche, che consente al lettore di seguire la protagonista nella sua evoluzione personale, strettamente annodata alle vicende italiane e spagnole del periodo.

Parto col chiederle una precisazione. Il suo ultimo lavoro è da considerarsi un romanzo. Tuttavia, pagina dopo pagina, la precisione storica si fa dominante. È stato difficile destreggiarsi tra queste due strutture?

Sì, è stata la parte più impegnativa del mio lavoro. Conciliare il vero storico con il vero poetico, per usare l'espressione di Manzoni, e dunque il verisimile, inventando ma non tradendo, mi è costata parecchia fatica. E tuttora non mi sento soddisfatta del risultato raggiunto: temo di essere stata troppo analitica risentendo della mia impostazione di studiosa, appesantendo il fluire del racconto... E d'altra parte la mia protagonista è amante della verità e la verità è anche nel dettaglio, non solo nello sfondo o nell'affresco generale. Ho cercato di controbilanciare il "peso" di questa fedeltà facendo il più possibile "parlare" i personaggi testimoni degli eventi (gli scampati agli episodi dello scontro feroce con i nacionales) o che li commentano nell'albergo di Joan. Il ricorso al dialogo ha però comportato altre difficoltà: ricreare le movenze del parlato adattandole al registro delle diverse dramatis personae non è stato facile, anche se questo aspetto del lavoro mi ha appassionato. Ho dovuto adottare uno stile mimetico, per così dire.

Immagino non sia stato semplice dare ad Aurora una voce costante, vista la crescita e le molte evoluzioni in cui la seguiamo, un capitolo dopo l’altro…

No, non è stato semplice. La voce narrativa d'un personaggio immerso nella storia, ma che deve mantenere una sua coerenza pur nel mutare degli eventi: questa è stata la difficoltà maggiore. Aurora cambia, si evolve, acuendo la sua percettività e al contempo la sua centratura interiore, da cui dipende la sua stessa capacità di giudizio sui fatti: bisognava rendere tutto questo attraverso il rapporto voce e punto di vista. Anche lei, e lei innanzitutto, deve essere obiettiva come quella verità cui sempre anela.

La finzione d'uno sguardo e d'un racconto post mortem (Aurora parla da un'altra dimensione) mi ha aiutata, lo spero almeno, a costruire un certo distacco d'un personaggio che è narratore e attore al tempo stesso. Ci sono dei fatti di vita che hanno particolarmente inciso sulla sua evoluzione: la nascita e l'amore per il figlio, lo splendido rapporto d'amore con il compagno spagnolo, Jordi, la nascita del nipote Vìctor; mentre, sul piano degli eventi esterni, il fascismo, l'avvento della democrazia spagnola, l'aspirazione catalana all'autonomia, la guerra civile. E tutti i valori che sono collegati alla difesa della dignità umana...

Il titolo del libro “cela” la protagonista, ma cita Gabriele d’Annunzio. Qual è la sua funzione nella trama?

Gabriele d’Annunzio è stato il primo maestro della protagonista, spirito libero e trasgressivo, proprio come d'Annunzio. L'arte quanto l'azione di d'Annunzio sono state un esempio cui, da giovane soprattutto, Aurora tenta di conformarsi. Le sue letture del poeta sono numerose... E se cerca il poeta-soldato prima a Venezia e poi a Fiume non è soltanto per opportunistica richiesta d'aiuto. Rimarrà delusa dall'uomo (che non ha per lei alcun riguardo...), ma non dall'artista e dall'eroe.

Nella sua vastissima bibliografia non mancano saggi, carteggi ed altri romanzi. Si muove in modo diverso per quanto riguarda le ricerche e c’è stata qualche scoperta in particolare che l’ha spinta verso la pubblicazione di quest’ultimo lavoro?

Sì, in modo determinante, la prima scintilla direi del mio desiderio di scrivere, è stata la lettura del carteggio di Ada Colantuoni. Ricordo la circostanza, tipicamente da topo di biblioteca... Occupandomi del carteggio di Zina Hohenlohe e d'Annunzio, ho svolto al Vittoriale una ricerca sull'appellativo Nerissa con cui il poeta-soldato si rivolge a Zina. Ebbene, dal Catalogo Staderini (Archivio Generale del V.) è emerso che d'Annunzio ha adottato tale pseudonimo per un bel po' di signore..., tra le quali Ada, per l'appunto. Ho letto tutte le lettere di queste donne e quelle di Ada Colantuoni mi hanno particolarmente colpita per la loro sensibilità, libertà di pensiero, cultura (assolutamente superiore alla media dei tempi).

Non è la prima volta che la voce femminile affidata agli epistolari mi affascinava. La medesima cosa ho provato quando, mentre curavo l'edizione dell'Innocente per Mondadori e poi per BUR, ho letto e riletto il carteggio di d'Annunzio con Barbara Leoni, le cui lettere, a dire il vero, sono conservate in modestissima misura, ma la cui personalità e sofferenza di donna comunque trapelano dalle risposte di d'Annunzio. Anche in tal caso è scattato qualcosa che mi ha spinto a scrivere un romanzo epistolare inventandomi (ma sulla base delle carte del d'Annunzio stesso e di dati critici e storico-biografici su di lui o delle sue letture) le lettere che Barbara indirizza alla sorella lontana. Racconto tutto questo, perché, sì, l'esplorazione della psicologia femminile è sempre stata per me ragione di fascino e di coinvolgimento. Studiando la sensibilità di Barbara come quella di Ada ho studiato anche la mia...

Posso chiederle a quali progetti futuri stai lavorando?

No, non ho progettato nulla al momento, ma, se dovessi impegnarmi in un'altra avventura, sarebbe probabilmente muovendo da un altro carteggio, non necessariamente dannunziano questa volta. Vedremo...