Il silenzio e l’indifferenza dei grandi mezzi di comunicazione e della cultura “ufficiale” davanti a determinati personaggi della nostra letteratura ci fa capire come anche in campo culturale – al di là delle mode, del gusto e del valore intrinseco delle opere – sia importante avere un certo vento a favore e l’assenso (normalmente interessato) del potere.

Altrimenti si corre il rischio della marginalità, del cono d’ombra non soltanto dei “minori”, ma di chi addirittura non ha sufficiente dignità per entrare comunque nella categoria degli scrittori. Talvolta vi sono anche carenze e responsabilità da parte delle comunità locali, che avrebbero invece il compito di promuovere e far conoscere i loro cittadini illustri, non per orgoglio campanilistico ma per offrire a tutti la miglior conoscenza di autori e opere che rappresentano la ricchezza di un territorio. Il valore e l’universalità poi di uno scrittore non si misura dal distacco o meno dal suo ambiente (e persino dal suo dialetto, e dalle sue tradizioni), ma dalla capacità o dall’incapacità di offrire a chiunque la possibilità di leggere il racconto di una esperienza che illumini in qualche modo il cammino di ogni uomo e di ogni donna che si voglia interrogare e confrontare sulla propria esistenza.

Come è stato notato, la differenza tra letterato e scrittore è questa: che soltanto il secondo riesce ad esprimere efficacemente la realtà, la bellezza ed il mistero della vita. Perché il racconto:

scatena in noi nello spazio di un’ora tutte le possibili gioie e sventure che, nella vita, impiegheremmo anni interi a conoscere in minima parte… Ed è necessario recuperare modi di rapportarsi alla realtà ospitali… non direttamente finalizzati a un risultato, in cui sia possibile lasciar emergere l’eccedenza infinita dell’essere. Distanza, lentezza, libertà sono i caratteri di un approccio al reale che trova proprio nella letteratura una forma di espressione non certo esclusiva ma privilegiata”

(Papa Francesco nella Lettera del 17 luglio 2024 “Sul ruolo della letteratura nella formazione”)

Il giornalista e scrittore Pier Angelo Soldini – nato a Castelnuovo Scrivia il 25 maggio 1910 e morto a Volpedo il 12 luglio 1974 – potremmo dire che sia una vittima illustre di quella “fabbrica culturale” a cui facevo riferimento. Pur apprezzato e valido giornalista e critico d’arte (presente nella “Storia del giornalismo” della Mondadori a cura di Franco Contorbia; ed autore di un bellissimo libro di critica “La luce di Verona”, del 1971), nonché scrittore appassionato, piacevole ma corposo e pregevole (con romanzi come Alghe e Meduse del 1935 e Sole e bandiere del 1956, vincitore del Premio Bagutta nel 1957; e poi con i tre capolavori di letteratura diaristica che sono Il cavallo di Caligola del 1962; La forma della foglia del 1964 e Il giardino di Montaigne uscito postumo nel 1975, successivamente da me ripubblicati con l’editrice Interlinea nel 2009-2010, superando così il “pessimismo realista” dello stesso Soldini, il quale annotava, il 27 febbraio 1962, Penso all’amarezza di Lidia quando, fra trent’anni, chiedendo a un editore sbagliato di fare qualcosa per suo padre, si sentirà rispondere che non valgo nulla, e le nascerà il dubbio che sia vero,La forma della foglia), diciamo che Soldini non ha ancora trovato il posto che gli compete nella letteratura del Novecento.

In più – al di là dei Convegni di studio e incontri da me promossi, con illustri docenti e valenti critici – non va nemmeno dimenticata la mole di recensioni uscite sulle sue opere, con personaggi del calibro di Quasimodo (il quale gli dedicò un importante articolo). Nonostante tutto questo, resta il fatto che Soldini non gode ancora della notorietà e apprezzamento che meriterebbe. E – come accennavo all’inizio – non basta neppure questa sua “giustificazione”, quando annota – sulla fortuna e destino dei libri – che bisognerebbe tenere in debito conto: la pigrizia degli insegnanti i quali, invece di far conoscere voci nuove, si limitano a ripetere ai loro alunni ciò che hanno appreso sui banchi di scuola; i limiti posti da alcuni editori ai compilatori di antologie scolastiche per risparmiare sui diritti d’autore; e la responsabilità di certa critica di parte (“Il cavallo di Caligola”).

In effetti, è proprio qui il punto dolens: la partigianeria, il sorriso compiacente al potere, la funzionalità a certe tesi di comodo (con l’avvertenza che Certi romanzi a tesi sono come quei brani di musica che imitano l’urlo della tempesta, il fragore del mare, lo stormire della foresta, e che riescono sopportabili sino a che hanno un apparato scenico che li sorregga (La forma della foglia). Ecco la lucida consapevolezza dello stesso Soldini, che in altri passaggi dimostra una profonda (e vissuta) consapevolezza del problema.

Pratolini che prende, sotto forma di premio, i soldi da Marzotto e Marzotto che dà i soldi a Pratolini” (per il famoso Premio internazionale “Marzotto”, assegnato dal 1951 al 1968, n.d.r.).

E’ questa l’Italia assurda… Se si è comunisti, penso però che occorra esserlo sino in fondo… Ma forse è chiedere troppo a uno scrittore che ha fatto fortuna. Io credo che se un operaio della Fiat… avesse udito il discorso del presidente del Premio, sarebbe, a torto o a ragione poco importa, uscito dalla sala ribaltando le sedie. Pratolini e Volponi, scrittori di fabbrica, no. Entrambi in abito da sera, come prescrive il regolamento, hanno battuto le mani. Che poi le parole di Paolo Marzotto potessero essere giuste, questo è un altro discorso

(La forma della foglia)

Ed ancora:

L’avevo ritagliata, la dichiarazione di voto di Piovene – in cui è detto, tra l’altro, che lui non crede ‘all’arte come espressione diretta di propaganda, all’arte guidata dalla politica’ – il giorno in cui era uscita sull’organo ufficiale del P.C.I… per poterglielo sciorinare davanti la prima volta che si genufletterà davanti a un nuovo padrone… offrendogli i suoi servizi di falso moralista

(La forma della foglia)

Del resto, … deve essere veramente penoso per certe persone trovarsi senza un padrone da servire (La forma della foglia). Inoltre, Ieri sera – mi dice S. – ho visto Vittorini in trattoria con i suoi soliti amici. E aggiunge indignato: ‘Cosa sanno della vita questi intellettuali se sono sempre e soltanto tra di loro? È da dieci anni che forse non mettono piede su un tram, che non camminano su un prato. E poi parlano di problemi di fabbrica, di alienazione… (La forma della foglia).

Senza contare… che il risultato che otterremo con l’odio di classe, di cui si sta facendo spreco su tutte le piazze… sarò lo stesso che abbiamo ottenuto con l’amore di classe predicato dai pulpiti di tutte le chiese. Cioè zero. È l’uomo – ripeto – che occorre mutare, insegnandogli prima di tutto la dignità di essere tale. Homo sum. La ‘classe’ viene dopo (La forma della foglia)

Oltre a questo, va anche ricordato l’equivoco del fascismo, dal momento che lo stesso Soldini scrive: Difficile passarla liscia sia in letteratura che in politica quando si è cresciuti mentre imperavano D’Annunzio e Mussolini (Il cavallo di Caligola). Inoltre, Mi dice un amico: ‘Col fascismo abbiamo preso una fregatura. Adesso non vorrei che ne pigliassimo un’altra con la democrazia. Perché non abbiamo più tempo, alla nostra età, a rifarci una terza volta, a credere ancora in qualcosa (La forma della foglia).

Per onestà occorre anche rimarcare alcune sue chiare posizioni di critica al fascismo; a cominciare da quella di suo padre (il cui antifascismo non fu tuttavia mai né velenoso né forsennato”, il quale morì “senza ripudiare il suo ingenuo e tenace motto il quale diceva ‘Viva il Duce che alla fame ci conduce’… Come appunto avvenne, Il cavallo di Caligola); e poi ancora, circa il fascismo, un paio di anni prima che cadesse ne avevo predetto l’inevitabile crollo. Ci voleva poco, per la verità, a immaginarlo. Difficile era però, a quel tempo, dirlo (La forma della foglia)

Tuttavia, le cose si imbrogliano nella liturgia ipocrita del “postfascismo”, dove Soldini ammise – con il candore di un fanciullo e la ingenuità del poeta – le sue colpe e così la generale “fornicazione” col fascismo, senza comode – quanto inutili e false – prese di posizione tardive. La verità è che c’è stato un momento in cui, o per inesperienza o per debolezza o per viltà… o per opportunismo o per entusiasmo, con il fascismo più o meno a lungo abbiamo fornicato quasi tutti. Gli astenuti e i ribelli… si contano sulla punta delle dita (La forma della foglia). Quelli della mia generazione… continuano a farmi colpa d’essere stato fascista - dimenticando di esserlo stati anche loro, con in più incarichi e titoli (La forma della foglia). Del resto fu tale il trasformismo di Mussolini e così numerose le sue alleanze che non credo esista italiano… il quale ad un certo momento non si sia trovato a condividerne le idee (Il Cavallo di Caligola).

Per quanto concerne, poi, il particolare rapporto tra fascismo e letteratura, ecco quattro illuminanti annotazioni. Persino Alvaro, così sdegnoso e così rigoroso, diede il suo consenso – quando ricevette il premio di cinquantamila lire conferitogli dalla Stampa in nome di Mussolini – al dittatore (Il cavallo di Caligola). Le accuse che facevano vent’anni fa al fascismo – che qui non intendo difendere come sistema politico – di avere cioè impedito loro di esprimere liberamente le cose che avevano dentro, le fanno ora ai cattolici. Ma scrivano buoni libri, se hanno davvero queste cose da esprimere: scrivano buoni libri e basta (La forma della foglia). Inoltre, Ho sempre avuto il timore di degradarmi al pettegolezzo, o peggio alla volgare delazione, sfatando una volta per sempre le false leggende di martirio, le mistificazioni, le ipocrisie, i falsi, la vigliaccheria privata e civile di tutti coloro che, dopo esserne stati sostenitori e succubi, comunque mai avversari aperti, hanno tentato di separare le loro responsabilità da quelle del fascismo, gettando la croce addosso agli altri (Il giardino di Montaigne).

Infine, ecco la chiusura storica del cerchio. Un’altra confessione contenuta nella lunga prefazione di Ugoberto Alfassio Grimaldi (valente storico e saggista vogherese, n.d.r.) al libro di Marina Addis Saba, che mi sento più che mai di sottoscrivere senza riserve, è quella che Antonio Pigliaru ha pubblicato sulla sua combattiva rivista sassarese “Ichnusa”, scrivendo di se stesso: ‘La mia conclusione in senso antifascista è successiva alla Liberazione, anche se le premesse della scelta ultima si possono, con qualche probabilità, ritrovare già in un modo proprio di essere stato fascista… Ecco una maniera seria – commenta Alfassio Grimaldi – di restituire unità e organicità di sviluppo alla propria formazione’ (Il giardino di Montaigne).

Pertanto – pur non potendo isolare la letteratura dal contesto storico, culturale e sociale in cui si sviluppa – mi parrebbe ora di escludere con fermezza l’equivoco della falsa e sbiadita etichetta di “fascista” appiccicata in passato al nostro scrittore, e godere appieno della bellezza e limpidezza della sua scrittura. Come notava il politologo Ernesto Galli della Loggia (in un editoriale sul “Corriere” del 22 luglio 2007), nell’obbligatorio antifascismo del dopoguerra la democrazia italiana è nata rifiutandosi di guardare indietro alla propria storia; e proprio non avere voluto o potuto guardare nel passato ha impedito di disfarsene davvero distruggendolo dentro di sé.

Soldini, allora, non dobbiamo soltanto “assolverlo”, ma ringraziarlo per la sua schietta onestà, umana prima che intellettuale. Voglio aggiungere ancora tre perle di questa sua piena consapevolezza (civile e privata). In un paese in cui tutti rubano, nessuno ruba. E’ questa la nostra onestà (Il giardino di Montaigne). Leggo sui muri di Milano, ancora oggi, 10 novembre 1973: ‘A morte i fascisti’, scritto con la vernice da fascisti di altro colore. E’ deprimente (Il giardino di Montaigne). Possibile che in questo paese ogni atto di indipendenza debba essere pagato con la solitudine?(Il cavallo di Caligola).

Tornando alle preziose pagine di Soldini (sto attento all’uso degli aggettivi, dopo che lui ha scritto: un ‘sorprendente’ non si nega a nessuno, Il giardino di Montaigne), mi voglio soffermare sulla ricchezza, vitalità e attualità dei suoi tre Diari, una trilogia che rappresenta davvero un capolavoro della letteratura diaristica. Moltissimi i temi affrontati e le emozioni, esperienze e vicende raccontate. Anzi, da questo punto di vista, i suoi sono dei “romanzi-diario” (come lui stesso dirà), nei quali il protagonista della storia è l’autore stesso, che si racconta mettendosi a nudo ed esprimendo i suoi chiari giudizi su fatti, cose e persone.

E questo scrivere a singhiozzo, un brano oggi e uno domani, incalzati dalle esigenze e dalle noie di questa inquieta e disordinata esistenza, è un po’ uno scrivere da disperati. Credo tuttavia che nulla sia più consono alla vita di oggi di questo genere letterario, che potrebbe assurgere a genere letterario dei nostri tempi (Il giardino di Montaigne).

Penso poi che questa sua lucida chiarezza, questa sua capacità di auscultare la realtà e di penetrarla, riuscendo a comunicarci le più sottili sfumature e impressioni, sia anche dovuta al lungo mestiere di giornalista e inviato (abituato perciò ad andare oltre l’apparenza e ad entrare dentro le cose, vale a dire interpretando il lavoro giornalistico come esortava a fare Papa Francesco – nel suo messaggio per la 55° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali – cioè tornando a consumare la suola delle scarpe, uscire dalla presunzione del già saputo per cercare di capire quel che succede davvero).

Infatti, si fa presto a dire giornalismo. Ma senza giornalismo, bisogna avere il coraggio di riconoscerlo, la letteratura italiana sarebbe rimasta ancora nella sua torre d’avorio, aulica e incomunicabile (La forma della foglia); con l’ulteriore salutare avvertenza che sono sempre più convinto, leggendo queste pagine vive, che soltanto attraverso la vita si possa fare della buona letteratura (Il giardino di Montaigne). Ecco allora che Soldini riesce a raccontarci la vita partendo dall’osservazione minuta, quotidiana della realtà, per trasfigurarla in acuta riflessione esistenziale. Anche se lui stesso dirà in questo diario non vi sarà molto pensiero. Ma io non sono uno che pensa, sono uno che vive (Il cavallo di Caligola); la sua forza, il suo segreto, il suo originale “misticismo” letterario è proprio quello di riuscire a trasfigurare la realtà oltre le singole vicende e di riuscire ad offrirci un’autentica esperienza di vita.

Ecco il suo equilibrio e la sua saggezza. L’uomo d’arte – scrittore, pittore, poeta – che scrive di sé, in prima persona, narrando vicende personali, lo deve fare per rievocare, far rivivere e approfondire, attraverso il dono della comunicativa e della poesia, dei fatti universali(Il giardino di Montaigne); e poi quando la filosofia non è anche poesia non è filosofia… (Il giardino di Montaigne).

E su questa “capacità comunicativa” e “metodo” che deve avere lo scrittore (senza contare l’eccessiva modestia di Soldini, quando scrive mi è venuto il sospetto di non avere né un’etica né un’estetica, ma forse solo un po’ di buon senso e di buon gusto. E non so francamente se questo basti per le esigenze di oggi, La forma della foglia), interessanti queste specifiche annotazioni. Le similitudini di Vittorio G. Rossi. Sono quelle di un uomo che vive all’aria aperta: di un uomo che sta in mezzo agli uomini e alle cose (La forma della foglia); continuano ad uscire memoriali, diari, confessioni di letterati. Credo che sia anche la società, così come oggi è formata, a costringere lo scrittore a diventare privato, a guardare dentro se stesso (La forma della foglia); ho incontrato Buzzati al parco dove stavo godendomi una parte di quel verde che di solito, la domenica, vado a godermi a Castelnuovo o a Santa Margherita. Passeggiando al sole si è parlato di lavoro e della dura fatica che costa il creare. No, non credo – mi diceva – che Leopardi sia stato… tanto cagionevole di salute. Per fare dell’arte occorre la forza di un gigante. Scrivere una poesia, ad esempio, è come tagliarsi una vena (Il cavallo di Caligola).

Passando ora a qualche felice brano della prosa soldiniana, troviamo ad esempio poetiche visioni paesaggistiche, come queste. Alla sera la luce esita a spegnersi: diventa di un verde tenero come erba. Anche i tramonti incominciano a essere tramonti e non più un pauroso precipitare di ombre (La forma della foglia); per andare a Castelnuovo la domenica sono costretto a passare il Ticino e il Po. E ogni volta faccio un confronto tra i due fiumi. Quanto il Ticino è azzurro, fresco, scintillante al sole, tanto il Po è limaccioso, torpido, spento alla luce. Sembra, il Po, in queste giornate di calura, un lumacone che si trascini pigramente dentro dune di sabbia infuocata (La forma della foglia); gli alberi alla sera, con le loro chiome gialle e vermiglie mosse dal vento, sembrano bandiere prossime a un naufragio (Il cavallo di Caligola); salgo… a Piazzale Michelangelo. Di lassù Firenze, avvolta in una molle foschia, sembra un dolce che incomincia a guastarsi (Il cavallo di Caligola); questo Garda che, battuto da un po’ di vento, improvvisamente si mette a fare il mare, mi infastidisce. Pensare che ieri era così bello, teneramente dolce, e così lago (Il giardino di Montaigne); quando manca il sole sulla spiaggia, ti senti veramente esposto e nudo come un bruco… Il sole veste (Il giardino di Montaigne); uscito dall’acqua, sta mattina osservavo, sulla piccola spiaggia di Niasca, le gocce che scendevano lungo le gambe, diritte e affusolate, di una giovane donna del colore del bronzo: scivolavano tra gli avvallamenti dei muscoli, lievemente inturgiditi per lo sforzo del nuoto, come piccole perle lucenti. Pareva scorressero su di una statua appena fusa (Il giardino di Montaigne).

Oppure, ecco alcune efficaci note di costume. Il vero signore deve essere avaro in certe cose e prodigo in altre. I genovesi hanno uno stile perché si attengono da secoli a questa norma (Il cavallo di Caligola); da oggi nell’azienda dove lavoro – mi dice l’ingegnere P. che incontro in treno – passo nella categoria dei dipendenti che hanno diritto al cesso con la chiave… Ma è ancor più sorprendente – aggiunge – che ciò sia avvenuto senza alcuna manovra da parte mia (Il cavallo di Caligola); il fatto che troppe signore con il mantello di pelliccia parlino di ‘svolta a sinistra’ non può non mettermi in sospetto (La forma della foglia); due nuove unità di misura. Una si riferisce a ciò che un uomo guadagna e serve a misurarne l’intelligenza. L’altra a ciò che un uomo spende e serve a misurarne la felicità (La forma della foglia); la stupidità è sempre esistita. Ma non è mai stata tanto presa sul serio come oggi (Il giardino di Montaigne); non hanno bisogno di fede, hanno bisogno di dogmi. Per questo sono comunisti o fascisti (Il giardino di Montaigne); per vivere bisogna avere una grande incoscienza o una grande forza di volontà. Tutti gli altri inspirano ed espirano aria, immettono ed espellono cibo, e basta (Il giardino di Montaigne); chi perde salva il meglio di se stesso. Se è un uomo” (Il giardino di Montaigne).

Molto struggenti poi le note autobiografiche:

Sono rari i momenti in cui si riesce a raggiungere la piena beatitudine (che è tutt’altra cosa che la felicità…). Uno di questi momenti l’ho vissuto oggi, tornando da Castelnuovo, durante una imprevista sosta sulla Vigentina… Fermata la macchina al margine di una piantagione di pioppi… sono rimasto non so quanto tempo, completamente ignaro di me e della vita circostante, dentro l’aria trasparente della sera, gli occhi nel verde lago dei prati e delle risaie… Oltre la cima dei pioppi, che presero improvvisamente a stormire, Venere incominciava a tremolare nel cielo ancora acceso dal tramonto. Mi accorsi anche, nel riprendere il cammino, della roggia piena d’acqua sino ai bordi erbosi che aveva continuato a scorrere silenziosa al mio fianco.

(Il cavallo di Caligola)

Incontro sovente un mio vecchio professore di liceo… il quale, con la sua aria di sufficienza, ogni volta rinnova in me quel senso di insicurezza che mi prendeva quando ero suo allievo… E non sono mai stato capace, da allora, di mandarlo una volta per tutte al diavolo.

(Il cavallo di Caligola)

A Castelnuovo incontro una vecchia mondana venuta anche lei a spegnersi, dopo una vita avventurosa, al paese natale… Quante volte, quando era bambino, l’ho tenuta in braccio! Mi dice trattenendomi le mani. Mi spiace che non l’abbia potuto fare anche dopo – le rispondo. E vedo, alle mie parole, che una lieve luce le illumina gli occhi.

(Il cavallo di Caligola)

Fai di tutto per non dare motivo a chiacchiere, e poi t’accorgi che, in mancanza d’altro, parlano male del tuo cappello.

(La forma della foglia)

Il suono familiare del potatoio (uno schiocco come un verso d’uccello), che ogni anno in questi giorni odo giungere dai giardini attorno a casa, mi dà una dolce commozione. Ricordo Castelnuovo e mio padre, chino sotto un tenero sole, mentre mette in ordine le sue rose.

(La forma della foglia)

Talvolta, mentre faccio i soliti quattro passi dopo cena in via Machiavelli, quando ormai la gente è rientrata quasi tutta nelle proprie case, mi sento come un marinaio che cammina sul ponte di una nave abbandonata”

(Il giardino di Montaigne)

Non mi pentirò mai abbastanza d’aver aspramente redarguito Lidia, facendole per di più una specie di morale, un giorno che, da bambina, mentre eravamo a Castelnuovo in visita ai nostri morti al cimitero, si mise a giocare nascondendosi tra le tombe illuminate da un sole giovane, gentile e miracoloso, come quello di oggi qui a Milano. Era la spontaneità, la purezza, la gioia di vivere. Maledette costrizioni… E’ così che guastiamo l’innocenza dei nostri figli.

(Il giardino di Montaigne)

Pur non volendo ora proseguire con altri frammenti antologici (sull’arte, la cultura, la vita, il lavoro, l’amicizia, lo sconforto e la speranza, la religione e la Chiesa, gli animali e il mistero), prima di passare alle mie conclusioni, voglio soltanto aggiungere (per il discorso che si faceva all’inizio sui limiti della meritocrazia anche in ambito letterario e culturale) questa emblematica osservazione del nostro Autore.

Siamo giunti a questo. X mi dice: ‘Se pubblico il mio libro con l’editore G., perdo lo ‘Strega’ dell’anno prossimo, perché all’editore G. lo daranno sicuramente quest’anno. E se aspetto l’esito dello ‘Strega’, caso mai dovesse avvenire un colpo di scena, perdo il pubblico delle spiagge’. Credo che, in fatto di degradazione, non si possa andare oltre. E poi questi scrittori alla moda vogliono essere rispettati, si lamentano della critica sbrigativa. Ma hanno la critica che si meritano.

(Il giardino di Montaigne)

L’opera di Soldini meriterebbe certamente una più alta considerazione (e farebbe anche molto bene in ambito scolastico, come antidoto all’ipocrisia e al nozionismo senz’anima che talvolta si riscontra in aula). E a proposito di tendenze, correnti o “generi letterari”, concordo pienamente con lo stesso Soldini, quando osserva: l’editore X mi domanda in base a quale criterio vado scegliendo le opere della Collana del Sagittario. ‘Faccio del mio meglio’ – gli rispondo – per trovare libri belli, senza badare a tendenze… Non vorrei, facendo statistiche in anticipo, lasciarmi sfuggire l’occasione di segnalare qualche buon racconto o di scoprire addirittura uno scrittore. Il discorso è troppo semplice. Non lo convince. E non mi affiderà nessuna collana da dirigere per la sua Casa” (l cavallo di Caligola); ed ancora, per me non esistono tendenze ma solo libri buoni e libri cattivi… E siccome è quasi impossibile trovare opere che siano nello stesso tempo stilisticamente e moralmente impegnate, mi accontento di indicarne ai lettori alcune che posseggono il primo requisito e altre che posseggono il secondo (La forma della foglia). Infine, lo scrittore o è popolano o è aristocratico: borghese mai. Quando è borghese è… istrione o pasticciere (Il giardino di Montaigne).

Per me i “diari” di Soldini hanno entrambi i requisiti sopra descritti, perché nella pregevole limpidezza di scrittura troviamo una sensibilità, una dignità, un’onestà e un’intelligenza narrativa davvero uniche. Vorrei concludere con questo significativo (e simbolico) episodio.

Il gatto a bordo. I marinai avevano paura a tenerlo in batteria perché il comandante non voleva animali sulla nave, e lo affidarono a me. E ogni tanto, quando si era impegnati in qualche missione, venivano a vedere se fosse tranquillo o agitato. Per questo non volevano privarsene… Così lo vidi il giorno della battaglia di Pantelleria quando, nel pieno del cannoneggiamento, scesi in cabina a cercare qualcosa che mi serviva. Tutto era all’aria a causa degli schianti: cassetti spalancati, libri rovesciati, oggetti infranti. Ma lui continuava a rimanere impassibile sul suo stipetto. E ne ebbi effettivamente coraggio. (Il cavallo di Caligola).

Io penso che quel “gatto a bordo” – nelle tempeste, nelle incertezze, nelle difficoltà della vita – possa rappresentare il valore dell’arte e della letteratura; in quanto l’arte e la letteratura non devono essere soltanto allarme e denuncia, ma grazia e fede (La forma della foglia). Perché spesso… “più rintronano le armi più i poeti cantano l’amore. Vedi Pascoli… L’arte non è specchio della vita, ma reazione alla vita (La forma della foglia).

Aggiungo un ultimo consiglio: quello di rileggere le opere di Soldini, perché ti accorgi, rileggendo un libro a distanza di una settimana, che un buon numero di cose, talvolta stupende e delicatissime, ti erano sfuggite: e che, senza quella rilettura, le avresti perdute per sempre! (Il giardino di Montaigne). Infatti, come ha scritto Ugo Ojetti (scrittore dalle “finezze inarrivabili”, come definito da Luigi Maria Personè), dai libri che leggi, posso giudicare la tua professione, cultura, curiosità. Dai libri che rileggi conosco la tua età, la tua indole, quello che hai sofferto, quello che speri.

Grazie Pier Angelo per le tue pagine così nitide, appassionanti e ricche di sorprendenti sfumature, nelle quali possiamo trovare gioia e aiuto per recuperare la rotta nella nostra inquietudine esistenziale.