Per trent’anni ho passato le mie vacanze estive nell’Alto Adriatico, a Bibione, e questo mi ha permesso di conoscerne bene la costa da Venezia a Grado, a Trieste e oltre, fino in Slovenia e Croazia (si veda in proposito il mio articolo “Rilke e Duino” su Meer – edizione italiana del 28 marzo 2024). Da poco mi sono trasferito all’altro estremo dell’Italia, quello occidentale, a Sanremo. E subito mi sono apparse chiare le similitudini tra Abbazia, sul golfo del Quarnaro e Sanremo nel ponente ligure, quali luoghi privilegiati dell’aristocrazia e dell’alta borghesia della Belle Époque, nonché rifugio di molti artisti e scrittori in cerca di quiete e d’ispirazione.
Cominciamo con Abbazia.
Abbazia
Abbazia (oggi Opatjia, in Croazia) è stata la località balneare più alla moda dell'Impero austro-ungarico fino alla Prima Guerra Mondiale. La sua fortuna iniziò quando il nobile fiumano Iginio Scarpa vi realizzò nel 1844 la Villa Angiolina in memoria della moglie prematuramente scomparsa, attirandovi con le sue feste le aristocrazie croata, austriaca, boema e ungherese, inclusi i membri della famiglia imperiale asburgica. In breve, si sparse la fama di un luogo dall’ottima aria di mare, all’epoca ritenuta indispensabile per curare malattie quali l’asma e la tubercolosi, e fu facile accedervi grazie alla ferrovia meridionale che vi arrivava da Vienna.
La fama era comunque più che giustificata dalla bellezza del luogo, incuneato fra l’Istria e la costa croata, fronteggiato dalle grandi isole di Cherso e Veglia e protetto dai venti del Nord da alte montagne coperte da fitti boschi di lauro. Ciò crea un microclima di tipo sub-tropicale in cui prospera una vegetazione lussureggiante di palme, pini marittimi, querce, cedri, buganvillee, ulivi e oleandri. La costa è rocciosa, inframmezzata da calette dall’acqua azzurra e cristallina. Insomma, un vero paradiso, che ne fece molto presto una delle destinazioni turistiche più attraenti d'Europa, assieme a Biarritz, Cannes, Nizza, Bordighera e, per l’appunto, Sanremo.
Le grandi dimore dei ricchi di una volta sono ora alberghi di lusso. A differenza di altri luoghi storici di villeggiatura, quali la Costa Azzurra e la Riviera ligure, Abbazia e la sua riviera non hanno subito – a causa forse dei quasi cinquant’anni di regime socialista jugoslavo ‒ le devastazioni causate dalla speculazione edilizia degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Anche se non è più il centro mondano di un tempo, oggi Abbazia (anzi, Opatija), dopo essere stata italiana fra le due guerre mondiali, dopo essere stata italiana fra le due guerre mondiali – ma l’unica traccia che ho trovato di quel periodo è la scritta su un tombino : acquedotto municipale Abbazia, 1935 XIII - continua la sua lunga tradizione di località di villeggiatura, come ai tempi della monarchia austro-ungarica, grazie alla posizione privilegiata tra l'Europa centrale e il Mediterraneo, al clima mite tutto l'anno, al bellissimo paesaggio naturale e alle splendide testimonianze architettoniche di un tempo.
E, corsi e ricorsi della storia, la bellissima passeggiata sul mare da Volosco a Laurana, tuttora chiamata “lungomare” dai locali, dopo aver portato il nome del Maresciallo Tito in epoca comunista, è tornata ad essere intitolata all’imperatore Francesco Giuseppe.
Visitatori illustri di Abbazia
Lunga la lista di teste coronate che frequentarono Abbazia nella Belle Époque. Citiamo a caso: l'imperatore Francesco Giuseppe d’Austria, sua moglie Elisabetta "Sissi" e il loro sfortunato figlio l’Arciduca Rodolfo, l'imperatore Guglielmo II di Germania, la regina Elisabetta di Romania, nota come poetessa con lo pseudonimo di Carmen Sylva, il re dei Belgi Leopoldo II e molti altri. Ma, in linea con i miei articoli di “turismo letterario” preferisco ricordare i molti scrittori e artisti che elessero Abbazia a luogo privilegiato dei loro soggiorni. A giudicare dalla lunga lista, la città deve aver rappresentato per loro una perfetta fonte di ispirazione.
Andiamo anche qui a caso: James Joyce, nel 1904, in visita da Trieste e Pola dove insegnava inglese, Anton Chekhov, o compositori come Giacomo Puccini e Gustav Mahler (che vi compose la sua Quarta sinfonia) assieme alla moglie Alma, lo scrittore polacco Henryk Sienkiewicz, premio Nobel per la letteratura nel 1905 e un tempo famosissimo per il suo romanzo Quo vadis.
Ma i visitatori più pittoreschi furono indubbiamente la coppia costituita da Isadora Duncan, “madre della danza moderna” e suo marito, il poeta bolscevico Sergei Esenin. I due si erano sposati nel 1921, nonostante la celebre ballerina statunitense avesse 18 anni più di lui e conoscesse solo una dozzina di parole in russo (mentre il poeta non parlava nessuna lingua straniera). Isadora Duncan scrisse nelle sue memorie di aver tratto ispirazione per i suoi famosi passi di danza dal movimento delle foglie delle palme di Abbazia. Scrive la danzatrice-coreografa : “Nella città di Abbazia c'era una palma fuori dalle nostre finestre e, osservando le sue foglie che tremavano nella brezza del mattino, ho avuto l'idea del modo in cui fremono le mie braccia, le mie mani e le mie dita.” Quanto ad Esenin, ridotto, lui poeta celeberrimo in patria, a fare il "marito di Isadora Duncan", era spesso ubriaco, e le sue crisi di rabbia gli fecero distruggere camere d'hotel e creare scompiglio nei ristoranti.
Sanremo
Molto di quello che ho detto di Abbazia potrebbe ripetersi per Sanremo. Anche la città ligure divenne nell’Ottocento e nei primi del Novecento meta di teste coronate, artisti e celebrità che sfuggivano agli inverni continentali per godere del favorevole clima mediterraneo e curare le malattie respiratorie. Se il golfo del Quarnaro aveva attratto soprattutto mitteleuropei, la Riviera dei Fiori fu principalmente meta di bizzarri granduchi russi e vecchi aristocratici inglesi, gente eccentrica e cosmopolita, che già nell'Ottocento aveva acquistato ampi terreni per edificare ville circondate dal verde.
Cominciamo anche qui con i sovrani: la più famosa fu Maria Alkexandrovna, moglie dello zar di tutte le Russie Alessandro II. Fu lei a far edificare a Sanremo la splendida chiesa del Cristo Salvatore con la sua forma architettonica tipica del culto ortodosso, fusa con lo stile liberty di inizio Novecento. E a lei è stato dedicato il principale lungomare della città, Corso Imperatrice. Altra personalità giunta a Sanremo per curarsi il Kronprinz Federico, figlio del Kaiser Guglielmo I di Germania. Arrivò nel 1887 con la famiglia e un numeroso seguito per curare un tumore alla laringe. Il clima stava giovando alla sua salute, fino a quando dovette ripartire all'improvviso per la morte del padre.
Fu proclamato imperatore come Federico III ma morì solo tre mesi dopo, a Potsdam e fu succeduto dal figlio Guglielmo II (per questo in Germania il 1888 è ricordato come “l’anno dei tre imperatori”). Altro episodio storico di quel periodo la conferenza internazionale che si tenne nel bizzarro Castello Devachan nel 1920, e si concluse col trattato di Sanremo in cui Francia e Gran Bretagna smembrarono l’impero ottomano, si spartirono il Medio Oriente e sancirono la Dichiarazione Balfour sull’impiantazione degli Ebrei in Palestina (con le drammatiche conseguenze che ancora oggi lacerano la regione). E per restare in ambito mediorientale : nel 1923 Maometto VI, ultimo sultano-califfo dell'Impero ottomano arriva a Sanremo con una corte di mogli, eunuchi e guardie circasse e vi si installa, per quello che crede un breve esilio, in attesa del crollo di Mustafa Kemal Atatürk che lo ha detronizzato. Per tre anni l'esule lavora inutilmente alla realizzazione del suo obiettivo di capo della dinastia. Dopo aver dilapidato tutti i suoi averi, muore nel 1926 e sarà sepolto a Damasco.
E veniamo agli artisti.
Nel 1877 trascorse qualche mese a Sanremo Pëtr Il'ic Cajkovskij.Era molto depresso, si era sposato da pochi mesi per nascondere la sua omosessualità, e il matrimonio era già fallito. Tra i tanti che si innamorarono di Sanremo negli anni Settanta dell'Ottocento spicca Edward Lear, celebre scrittore e illustratore inglese, che vi costruì la "Villa Tennyson" così chiamata in onore del grande poeta suo conterraneo, e riposa nel locale cimitero monumentale di Foce. Lear è specialmente ricordato per i suoi limerick, forme di brevi poesie/filastrocche comiche e surreali. L’ultimo limerick lo scrisse per la sua propria tomba:
There once was a man named Lear
Who found limericks so dear
His final resting space
Is an unusual place
Most people don't know he's here.[C'era una volta un uomo di nome Lear
Che trovava i limerick così cari
La sua ultima dimora
È un luogo insolito
La maggior parte della gente non sa che è qui.]
Henry James ambienta alcuni episodi del Ritratto di signora a Sanremo, da lui definita “la soglia d'Italia”. E per finire, un altro autore di best seller dell’epoca (dai suoi romanzi Hollywood trae film con Rodolfo Valentino), Vicente Blasco Ibañez, oggi dimenticato. Il suo Il nemico delle donne offre il miglior ritratto della Riviera mondana fin de siècle. Lo scrittore spagnolo scrive della città: “sui pendii si intravede il mosaico multicolore delle villete, ecco Sanremo con le sue spiagge piene di poesia ...”
Oggi Sanremo non è più il centro d'attrazione esclusivo dell'alta società, il luogo ricercato dall‘aristocrazia internazionale colta e raffinata e dall'alta borghesia imprenditoriale del Nord Europa. Quello che è oggi rimasto l’unico nume tutelare letterario di Sanremo (gli è stato intitolato un lungomare e le fornite librerie della città traboccano di libri suoi e su di lui) Italo Calvino - non il mio scrittore preferito, troppo esile, freddo e cerebrale per i miei gusti - scrisse della città alla fine degli anni Trenta:
La ‘belle epoque’ della Riviera era finita .... Con la guerra, San Remo cessò d'essere quel punto d'incontro cosmopolita che era da quasi un secolo (lo cessò per sempre; nel dopoguerra diventò un pezzo di periferia milan-torinese).
Pur essendo io stesso uno dei tanti milanesi a Sanremo, non sono del tutto d’accordo con lo scrittore. A Sanremo abbondano ancora i turisti stranieri di tutte le nazionalità, così come ci sono agenzie immobiliari con scritte in cirillico e gioiellieri che vendono icone antiche e uova di Fabergé, riecheggiando antiche frequentazioni russe (anche se i clienti non sono più gli aristocratici ma i “magnati” ed “oligarchi” dei nostri tempi). E al di là dei troppi, brutti palazzi della speculazione edilizia (ancora Calvino, si veda il suo omonimo romanzo del 1963) e del traffico caotico, Sanremo conserva il suo flair internazionale e le tracce della sua spumeggiante Belle Époque.