Martedì 19 giugno.

Vediamo numerose squadre di lavoratori intenti a rimettere a nuovo Glyn Jones Road, la via principale della città: dipingono tutte le case, incluso gli infissi ed ogni dettaglio, oltre ad attaccare bandiere ovunque per celebrare il quindicesimo anniversario dell’indipendenza, avvenuta il 6 luglio del 1964. Sarà presente alla parata anche la Regina Elisabetta II, pertanto tutti i barboni lungo la via del corteo vengono caricati su dei camion e trasferiti nelle retrovie e nei villaggi dell’entroterra. Wishes ci fa una breve sintesi sulle tribù del Malawi che mi affretto a segnare sul taccuino. Al nord abita la tribù dei Tumbuka, al centro quella dei Chichewa e al sud ci sono gli Yao, che parlano una lingua molto simile al swahili. La lingua nazionale è quella dei Chichewa perché il dr Husting Kukuma Banda, leader e presidente a vita della nazione, è un “Chichawa man” nato nel centro del Paese.

Ieri pomeriggio il clima era migliorato ma oggi è tornato il freddo e la pioggia. Seminiamo Wishes, perché è bravo ma pesante. Entriamo in banca, l’impiegato della Thomas Cook dice che domani probabilmente daranno l’ok per un acconto ad Aldo. Speriamo. Cambiamo tutti i dollari rimasti in moneta locale, se non interviene in aiuto la Cook siamo sul lastrico. Qui incontriamo il tedesco Patrik appena arrivato dallo Zambia, il quale afferma che a Lusaka fa molto più freddo che a Blantyre e aggiunge che non è poi così pericoloso come dice la gente: “Non mangiano i bianchi, non tutti”.

Mercoledì 20 giugno.

Ogni giorno andiamo a letto alle 20 e ci alziamo alle 6, qui la vita è così, per tutti. Il nostro piatto fisso, al ristorantino della porta accanto, è a base di patate bollite e insalata. A volte ci aggiungiamo una fetta di “nsima”, la polenta bianca di mais che si usa comunemente come fosse pane.

Questa mattina è successa una cosa che per certo ricorderò finché vivo. Domenica scorsa, da un paio di bambini abbiamo acquistato dei giochi ricavati con il fil di ferro. Talmente belli da farci dire: “Ragazzi, se mercoledì arrivano i soldi in banca, ve ne acquistiamo altri”. Alle 9 siamo puntuali in banca ma di soldi ancora niente. Quando usciamo, con grande stupore, vediamo la piazza piena di bambini che, essendosi sparsa la voce che dei bianchi acquistano questo genere di cose, hanno lavorato in competizione tra loro e senza sosta per due giorni.

La piazza ora è una marea di teste di bambini e ragazzini che stringono tra le mani i propri lavori d’artigianato, come auto, camioncini, pupazzi su tricicli, musicisti che suonano i tamburi, ognuno modellato ad arte e funzionante con ruote e movimenti meccanici di braccia e gambe, fatti apposta per noi. Li cedono per meno di due dollari l’uno, ma noi non abbiamo nemmeno quelli. L’imbarazzo è talmente grande che vorrei schiacciare un pulsante e volare di colpo su un pianeta a parte. Per fortuna, un ragazzino sui dodici anni, che parla inglese e chichewa, la lingua ufficiale del malawi, si prende l’incarico di fare da traduttore tra noi e la moltitudine di artigiani in erba. Infanti dai visi mogi che ascoltano attenti e delusi, uno strazio.
Speranzosi che la questione economica si risolva a breve, lentamente ci allontaniamo senza promettere nulla ai presenti, per evitare che la cosa si ripeta. Anche se privi di denaro, alla stazione mi segno ugualmente gli orari e i prezzi dei bus per Lilongwe, Zomba e Monkey Bay sul lago. In treno si va solo a Salima ed alla capitale Lilongwe. I battelli sul lago Malawi costano da 4 a 5k per ogni percorso, nessun sconto agli studenti. Alle spalle della stazione, oltre la ferrovia, c’è uno spiazzo tra il verde dove si radunano i pusher locali che vendono stecche d’erba per appena 10-20 centesimi.

Per girare liberamente, a differenza del furgone Combi noleggiato in Sudafrica, in questi di Blantyre non si riesce a staccare il contachilometri e neppure sono adatti per dormirci, poiché hanno fila di sedili. Quelli più a buon mercato li vediamo accanto al Queen Elisabeth Hospital, nel quale entriamo per aggiornare le vaccinazioni ormai scadute. Il vaccino per il colera e per la febbre gialla ci costano 0.60k ciascuno, mentre il vaiolo è gratis. Il medico ha un volto curioso, stralunato, accetta di falsificare le date dei libretti scaduti in cambio di qualche soldo, che non abbiamo. Gli do una sigaretta.

Per strada, i bambini di soli 5-6 anni raccolgono da terra i nostri mozziconi di sigaretta e li fumano con passione. Stessa cosa fanno gli adulti. Il Malawi è un Paese poverissimo. Noi ci stiamo integrando perfettamente, sono ormai sei giorni che mangiamo solo patate irlandesi e insalate. Aldo dice che le banane tigrate sono una leccornia. Rimaniamo solo coi soldi per prendere il caffè domani mattina e poi “finish!”.

Giovedì 21 giugno.

Come al solito ci alziamo presto e ci laviamo al freddo tra spifferi di vento ovunque. Oggi, facciamo “colazione” in centro, in compagnia dei traffichini che vendono collane. Giusto un caffè ed una fetta di pane a testa e siamo al verde! Victoria Avenue è la via dell’ufficio turistico e delle banche, nessuna però cambia valuta italiana e in Malawi non esiste alcuna rappresentanza diplomatica del nostro Paese a cui rivolgerci. Speriamo nella risposta della Thomas Cook: situazione di attesa, tempi lunghi e noiosi. Infine, il direttore della Cook da ad Aldo 50k a titolo di acconto, equivalenti a circa 60 dollari, appena sufficienti per cibo e alloggio. Se non arriva il telex da New York con l’autorizzazione a saldare Aldo entro lunedì, dobbiamo decidere se aspettare ancora una settimana o se invece farci dare un altro acconto e proseguire il viaggio nel prossimo Stato.

Per prima cosa andiamo a mangiare qualcosa di diverso del solito allo Snack Bar che si trova sopra al supermercato, accanto al negozio di souvenir, un luogo per Vip ma con prezzi inferiori alla nostra guest-house. Ci basta un semplice hamburger con patatine per tornare arzilli. Passiamo all’Apollo Cafetery per giocare a biliardino, un locale che raduna diverse prostitute. L’atmosfera di Blantyre è triste, fa freddo. E non c’è un luogo caldo dove rilassarsi. Al pomeriggio, se esce il sole, scalda, ma il cielo è quasi sempre coperto con pioggia.

Nel tardo pomeriggio entriamo al Sin-Rising Restaurant & Bar, il locale serale tipo pub più vivace di Blantyre, con buona musica ed un paio di biliardini. Restiamo al caldo per un paio d’ore, durante le quali battiamo tutti i presenti a biliardino. Nei pub, qui come al White Hearth, si respira un’aria da parrocchia, da bravi ragazzi. Le ragazze presenti sono tutte bruttine. Scambiamo alcune opinioni col gestore, ne emerge che per i malawiani una nazione è giusta solo quando i supermercati sono ben forniti, con molto cibo, cioè l’essenziale: “Non come in Zambia, dove non c’è cibo, i negozi sono vuoti e tutto è carissimo”. E aggiunge: “Il lusso è invece una storpiatura del benessere, una esagerazione, da evitare”. Tornati alla guest-house, notiamo che sono arrivati alcuni giovani viaggiatori con zaino ma sono pochi non essendo ancora stagione.

Venerdì 22 giugno.

La polizia continua a caricare su camion dell’esercito intere famiglie di poveri, che si dimostrano ovviamente molto contrariati e arrabbiati. Vengono tutti trasferiti in campi e tendopoli all’interno. Anche quelli che abitano lungo la strada principale, giudicati comunque poco decorosi al passaggio della Regina Elisabetta II del prossimo 6 luglio. Un provvedimento brutale, irritante e sgradevole.

Nella solita sosta d’obbligo in banca, ci avvertono che è arrivato un telex per Aldo dalla Thomas Cook, ma il consenso al pagamento è invece sostituito da una richiesta infinita di ulteriori informazioni, del tipo: “Perché non ha comprato i traveller’s cheque in Italia? Con quanti dollari è uscito dall’Italia? A chi li ha dichiarati? Che mestiere fa? E altre domande che rivelano incertezze e tempi lunghi.

Ceniamo al ristorante cinese Golden Egg, un fast food sul genere Wimpy ma più curato e costoso, aperto solo di sera e preferito dai bianchi impiegati di Blantyre.

Sabato 23 giugno.

I tre viaggiatori irlandesi, giunti due sere fa, dormono nel dormitorio che costa appena 0.40 centesimi a persona, ma lamentano che i letti sono scomodi privi di lenzuola e panni. Con loro, questa mattina, c’è Loren, un giovane canadese che dorme nella sua tendina da viaggio piantata dietro alla nostra rest-house. Loren è molto loquace e racconta delle sue esperienze vissute in questa parte di Africa: “A Lusaka, in Zambia, due svizzeri stavano mangiando un gelato davanti alla posta centrale, è arrivata la polizia e li ha arrestati come spie. Altri due giovani inglesi, un po' sciroccati, sono arrivati a Lusaka da Londra indossando una giacca militare e all’aeroporto hanno chiesto informazioni sulla via da Lusaka per la Rhodesia, li hanno subito arrestati!”.

Questo genere di episodi mi fa venire alla mente e raccontare ai presenti la disavventura capitata al mio caro amico Gigi Fontanesi, pilota di Formula 3, quando senza colpe si è trovato in Turchia a vivere un’esperienza brutale descritta bene, per associazione di fatti, nel film Midnight Express di Alan Parker. Gigi era diretto in oriente con la sua maggiolino Volkswagen quando sui monti dell’Anatolia si è scontrato con un camion. Incidente che per risolvere con i meccanici, l’assicurazione, la burocrazia, la lingua e tutto il resto, ha messo a dura prova i suoi nervi.

Giunto di nuovo ad Istanbul, dopo un viaggio massacrante di quasi tremila chilometri, con l’auto ammaccata e priva di parabrezza, si reca all’aeroporto febbricitante e distrutto dalla fatica, al punto che proprio prima di salire sull’aereo sviene esausto. Al risveglio si ritrova arrestato in manette su di una camionetta della polizia, convinta che il suo malessere sia dovuto all’assunzione di droghe. Si agita e viene picchiato e sempre per l’agitazione dal carcere lo trasferiscono al manicomio, assieme a criminali pericolosi e pazzi furiosi - così li ha descritti Gigi. Sette giorni trascorsi senza parlare e senza sapere nulla del suo destino.

Per non impazzire, si era messo a contare le foglie di un albero di fico. La tensione nervosa poi gli ha provocato un blocco al collo. Al controllo dei medici turchi per stabilire se è veramente “matto”, Gigi si presenta ed è costretto a parlare con il collo e il volto bloccato verso sinistra, pur tuttavia, riesce faticosamente a superare la prova. Crede che lo rilascino e invece lo riportano in prigione per altri interrogatori. Il giorno dopo viene accompagnato al Consolato italiano, dove gli chiedono se preferisce andare in ospedale o a casa. A casa subito, dove arriva completamente stravolto.

Loren riprende con il suo vissuto recente, sottolineando che sia Lusaka che Livingstone, nei pressi delle cascate Victoria, per i bianchi sono due città abbastanza pericolose: “L’aviazione rodesiana ha bombardato Livingstone, ma al nord e nei paesi non c’è pericolo, è brava gente. Purtroppo, in tutto il paese non c’è cibo e quello che trovi è molto caro”. Loren è entrato e uscito dallo Zambia via terra senza problemi, ribadisce che è tutto costoso ma grazie al mercato nero vantaggioso col dollaro si riesce a bilanciare le spese. Oggi pranziamo al PTC Store & Snack Upstair, pieno di studentesse che puntano i bianchi, anche se in verità di bianchi giovani a Blantyre ce n’è sono pochi. Anche qui le donne danno molta importanza all’automobile. Da noi in Europa sono attratte dalle belle macchine, mentre qui basta una macchina qualsiasi, solo che sia macchina.

Mattinata con pioggia e vento, pomeriggio con sole. Siamo alla stazione degli autobus per capire quale bus va a Zomba domani, nostra gita domenicale. Ci sono pure i bus che prima della guerra civile in Mozambico e Rodesia andavano in Mozambico via Thyolo e per Salisbury via Kunthembwe e Mwanza, mentre ora conducono solo fino al confine. A noi sarebbe piaciuto andare in Mozambico, ma al momento non è possibile: dall’indipendenza dai portoghesi avvenuta nel 1975, il partito di governo filosovietico, Frelimo, è messo a dura prova dal conflitto interno di guerriglia del movimento armato Renamo, sostenuto da Rodesia e Sudafrica.