3 del mattino
Mi sveglio nella mia stanza in una guesthouse a Siem Reap, seconda città più popolosa della Cambogia. Ho dormito poco per l’eccitazione, cosa che mi capita fin da piccola, ma non mi sento stanca, perché oggi andrò a visitare uno dei luoghi nella mia to-do list durante il mio viaggio qui nel Sud-est asiatico: Angkor Wat.
Angkor fu sede dell’impero Khmer, che tra il IX e il XV secolo regnava su gran parte dell’Indocina, comprendendo l’odierna Cambogia, la Thailandia, il Laos e il Vietnam meridionale. L’area dell’ex città imperiale si estende su una superficie di 400 km2, rendendolo uno dei siti archeologici più vasti al mondo. Qui sorge anche Angkor Wat, il complesso templare più grande esistente ai giorni nostri, dove quotidianamente migliaia di turisti ammirano l’imponente struttura, alla ricerca di una spiritualità ormai estinta.
Mi preparo velocemente e prendo il mio scooter elettrico con cui mi dirigo verso il sito, che si trova a circa 20 minuti dal mio alloggio. Dicono che vedere l’alba da dietro il maestoso tempio sia un’esperienza da non perdere, quindi per sicurezza vado lì un po’ prima, per trovare posto in prima fila. Mi addentro nella foresta tropicale che circonda il sito dell’antica città di Angkor, di cui ora rimangono solo i templi, al buio, completamente da sola. Però non ho paura, la solitudine del mio viaggio in Asia non mi rattrista, anzi, mi fa sentire viva, indipendente…libera.
Una volta arrivata al gate principale un gruppo di guardie controlla il mio biglietto con la foto del mio passaporto stampata. Dopo alcuni apprezzamenti non richiesti e accertamenti sulla mia identità, mi fanno passare. Prima di varcare le antiche porte di Angkor Wat bisogna passare su un ponte di plastica non molto stabile, soprattutto con l’oscurità, quindi mi faccio luce con la torcia del telefono, che anche se poco mi aiuta ad attraversare il ponte e le porte principali del complesso templare senza difficoltà.
Ed eccola lì, l’alba che fa lentamente capolino dal tempio, riempiendo di gioia tutti i presenti, me compresa. Ho avuto la fortuna di visitare diversi luoghi mozzafiato nella mia vita, ma questo credo che li batta davvero tutti. Non è facile descrivere l’emozione che si prova nell’osservare il cielo tingersi di varie sfumature di rosa con in sottofondo il suono della giungla e un tempio secolare, è una di quelle sensazioni che fanno riflettere e domandarsi che cosa sarebbe successo se non si fosse presa la decisione in un giorno qualunque di prendere quel volo di sola andata per l’altra parte del mondo e di lasciare che il destino faccia il suo corso, con la serena rassegnazione di chi accoglie tutte le esperienze di vita come un capitolo della propria esistenza, senza opporre resistenza.
Dopo aver scattato foto per immortalare questo momento magico è ora di esplorare il sito. Angkor Wat è enorme, le sue pareti sono decorate con milioni di storie del popolo Khmer che un tempo abitava la Cambogia. Salgo su una torre, cammino per gli antri, il giardino esterno, quello interno e la biblioteca, mentre il sole si fa sempre più alto e caldo e il tempio inizia ad affollarsi di turisti, sia cambogiani che occidentali. Credo che una cosa accomuni tutti noi, la voglia di vedere almeno una volta nella nostra vita questo luogo pieno di storia, energia, emozioni, spiritualità.
Angkor Wat è solo uno dei diversi templi che si possono visitare nell’area in cui sorgeva la capitale del popolo Khmer. Il sito è così vasto che per vederlo tutto ci vorrebbero tre giorni. In uno sono riuscita a vedere il tempio Ta Phrom, in cui è stata girata una scena famosa di Tomb Raider, Preah Khan, in cui ho avuto la fortuna di partecipare a una preghiera buddista di gruppo e Bayon, oltre a girare la maggior parte dell’area in cui una volta sorgevano le case in legno del popolo Khmer con lo scooter. Consiglio vivamente di prendersi almeno due giorni così da poter visitare con calma anche il resto del sito, come la Terrazza degli elefanti e tutti gli altri monumenti di Angkor Thom, il cuore vero e proprio dell’antica capitale.
Verso le quattro del pomeriggio, esausta ma con il cuore pieno di gratitudine, decido di lasciare Angkor, e mentre guido tra la campagna cambogiana per ritornare a Siem Reap penso che è la vita non è un dono in sé, ma sta a noi creare momenti unici di felicità immensa, di prendere in mano la nostra esistenza e farne qualcosa di meraviglioso, come sento di stare facendo guidando al tramonto tra la foresta tropicale, templi antichi e persone del posto che svolgono la loro vita quotidiana in uno dei siti più belli e importanti di tutta l’Asia.