Domenica 24 giugno
Giornata dedicata alla visita di Zomba, distante 65km. Alle 7 siamo alla Durango Trasport Bus, alle 8 si parte ed in 90 minuti scendiamo a Zomba, cittadina pulita e ordinata, ex prima capitale del Malawi durante il protettorato britannico, terminato nel 1974, e attuale sede del parlamento. Attorno alla stazione si raduna una dozzina negozi e piccoli supermercati, in massima parte gestiti da indiani e cinesi. Per curiosità diamo un’occhiata ad alcuni hotel che risiedono di fronte alla stazione, come il Welcome hotel che troviamo in pessime condizioni e la Resthouse, dotata di camere doppie ed un paio di dormitori a costi e “comfort” diversi: con o senza lenzuola.
Tenuta meglio del nostro alloggio a Blantyre, ma anche qui alcuni neri hanno il solito sudore dall’odore pungente e nauseabondo. Accanto, il Gongola Inn ha una sala disco, dove si balla al sabato pomeriggio e sera. Oggi, invece, è domenica e la città è tranquillissima, più gradevole di Blantyre ma offre poco più di un paese. Come a Blantyre ci sono pochi luoghi di ristoro ed i fish and chips servono gli stessi cartocci unti e poco appetitosi. L’atmosfera decisamente più interessante la troviamo al mercato, nella parte centrale della città, dove gli abitanti dei villaggi vicini vendono i loro prodotti agricoli e di alimenti freschi, compreso tabacco, riso e mais, assieme a vestiti usati e ad oggetti vari, ma anche pesce appena pescato o essiccato dei laghi Malawi e Chilva.
Belle le sedie in legno ed i vasi di terracotta, veri manufatti d’arte. Sono in vendita anche numerosi articoli in avorio, d'altronde il Malawi è conosciuto in tutta l’Africa per il commercio legale di avorio. L’avorio che gli artigiani ottengono dal governo al prezzo di 27k al kg viene dalla Game Reserve nei pressi di Lilongwe, popolata da elefanti.
In genere la gente ci osserva, spesso in modo amichevole, e c’è sempre qualcuno che nel vederci lancia un aperto saluto per attaccare bottone. Così è Mario, dal nome italiano ma dalla pelle più nera tra i neri, dai riflessi persino blu. Mario spiega che l’attrazione più grande che spinge i bianchi a Zomba è lo scenografico monte che si sviluppa alle spalle della cittadina, chiamato Zomba Plateau, un altopiano popolato da singolari conifere che contrastano con la tradizionale vegetazione dell'Africa australe.
L’altopiano, situato a circa duemila metri d’altitudine, è in gran parte costituito da una roccia granitica risalente al periodo Giurassico. Qui, si possono trovare pietre preziose e semipreziose come il quarzo. Le attività offerte dallo staff del Ku Chawe Inn, l'hotel più lussuoso della zona situato proprio ai margini dell'altopiano, includono arrampicata su roccia, equitazione, birdwatching e pesca. I turisti possono anche dormire in case di tronchi o accamparsi presso l'allevamento di trote. Per arrivarci e godere dell’ampia vista panoramica, occorre fare 9km di salita a piedi. Stesso percorso che raccontava ieri di aver fatto il canadese Loren. Dalla cima, Loren ha poi perseguito per altri dieci chilometri sino alla Hole Caverne, nei pressi del Shire River, il fiume che bagna Blantyre e sfocia nel lago Malawi, noto per essere popolato da elefanti, antilopi ed ippopotami.
Sulla via del ritorno in stazione, vediamo una casetta in mattoni con la scritta vendesi per 385k, pari ad appena 480 dollari, prezzo incredibile: molto meno del frigo o della stufa visti in vendita a Blantyre. Peccato non ci sia il proprietario col quale conversare e guardare gli interni. Giunti in stazione, i bus diretti a Blantyre arrivano da altre città spesso già pieni. Aldo decide di fare l’autostop e questa volta funziona, alle 13 siamo di nuovo a Blantyre.
Nel ristorante della Guest-house, per la prima volta assistiamo ad una lite tra malawiani al limite dello scontro fisico. L’atmosfera è contagiosa e pure Aldo e Valentina iniziano un battibecco che si spegne in fretta. Anche ora noi diciamo basta! Non ai due litiganti ma al piatto unico e onnipresente di insalata e patate. Oggi è domenica e festeggiamo con un ricco sandwich dessert chiamato “ntotchi”, ovvero una pagnotta di pane arrostito farcita con un uovo fritto, purè di banane, lattuga e patatine fritte come contorno.
Anche per stare al caldo ci chiudiamo dentro al cinema Apollo-Vistarama per vedere The Wild Bunch, in italiano “Il Mucchio Selvaggio”, un bel film western già visto a Singapore nel ’69 con Adriano e Paolo. In questo cinema, con lo stesso prezzo al pomeriggio proiettano un film, mentre alla sera ne mostrano due. All’uscita, è il turno di curiosare, buttare il naso, dentro al Blantyre Sport Club esclusivo per bianchi, fornito di pub, campo sportivo, sala giochi con slot machine, ecc., niente di esaltante. Passiamo poi al ristorante cinese Gang Nam, dove si mangia benino con poca spesa. Il fatto è che noi siamo senza soldi. Per esempio, questa sera non abbiamo neppure da pagare l’alloggio di un dollaro e mezzo a testa, un ostello governativo che si paga giorno per giorno, e se domani la banca non “sgancia” siamo alla fame. Tornati alla guest-house, Aldo esce, dice che “va in giro a cercare calore tra la gente perché è gratis”.
Lunedì 25 giugno
La mattinata inizia con un’accesa discussione alla Guest-house: se non paghiamo il direttore minaccia di sbatterci fuori. Dalla reception telefoniamo alla banca e la risposta è la medesima: “No any telex from Thomas Cook”. Con gli ultimi spiccioli facciamo una magra colazione e abbiamo completamente finito i soldi, neppure 10 lire in 3. Per fumare, non possiamo neppure comprarci un pacchetto da dieci di Ascot o di Life, le due marche più popolari, adesso ci tocca pure scroccare le sigarette.
Facciamo due conti, per riuscire a partire abbiamo bisogno di 38k, che servono per il trasporto all’aeroporto, per la tassa d’imbarco, per spedire il pacco di Aldo e per mangiare qualcosa. Torniamo in banca, dove negano categoricamente un prestito ad Aldo. Usciamo per una pausa. Ipotizziamo che i soldi arrivino entro oggi ma è una speranza troppo esile. Aldo allora rientra in banca con 40 mila lire italiane che in genere non cambiano e, infatti, gli impiegati si rifiutano di cambiare. Aldo va quindi a fare del baccano col manager che, sfinito, decide di guardare il tasso di cambio e ci consegna i 40k utili a partire. Adesso possiamo andare in Camerun e da là faremo fare un telex alla Thomas Cook. Abbiamo il denaro giusto contato per partire, tuttavia, giorni prima ci sono stati indicati altri due negozi d’artigianato locale, uno a Limba in Chold Road, e l’altro è l’Harris shop a Vumgwe, distante 5 miglia da Blantyre, e ci spiace partire senza poter acquistare e spedire in Italia altre magnifiche maschere tribali o qualche altra automobile in fil di ferro dei bambini.
In centro, passiamo spesso davanti alla cattedrale anglicana di Saint Peter, datata 1922, luogo di culto e cuore spirituale della comunità cristiana di Blantyre. Oggi troviamo sia il cancello che la porta spalancati, un invito ad entrare. L’interno gotico è molto suggestivo, con soffitti alti, vetrate colorate e dettagli architettonici gotici. Il custode ci invita a salire sulla torre campanaria per godere di un’ampia vista panoramica di Blantyre. La cripta, invece, custodisce antiche lapidi e sepolture. Tutt’attorno, un curato e tranquillo giardino dove rilassarsi e riflettere.
Nell’ora della messa, di colpo la cattedrale ci appare particolarmente affollata. Questo è un paese di bigotti, brava gente, semplice e aperta al dialogo, che rimane però ancorata alla tradizione, marcatamente maschilista. Anche qui, le donne sono abituate a faticare con pacchi sulla testa e figli sulla schiena. L’uomo non fa nulla e non può neppure aiutare la moglie, poiché per la mentalità locale sarebbe un atto di debolezza, vergognoso.
Andiamo a fare un po' di spesa. All’ingresso del supermercato, solo i neri devono lasciare le borse al custode, mentre i bianchi passano con borsoni senza controlli, tanto si pensa che i bianchi hanno soldi e non hanno bisogno di rubare. Alla cassa incontriamo Boris, un operaio polacco che ci informa di un campo di lavoro italiano alle Nkula Falls, distanti 30 miglia, dove i nostri connazionali stanno costruendo una centrale elettrica per conto dell’impresa milanese Cogefar-Impresit, della quale ho già avuto modo di apprezzarne la grande ospitalità, sia in Pakistan nel 1969 che in Somalia in questo stesso viaggio. Dove non c’è alcuna rappresentanza diplomatica del nostro paese, come qui in Malawi che dipende da Lusaka, nei loro campi di lavoro sparsi per il mondo, in genere si trova il massimo dell’assistenza possibile, perfino commovente. Si sente il calore dell’italianità più sana e bella, come il ritorno dalla mamma.
È un gruppo multinazionale italiano che opera nel settore delle costruzioni, attivo in tutti i continenti nella realizzazione di grandi opere di ingegneria civile e di edilizia industriale, come dighe, impianti idroelettrici ed opere idrauliche, ferrovie, metropolitane, aeroporti, strade e autostrade. Boris dice che c’è un ufficio Cogefar qui a Blantyre. Non conosce l’indirizzo esatto ma ci indica comunque la zona dove, secondo lui, dovrebbe essere. Chiedendo in giro, riusciamo a localizzare la sede in una villetta appena fuori città, sulla strada che porta a Mandala, accanto al palazzo del Ministro della Cultura. Qui, Matteo di Brescia, ci riceve entusiasta ed ascolta le nostre peripezie con sincero trasporto ed empatia. Matteo telefona alla segreteria del campo di Nkuala, parlo con Mr. Pellegrini e il direttore Mr. Aloco, i quali, senza esitare ci invitano tutti e tre al campo per vitto e alloggio gratuiti. Addirittura, insistono per farci prendere un taxi che pagheranno loro all’arrivo. Matteo dice che, volendo, ci sono pure due camion dell’impresa che ogni giorno vanno al campo, situato fuori strada, a destra dopo l’aeroporto.
Questo invito, così caloroso, rivoluziona i nostri pensieri. I campi di lavoro dell’Impregilo sono forniti di ogni confort, incluso il cinema, l’infermeria e una mensa con cucina strepitosa, di standard italiano. Isole di piacere, privilegiate, circondate da ambienti spesso inospitali. La tentazione di accettare l’invito e rinviare di una settimana la partenza per il Camerun è forte. Quando, lontani da tutto si resta senza fondi e lo stomaco brontola, come nel nostro caso, la testa comincia a valutare ogni opportunità con urgenza. Ipotizziamo che, se pure oggi non arrivassero i soldi in banca, potremmo disdire il nostro volo di domani per Lusaka e Douala. Poi in camion andiamo a Nkuala. Se invece dovessero arrivare, cosa abbastanza improbabile, domani mattina partiamo.
Per rilassarci e lasciar spazio alle idee, andiamo a bere un caffè al superlativo mercato di Limbe, una manciata di miglia ad est del centro e facile da raggiungere, tra la miriade di bancarelle che vendono una vasta gamma di prodotti. Oltre al piacere dello shopping, il mercato offre anche un'ampia varietà di specialità locali cucinate dai venditori ambulanti. La più richiesta è la carne grigliata chiamata “nyama choma”. Tra le bevande tradizionali, è molto usato il “thobwa”, un liquido ricavato dal miglio e dal mais bianco fermentato ma non alcolico.
Torniamo alla guest-house sul tardi per non incontrare nessun impiegato che chieda soldi per la camera. Notte nevrotica di grande incertezza nel decidere se domani partire o restare.