La prima volta che Baku richiamò la mia attenzione fu per puro caso. Facendo zapping sulla televisione mi ero imbattuto nelle immagini di una gara di formula uno: bolidi sfreccianti su un lungomare stretto fra il mare azzurro e grandi edifici bianchi Belle Époque, su sfondo di grattacieli. “Ah, il Gran Premio di Monaco” mi ero detto annoiato, prima di accorgermi di alcune anomalie: fra i palazzi bianchi svettavano i minareti e si scorgevano mura medioevali.

Si trattava sì di un Gran Premio, ma era quello… dell’Azerbaijan, a Baku! Rimasi subito affascinato da questo miscuglio di antico e di moderno, di oriente e di occidente e mi ripromisi un giorno di visitare quella città. Ebbi la fortuna di poterlo fare qualche anno dopo, per motivi di lavoro. Le mie aspettative non andarono certo deluse, anzi! Scoprii una città - e un Paese - di antichissima civiltà e di grande interesse.

Baku e l’Azerbaijan

Le ragioni di questo interesse sono legate innanzitutto alla posizione geografica dell’Azerbaijan, paese transcontinentale situato al confine tra l'Europa orientale e l'Asia occidentale. Nel Caucaso meridionale, a cavallo fra Est ed Ovest, Nord e Sud, mar Nero e mar Caspio, il Paese è da sempre uno snodo fondamentale sulla via della seta. In quanto tale, ha avuto una storia millenaria e tumultuosa.

La popolazione azera è di etnia e lingua turche ma di civiltà persiana. L’Azerbaijan fu infatti quasi sempre sotto la dominazione delle varie dinastie dell’Iran. L’espansione araba del VII secolo vi sostituì la religione zoroastriana con quella islamica e il periodo dei Selgiuchidi, una dinastia turca che dominò la Persia nei secoli XI e XII fu cruciale nel plasmare la nazionalità etnolinguistica dei moderni turchi azeri. Molto importante anche la dinastia dei Shirwanshah, una casa regnante locale, persianizzata, che dominò l’Azerbaijan dall'861 al 1539. Sotto di essa fiorì un’importante letteratura, il cui più famoso esponente fu il poeta classico Nizami di cui parleremo più sotto.

In epoca moderna, dopo la sconfitta da parte della Russia nel 1813, l'Iran fu costretto a cedere l’attuale Azerbaijan all’impero zarista. Sotto il dominio russo iniziò la corsa al petrolio azero che portò, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, a un periodo di prosperità e crescita senza precedenti. Gli sconvolgimenti della grande guerra resero l’Azerbaijan indipendente nel 1918, ma il nuovo Stato durò poco. Nel 1920 i bolscevichi russi occuparono il Paese e proclamarono la Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbaijan, poi annessa all’URSS.

In questo periodo di sconvolgimenti si svolse a Baku il famoso e pittoresco “Congresso per la liberazione dei popoli dell'Oriente” descritto dal giornalista americano John Reed nei suoi reportages. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale il petrolio di Baku divenne l’oggetto principale delle mire dei tedeschi, che però furono fermati a Stalingrado (secondo alcuni storici, se avessero raggiunto i pozzi petroliferi di Baku, avrebbero anche potuto vincere la guerra). La fine dell’Unione Sovietica nel 1991 portò alla rinascita, senza eccessivi scossoni, di un Azerbaijan indipendente e all’attuale democrazia … “autoritaria” sotto la “dinastia” degli Aliyev.

E veniamo brevemente all’oggi. L’Azerbaijan è fra i maggiori produttori di idrocarburi al mondo e sta vivendo un secondo boom petrolifero che ha portato ad una crescita economica tumultuosa. Il Paese si è inoltre ritrovato al centro di una nuova via della seta fra Asia ed Europa, punto di partenza e di transito di innumerevoli oleodotti nonché snodo ferroviario e stradale di primaria importanza.

Questa posizione privilegiata comporta anche dei rischi: si tratta di un’area geopolitica particolarmente “calda” contesa fra ambiziose potenze regionali quali la Russia, la Turchia e l’ Iran (per non parlare delle interferenze di Stati Uniti, Cina ed Unione Europea…) e contrassegnata da un permanente e sanguinoso conflitto con l’ Armenia per il controllo del Nagorno Karabakh.

Come ho potuto constatare durante la mia visita, tutte le vicende sopra rievocate hanno lasciato molte testimonianze a Baku, creando il contrasto fra antico e moderno che caratterizza tutta la città: dai resti dei più antichi edifici zoroastriani (la “Maiden Tower”, una “torre del silenzio” su cui i cadaveri venivano esposti perché fossero spolpati dagli avvoltoi), all’architettura islamico-persiana del medioevo (le mura che cingono la città vecchia, il palazzo dei sovrani Shirwanshah), alle grandi dimore di fine Ottocento dei magnati russi del petrolio, agli avveniristici grattacieli del nuovo boom petrolifero.

Degni di nota sono anche il palazzo del governo, in stile “staliniano-orientalista” (?), costruito dai prigionieri tedeschi durante la Seconda guerra mondiale e il lungomare. Percorrendolo, si potrebbe quasi pensare di essere sulla Croisette di Cannes o sulla Promenade des Anglais di Nizza, non fosse per la diversa vegetazione (al posto delle palme ci sono contorti pinastri) e il fatto che il mar Caspio, dall’aspetto vagamente oleoso, non è certo il Mediterraneo!

Una menzione speciale meritano le “Flaming Towers”, tre enormi grattacieli che sovrastano la città e di notte si illuminano come torce. Nelle intenzioni del governo, vogliono simboleggiare sia il boom petrolifero che le antiche origini zoroastriane (religione che ha nel fuoco il suo elemento principale di culto) dell’Azerbaijan.

Ma andiamo per ordine, ed approfondiamo alcuni aspetti della cultura azera.

Il Paese del fuoco

Il nome «Azerbaijan» letteralmente significa «terra di fuoco». E questo, per due motivi.

Innanzitutto il Paese è il luogo di nascita dello zoroastrismo, la religione che nel fuoco ha il suo simbolo. Lo zoroastrismo (definito anche mazdeismo, dal nome del dio creatore Ahura Mazda) è la religione basata sugli insegnamenti del profeta Zarathustra (o Zoroastro), originario dell'odierno Azerbaijan. Dominante dal VI secolo a.C. nelle regioni iraniche e dell’Asia Centrale, lo zoroastrismo non venne del tutto soppiantato dall’avvento della religione islamica nel VII secolo d.C., e piccole comunità zoroastriane permangono ad oggi in Azerbaijan.

Se gli azeri sono a grande maggioranza musulmani, mantengono comunque molte tradizioni di culto zoroastriano, come la festa di Nowrouz che segna l'inizio del nuovo anno. Il collega azero che mi accompagnava nel mio viaggio mi raccontò per esempio che da bambino veniva fatto saltare sopra un falò, a liberazione dal male e dalle malattie, bruciati nel fuoco sacro.

In secondo luogo, la penisola di Absheron, che si inoltra per sessanta chilometri nel mar Caspio, e alla cui estremità sorge la capitale Baku è famosa per essere una località in cui il petrolio sgorga naturalmente dal terreno e le fiamme bruciano perennemente alimentate dai vapori di idrocarburi naturali che fuoriescono dalla roccia. In questa regione sono concentrati i maggiori giacimenti petroliferi dell’Azerbaijan, da cui dipende il 50% del PIL del paese.

Nei pressi di Baku visitai l’antico tempio di Ateshgah, meta da tempo immemorabile di credenti provenienti fin dall’India, che giungevano qui per pregare e meditare davanti all'eterno fuoco sacro che esce dalla terra (si ritiene che i Re Magi della tradizione cristiana fossero alti sacerdoti della religione mazdeista).

(Sia detto per inciso: uscendo da Baku per percorrere i trenta chilometri che la separano dal tempio, ebbi anche un’idea delle disparità che esistevano fra la capitale e il resto del Paese. Lasciato il centro, con le sue rutilanti concessionarie di auto di lusso, le sue boutiques, le sue enoteche e i suoi ristoranti alla moda, mi sono trovato in un paesaggio post-apocalittico degno del film Stalker di Andrei Tarkovsky: veri e propri crateri nelle strade dissestate, antichi impianti petroliferi dismessi e anneriti, grovigli di filo spinato arrugginito, fango, catapecchie e cani randagi).

Il “Paese dei poeti”

La dinastia dei Shirwanshah prima menzionata è nota per il suo patrocinio della cultura, soprattutto durante il XII secolo, quando fu punto focale della letteratura persiana, attirando molti poeti illustri.

Come si è detto, il principale fra questi fu Nizami Ganjavi (1141–1209), poeta nazionale dell’Azerbaijan, paese in cui si situano i suoi natali e in cui si trova il suo mausoleo. Non a caso, la sua statua troneggia in una delle piazze principali della capitale. L’orientalista Alessandro Bausani, di cui ebbi la fortuna di essere allievo all’Istituto Orientale di Napoli nel 1973-74, lo considera addirittura il più grande poeta della letteratura persiana.

Secondo alcuni studiosi, il suo poema sui tragici amori di Layla e Majnoun e di Khosrov e Shirin (amanti la cui passione non viene attenuata dalla separazione, dalle mille peripezie e dai mille ostacoli, sino alla tragica fine) avrebbero ispirato a Shakespeare il suo “Romeo e Giulietta”. Anche Byron definì l'opera come la versione orientale di Romeo e Giulietta. Innumerevoli altre versioni delle vicissitudini di Layla e Majnun, la più popolare storia d’amore di tutto l’Oriente musulmano, si sono susseguite nei secoli, in arabo, turco e persiano.

Un’altra importante opera di Nizami è l’Iskander-Nameh, la storia di Alessandro Magno, che si colloca in una ben consolidata tradizione mediorientale di narrare le gesta dell’eroe macedone.

Altri grandi poeti, attivi fra l’undicesimo e il sedicesimo secolo furono Khaqani (autore di ghazals, poemi di amore profano), Nasimi (mistico sufi condannato ad una morte atroce per i suoi divans di argomento religioso ritenuti blasfemi) e Fizuli (autore di masnavi, poemi di natura teologica e politica). Tutti loro scrissero sia in persiano che in azerbaijani e rappresentano un esempio di sintesi delle culture turca e persiana.

E tutti appartengono di diritto, al pari di Firdusi, Omar Khayyam, Rumi, Sa’di e Hafez alla grande tradizione della letteratura classica della Persia, ad una poesia e ad una mistica che si collocano ai vertici della letteratura universale.

Insomma, non a caso l’Azerbaijan si pregia di essere il “Paese dei poeti”, e ha loro dedicato un intero museo, il Museo della letteratura azera di Baku. Creato nel 1939 (la cultura venne molto valorizzata al tempo della Repubblica Sovietica), è ospitato in uno splendido edificio di epoca zarista ricoperto di maioliche turchesi e ornato sulla facciata dalle statue delle principali figure letterarie del paese. Per l’estensione e la ricchezza delle sue collezioni penso non abbia quasi, nel suo genere, rivali al mondo.

Un Paese, due culture

Da quel si è detto fino ad ora si capisce come l’Azerbaijan sia un paese tiraillé fra due culture/civiltà: quella turca e quella persiana.

Se la popolazione più antica è di ceppo iraniano (i Medi, un popolo indoeuropeo), il paese registrò una turchizzazione dopo la conquista della regione da parte dei Selgiuchidi nell'XI secolo e un continuo afflusso di popolazioni turche provenienti dall’Asia centrale nei secoli successivi. La popolazione persiana originaria si fuse con i turchi e gradualmente la lingua persiana fu soppiantata da un dialetto turco che si evolse nella distinta lingua azerbaijani. Gli azeri moderni sono il secondo gruppo etnico più numeroso tra i popoli turchi dopo i turchi anatolici, e non va dimenticato che in Iran vivono, perfettamente integrati, venticinque milioni di azeri, molti di più di quanti ne risiedano in Azerbaijan.

Insomma, il paese si trova “strattonato” fra Ankara e Teheran, che sognano entrambe di imporre la propria civiltà all‘intero Medio Oriente per soddisfare le rispettive aspirazioni geopolitiche.

Se culturalmente gli azeri hanno ancora Teheran come punto di riferimento, in quanto storicamente gravitanti sulla Persia, dal punto di vista politico partecipano oggi attivamente del panturanesimo promosso da Ankara.

Questa solidarietà panturca si esprime nel tentativo della Turchia di unificare in una fascia geografica gli azeri del Caucaso, i Turcomanni al di là del Caspio e via via tutti gli altri turchi fino all’ Uzbekistan, al Kazakstan, alla Mongolia e alla Cina. Ad esempio di queste rinnovate velleità “neo-imperiali” della Turchia: estendendo i propri programmi televisivi, con i sottotitoli, alle nazioni dell’Asia centrale, i governanti turchi hanno favorito il passaggio dai caratteri cirillici - che sostituirono quelli persiani al tempo dell’Unione Sovietica - a quelli europei.

Conclusione

Come concludere con una nota di leggerezza questo pezzo troppo denso di riferimenti culturali, storici e geopolitici?

Forse con una menzione delle specialità culinarie del posto. Incrocio di tradizioni turche e persiane (con influenze russe), la cucina azera, di eccezionale qualità e varietà, meriterebbe a mio parere di figurare ai vertici della gastronomia mondiale. Fra i tanti piatti che ho potuto gustare in loco: lo Shah Plov, succulento timballo di riso pilaf; i Dushbara, piccoli ravioli con ripieno di carne di pecora, non troppo dissimili dai nostri tortellini in brodo e il kebab di storione del Caspio. Senza dimenticare l’ottimo vino rosso, che gli azeri sostengono addirittura di aver “inventato” loro (!) nella notte dei tempi.