Cinquantadue biciclette di un rosso fiammante, qualche ettaro di vigneti coltivati come giardini sui dolci pendii delle Alpi svizzere, appassionati viticoltori che aprono orgogliosi le loro piccole cantine, un po’ di fantasia e il gioco è fatto.

L’ho scoperto nel Mendrisiotto, la parte meridionale del Canton Ticino e di tutta la Svizzera, un angolo di territorio vicino a Lugano ma sconosciuto ai più, al confine col comasco e il varesotto. Basta scendere alla stazione ferroviaria di Balerna e raggiungere con una passeggiata un capannone moderno in via Sottobisio dove campeggia una scritta, anche questa in rosso: Borgovecchio vini. E poi una data, il 1978, a ricordare fieramente l’inizio dell’avventura.

Non siamo più in Italia, ma è difficile accorgersene, non solo perché la lingua non è cambiata, ma anche per l’accoglienza, informale e calorosa. A ricevermi è infatti un gruppo di coraggiosi e creativi sperimentatori che al termine della loro vita professionale si sono dedicati a far conoscere al mondo il loro territorio, che amano come se stessi.

Mendrisiotto Terroir comincia così, in una grande sala piena di vini, prodotti esclusivamente nella zona, e prosegue su un pulmino che ci accompagna fino alla cantina più alta per la prima degustazione, per poi continuare in bicicletta, lungo i sentieri tortuosi, delimitati da muretti in pietra, tra prati, vigne e mucche. Poca la fatica, visto che il percorso è in discesa e più che i pedali, si usano i freni. Tutto sotto il controllo di un campione olimpionico di ciclismo su pista, Rocco Travella, ovviamente mendrisiotto, che per due volte, nel 1988 a Seul e nel 1992 a Barcellona, ha tenuto molto alti i colori della Svizzera.

Sono tutte bici riciclate, ottenute mettendo insieme i pezzi di quelle abbandonate - spiega-. Poi le tingiamo di rosso. E funzionano perfettamente.

Così è. E se la fatica è poca, visto che il tragitto parte dall’alto e punta verso il basso, la soddisfazione e il divertimento invece sono assicurati dall’accoglienza dei cantinieri, che accompagnano il loro vino a spuntini con salumi provenienti ugualmente dalle loro fattorie visto che i cinghiali non sono ammessi nelle vigne, mentre sulla tavola sono più che benvenuti.

Non si può certo dire che alla base dell’iniziativa ci sia un lucroso commercio, poiché in tutta l’area si contano 51.000 abitanti e si producono circa 80.000 bottiglie l’anno: neanche due a testa. Tant’è che il loro vino non esce quasi dalla Svizzera, se non per piccole quantità. Importante, semmai, è la qualità del prodotto che viene dalle loro mani e la volontà di farlo sempre meglio.

Protagonista assoluto della scena del Mendrisiotto è il Merlot, da cui hanno origine anche molti bianchi. Ma al secondo posto sul podio troviamo certamente la passione di chi del vino ha fatto la sua vita. Come quella di Mauro Ortelli, fondatore dell’omonima cantina, azienda vincitrice nel 2022 del Gran Prix Ticinowine. È lui che in gioventù ha lasciato il lavoro per andare in Francia e imparare la vinificazione nelle scuole di Bordeaux, così da dedicarsi completamente alla vigna, che ora gestisce insieme al figlio. E ancora passione come quella di Cantinun e Zoe (al secolo Pierwalter Trapletti e Piermarco Soldini), il primo manovratore e il secondo macchinista della Ferrovia svizzera, oggi in pensione.

Qui da loro tutto è piccolo, dalla cantina ai vigneti, da cui si ricavano solo qualche migliaio di bottiglie ogni anno. Grande è solo l’amore per la viticultura che coltivano da sempre e che li ha ormai trasformati in leggenda, soprattutto da quando, nel 2017, al concorso Mondial du Merlot, il loro Piccola Vigna Merlot Barrique Ticino Doc 2012 si è aggiudicato il primo premio assoluto sbaragliando altri duemila concorrenti di zone vinicole ben più rinomate dell’intero globo.

Ogni leggenda ha i suoi aneddoti e anche Zoe e Cantinun (il nome è già un programma) ci raccontano di quando, ebbri più di gioia che di vino, si dimenticarono il premio in treno nel viaggio di ritorno. Quello che espongono adesso è una copia autentica (ma loro preferiscono dire ‘copia originale’), che gli organizzatori del premio gli hanno gentilmente concesso.

Qual’ è il nostro metodo? Quello del buon senso – rispondono -. La nostra filosofia è quella di produrre un vino genuino, lontano dalle logiche di mercato e dallo sfruttamento intensivo del territorio. Da anni ormai non usiamo più diserbanti.

Insomma il vino non solo come fonte di piacere per il palato, ma come arte. L’ arte di vivere in un’area ancora ‘vergine’ del nostro pianeta, di respirare bellezza, di rispettare il passato guardando il futuro senza l’ansia di voler sempre arrivare primi. D’altronde, se davvero la bellezza salverà il mondo, l’intera Svizzera avrà grandi meriti e il Canton Ticino farà la sua parte. Proviamo a salire sul Monte Generoso, all’estremità meridionale del lago di Lugano, per rendercene conto. Una spettacolare ferrovia a cremagliera nata nel 1890 si inerpica per 9 chilometri fino a raggiungere la vetta a oltre 1700 metri di altezza. Sembra di stare dentro un film di Walt Disney con i cerbiatti a pascolare indisturbati nelle fitte faggete che si incontrano nei 40 minuti di viaggio. Una fermata nel bosco per una foto, un breve ristoro, o anche un pranzo tradizionale, e poi l’ultima arrampicata verso la vetta.

Oltre alla cremagliera quegli stessi binari ospitano ancora il trenino a vapore usato nell’Ottocento con i vagoni Bella Epoque dalle tende a righe. Perfettamente funzionante, percorre lo stesso tragitto di 150 anni fa una volta alla settimana nel periodo estivo. Pensare che quei binari hanno corso il rischio di essere smantellati per farne materiali da guerra durante l’ultimo conflitto mondiale, nel timore di un’invasione. Uno slancio di nazionalismo bloccò questo scempio e li salvò per portare il passato fino a noi.

Una volta giunti sulla cima, invece, si guarda in avanti. Ad accoglierci, infatti, il grande Fiore di Pietra, ideato dall’architetto ticinese Mario Botta, una grande costruzione che allarga i suoi petali nella natura ospitando, non solo ristoranti e bar, ma anche spazi espositivi. Un tuffo nel presente e nel futuro, mentre il panorama resta ancora fiabesco: da una parte il lago di Lugano dorme placido nel fondovalle, dall’altra si allunga il bacino collinoso del versante italiano, mentre di fronte appare il lago di Como e, in lontananza, la cima innevata del Cervino. Uno dei tetti del mondo su un monte che è facile definire Generoso, di nome e di fatto.

L’arte dell’uomo non ha però niente da invidiare a quella della natura. Perché i tre castelli-fortezza medievali di Bellinzona, patrimonio dell’Unesco, se pure non regalano panorami chilometrici, raccontano invece la storia della valle del Ticino e dei suoi abitanti con un’opera imponente di architettura militare tra le meglio conservate al mondo. Per la verità furono gli italianissimi duchi di Milano, i Visconti e gli Sforza, ad erigere queste strutture difensive, considerate inespugnabili, per sbarrare l’ingresso della vallata e bloccare la via verso il territorio milanese. E fortunatamente sono arrivate fino a noi, esempio straordinario di fortificazione del territorio e di bellezza.

Oggi, che almeno da queste parti la guerra non si fa più, gli abitanti si dedicano ad un altro tipo di arte non meno attraente e salvifica. E proprio nell’incantevole cornice delle fortezze di Castelgrande, Montebello e Sasso Corbaro, lungo le antiche strade di Bellinzona, si svolgono ogni sabato altre singolar tenzoni, pacifiche, ma di grande interesse.

Così il formaggio della valle Leventina si scontra (o si incontra) con quello della valle di Muggio, ma fanno la loro parte anche il Gruyere e le specialità di altri alpeggi, mentre affilano le armi fondute e raclette. Gli insaccati prodotti secondo le vecchie tradizioni si alleano invece con il pane croccante. Infine i funghi raccolti nelle valli attendono la polenta ticinese, quella dai grani grossi e rossi. La battaglia finisce a spampezie, grandi biscotti con ripieno di noci.

In vino veritas, ammonivano i saggi latini. E i ticinesi li hanno ascoltati. Qualche secolo più tardi l’intraprendente Virginia Woolf aggiungeva che non si può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non si è mangiato bene. Quale migliore occasione?