Le storie capitano solo a chi le sa raccontare. Analogamente, forse, le esperienze si presentano solo a chi è capace di viverle.
(Paul Auster - La stanza chiusa)
È così soggettiva la lettura di un libro che una recensione potrebbe violarne l’essenza personale che ognuno ci troverebbe?
Appuntarmi quel che mi ha trasmesso il libro è un voler suggellare il patto, ben riuscito, tra lettore e scrittore.
La lettura di Trilogia di New York mi ha instradata verso una valutazione sbocciata come un papavero sulla neve, un evento straordinario, dopo averlo terminato e riposto, a malincuore, sul comodino. Per qualche giorno ho voluto ancora dialogare con Auster e i suoi personaggi.
Il maestro del giallo filosofico e surreale pubblica Città di vetro nel 1985 e Fantasmi e La stanza chiusa nel 1986. Vengono inseriti nello stesso volume perché le tre storie sono una sola, come afferma lo stesso Paul, e ognuna rappresenta un diverso stadio della sua presa di consapevolezza riguardo la storia stessa. Lo chiamo Paul perché lo vorrei come amico, andarci a prendere un caffè e parlare dei suoi racconti e dei segreti di scrittura con cui li crea.
Come ha scritto in Sbarcare il lunario. Cronaca di un iniziale fallimento:
fare lo scrittore non è una scelta di carriera, come fare il medico o il poliziotto. Più che sceglierlo, ne vieni scelto, e una volta constatato che non sei adatto a fare nient’altro, ti devi preparare a percorrere per il resto della vita una strada lunga e difficile.
Può sembrare stupido emozionarsi per questa frase ma chi non scrive non può capire la bellezza e il sacrificio di chi ama scrivere. La mente non è mai a riposo e anche negli attimi della quiete del sonno viene rivoluzionato ogni singolo pensiero, che pure Freud stenterebbe a capirne i meccanismi. Le immagini, ad occhi aperti e chiusi, sono la linfa che muove la mia scrittura.
Paul Auster scrive tre detectives stories che nulla hanno a che vedere con le indagini classiche di Holmes o Miss Marple che conosco bene.
Deve essere letto da chi non si aspetta banalità, da chi ha aspettative alte, su trame e personaggi.
Potrebbe capitare a tutti di ricevere nel cuore della notte, una telefonata, ed è così che inizia il libro. Ma come reagireste se la voce chiedesse, per tre notti di seguito di qualcuno che non è chi risponde e voi lo assecondaste? Inizia l’imprevedibile in quella New York che il protagonista si è costruito attorno, sicuro di non volere lasciare più.
Le tre storie hanno in comune i libri, New York e i nomi dei personaggi. Vengono fuori paure e solitudine, in eventi che si incastrano e risucchiano il lettore attento, fino all’ultima pagina.
Si, il lettore attento. Per altri lettori ci sono altri libri.
Leggere Paul Auster significa stratificarsi in più vite e più realtà in una intimità che ci catapulta accanto a lui e se non troviamo una spiegazione, poco importa.
Per Auster, come ha scritto in Leviatano, "la più piccola parola è circondata da acri ed acri di silenzio, e perfino quando riesce a fissare quella parola sulla pagina gli sembra della stessa natura di un miraggio, un granello di dubbio che scintilla nella sabbia".
La razionalità non è per lui, non perdiamo tempo a decifrarlo. Non aspettatevi attracchi a porti sicuri ma a scorribande e cacce al tesoro, siete saliti su una nave pirata, non su una nave da crociera.
Ama osservare le persone aspettando quel qualcosa di imprevedibile e straordinario che ne sconvolge la vita, come è successo a lui stesso. Con la morte della nipotina Ruby, con la morte del figlio Daniel e con la sua malattia per la quale è stato bombardato dalla chemioterapia.
Anche la sua vita è una nave pirata e come ha affermato in un articolo apparso su La Stampa, il suo ultimo libro Baumgarten potrebbe essere davvero l’ultimo, in ogni senso.
Scrivere non è più un atto di libera scelta per me, è una questione di sopravvivenza.
(L’arte della fame)
Ringrazio lo scrittore Paul Auster per essere entrato nella mia vita, in un modo, di quelli che piacciono a lui. Inaspettato e sconvolgente. Riprenditi presto, esci da Cancerlandia. Il mondo attende i tuoi libri.
(N.d.A: questo articolo l’ho scritto a marzo 2024 prima che ci lasciasse.)
E come incontro immaginario è perfetto. Riposa in pace Paul e grazie per i subliminali suggerimenti sull’usare pseudonimi.