L’uomo contemporaneo è homo apaticus: è informe, amorfo, anzi, è polimorfo, è fluido ma palude. La liquidità è l’unica forma che sta in ogni forma. La forma propria del nostro tempo è l’assenza di forma o anche una qualsiasi forma che però non è in grado di caratterizzare, individuare l’uomo.

Eraclito sosteneva che non ci si può bagnare nello stesso fiume (cioè, nella stessa acqua), più di una volta, ma egli stesso nel “Cratilo” affermerà che in realtà l’uomo è impossibilitato a bagnarsi nel fiume, in quanto non può costituire fissità alcuna. L’uomo è fluido, per potersi bagnare occorre un’identità permanente. Nulla si può bagnare poiché la vita è puntiforme, non v’è identità, bensì fluidità.

Già nella figura mitologica di Prometeo v’è un accenno alla liquidità: egli per forgiare l’uomo, infatti, non utilizza la materia in forma solida, ma in forma liquida utilizzando le lacrime. L’uomo nasce, quindi, dalla materia liquida, la sua natura è incerta, ha un’origine non stabile. Il passaggio dall’essere al divenire si fonda sull’incertezza, sull’inaffidabilità.

A testimonianza di siffatte origini Lucrezio nel “De rerum natura” ci racconta di una condizione antropologica vicina al tema della liquidità: “naufragio con spettatore”; un uomo osserva su di una roccia il tragico destino di una nave che affonda in lontananza in mare aperto. Ciò scatena due passioni:

  • la passione di chi compatisce, partecipa alla tragica esperienza altrui;
  • la gioia di essere in una situazione di salda sicurezza.

Bisogno di sicurezza, di rassicurazione che scaturisce dalla incertezza, dall’instabilità.

Nietzsche, dal canto suo, urlerà: «Alle navi filosofi! Alle navi!», esortando i pensatori alla navigazione; invita cioè il pensiero moderno ad abbandonare la struttura della rassicurazione per lanciarsi nella procella, nella tempesta, inevitabile condizione d’incertezza che è propria dell’uomo.

La modernità va in crisi, si dissolve quella condizione di privilegio (centrale) che l’uomo accidentale aveva costruito, con la pretesa di poter avere una prospettiva universale. Tale condizione cade con la scoperta dell’irriducibilità a norma, dell’incertezza, del mutamento.

La vita non è un argomento, tra le condizioni vi potrebbero essere degli errori!

(Nietzsche)

La ragione giunge al limite della sua capacità di essere ciò che poi in realtà si rivela non essere: ordinatrice, costruttrice di felicità. Da siffatta istanza prende le mosse ciò che Bauman chiama “vita liquida”. Egli sostiene che una società può esser definita liquido-moderna se le situazioni varino prima che l’uomo le possa stabilizzare in abitudini stabili.

In una società solida si profilava, al contrario, una vita sostanzialmente definita in quanto la vita era considerata affrontabile con comportamenti imparati in virtù dell’esperienza maturata negli anni (acquisizione di un’identità: forma nella quale ci riconosce e si è riconosciuti.

Nella società liquida, invece prevale l’inadeguatezza, v’è l’incapacità di conservare una forma; l’esperienza non è più in grado di essere apprendimento della vita stessa. Non possiamo più fare esperienze perché le circostanze sono in continuo mutamento, cosa che non fa altro che alimentare la nostra incertezza. La vita liquida, al pari di un fiume, è successione di nuovi inizi, l’uomo per non essere messo da parte, scartato, deve continuamente riposizionarsi.

Varia anche l’idea di salvezza che non è eterna, non è rassicurazione dalla morte, ma dall’eliminazione, dall’essere rifiutato. Quella della vita liquida è una condizione border-line, limite. Passato e futuro si liquefanno in un presente continuo, progetto e memoria divengono sempre più sfumati.

La liquidità solo apparentemente scorre, in realtà è stagnante, è ripetizione incapace di progettazione, costruzione di nuove vie. Oggi l’uomo è zatteriere, segue la corrente, non naviga, quindi, non v’è intenzionalità.

Niente si crea, niente si distrugge, tutto si consuma: io speriamo che mi riciclo

Il prodotto principale della società dei consumi liquido-moderna è il rifiuto. Il rischio è quello di rifiutare lo stesso genere umano, rifiutandone, vista la situazione di stallo, anche il suo superamento. La vita liquida è una vita di consumi, tutto ha un valore d’uso che, una volta esaurito, rende la cosa un rifiuto. Il trucco sta nel rendere l’insoddisfazione permanente, ecco perché il consumismo è un’economia basata sull’inganno, sull’esagerazione e sullo spreco.

La via che conduce dal punto vendita alla pattumiera, perciò, deve essere breve e il passaggio rapido. Lo smaltimento dei rifiuti è perciò una delle principali problematiche che la vita liquida deve fronteggiare.

Ulteriore sfida all’interno della società liquido-moderna è la lotta per la sopravvivenza. In tale società ogni cena è un’occasione per mangiare e per essere mangiati, nella società dei consumi ogni consumatore è un papabile consumato-consumabile. Ancora una volta l’uomo deve accettare la sfida del divenire senza farsi nemmeno sfiorare dall’idea di rifutar-si, e se è vero che ormai il mondo è ridotto alla stregua di una discarica, è arrivato il momento di imparare a ri-ciclarsi.