Che cosa lega il capolavoro letterario Fahrenheit 451 e l’attentato dell’undici settembre alle Torri Gemelle? Apparentemente niente, se non il fatto che oggi voglio raccontare, per sommi capi, la storia di due grandi scrittori americani. Si tratta di Ray Bradbury, morto nel 2012 e di Hunter Stockton Thompson, morto misteriosamente nel 2005, mentre indagava sull’attentato terroristico che ha distrutto le due torri gemelle a New York.
I due scrittori americani sono legati comunque dalla circostanza che dai loro libri sono state tratte alcune pellicole di successo; in particolare dal romanzo Fahrenheit 451, scritto nel 1953 da Bradbury, è stato tratto un celebre film diretto da François Truffaut nel 1966; al romanzo Fear and Loathing in Las Vegas (Paura e delirio a Las Vegas nella traduzione italiana), scritto nel 1971 da Thompson, è ispirato il film omonimo girato nel 1998 da Terry Gilliam, con Johnny Depp nel ruolo dello stesso Thompson.
Due grandi romanzieri che se hai qualche dubbio sulla grandezza dell’America, ti riconciliano immediatamente con la sua cultura, al di là di ogni critica che possa venire mossa a certi suoi leader politici che, non sempre, hanno brillato nelle loro scelte.
Lo scrittore nordamericano ha certamente segnato in maniera indelebile il mondo della letteratura con la genialità dei suoi racconti e romanzi. Qualcuno ha creato per la sua scrittura l’etichetta di fantascienza sociologica, perché Ray Bradbury, attraverso i suoi scritti, intendeva mettere a nudo i segreti che si celano nella società contemporanea. Fu autore di oltre trenta libri divenuti leggendari, seicento racconti, decine di testi teatrali e riadattamenti cinematografici. Qualcuno un giorno ha detto che Ray Bradbury non ha mai avuto paura delle cose sconosciute, non ha mai temuto il diverso, il nuovo, l'inatteso. Non amava molto internet e, soprattutto, i libri elettronici. Ma è comprensibile in un uomo che, pur intelligentissimo, quando è morto, nel 2012, aveva quasi novantadue anni. Egli era nato infatti nell'Illinois nel 1920. Da giovanissimo si era però trasferito nella più ricca California in cerca di fortuna ma anche per sfuggire la morsa della grande depressione che nel 1929 era scoppiata negli USA, estendendosi poi in tutto il mondo occidentale.
Quello che mi colpisce sempre, parlando o scrivendo di scrittori americani è che da giovani, per pagarsi gli studi o per sbarcare il lunario, vendevano i loro racconti a riviste specializzate. Una gran cosa! Considerando che in Italia, a certe riviste non ci arrivi mai, a meno che tu non sia un figlio di X, o sia iscritto partito o movimento YZ, o faccia parte della bottega dell'intellighenzia K.
Il più grande capolavoro di Ray Bradbury è considerato Fahrenheit 451. L’ambientazione è quella di un ipotetico futuro in cui leggere libri è reato e l’unica forma di informazione e istruzione possibile è la televisione, attraverso la quale il governo controlla l’etica e decide cosa è giusto e cosa sbagliato. Per contrastare il reato di lettura è stato istituito un corpo speciale, i “bruciatori di libri” con il compito di trovare i libri clandestini e, appunto, bruciarli! Una geniale intuizione che a me ricorda certi fanatici e zelanti barbuti, o anche dei pedanti funzionari dei regimi totalitari che davano fuoco ai libri che non riportavano la dottrina ritenuta assoluta e veritiera (oggi, questi regimi, offuscano la rete, impedendo ai cittadini di attingere delle notizie a delle fonti diverse da quelle addomesticate da giornalisti prezzolati e compiacenti).
C’è chi crede che questo capolavoro letterario volesse essere un richiamo al periodo dei roghi nazisti dei libri, o ancora un velato tentativo di mostrare la società odierna dei consumi di massa e dei media capaci di plasmare le coscienze. Ma c’è ancora un’altra ipotesi: gli anni Cinquanta negli Usa furono un decennio molto particolare. Il senatore McCarthy, in carica per dieci anni, creò scompiglio perseguitando politici, attori e uomini di cultura, ossessionato dalla sua tendenza anticomunista. In quegli anni, persone di varia estrazione vennero accusate di essere spie sovietiche o simpatizzanti comunisti e furono oggetto d'indagini e accuse riguardanti le loro opinioni e la loro adesione a movimenti. Furono riservati a queste persone trattamenti poco democratici.
E in effetti Bradbury avvalora questa ipotesi con le sue parole: “Lavorai a Fahrenheit 451 mentre Joseph McCarthy stava facendo vivere un brutto periodo a molta gente e la sua commissione non lavorava davvero secondo i dettami della nostra democrazia. Visto che avevo bisogno di soldi pensai di vendere il racconto a qualche rivista, ma tutti avevano paura di pubblicarla per timore di finire sotto accusa”. Nell’opera diversi critici trovarono analogie con Orwell (1984) e Huxley (Il mondo nuovo). Le analogie ci stanno tutte, anche se gli stili di scrittura sono alquanto diversi.
Hunter Stockton Thompson può sembrare forse a qualcuno, in Italia, un Carneade, ma è stato un giornalista e scrittore di successo, emblematico di un modo di essere, dinamico e dissacrante allo stesso tempo, tipico di una certa America degli anni Sessanta, prodotto della rivoluzione underground dei figli dei fiori e della beat generation, nata prima a San Francisco, in California e poi diffusasi in tutto il mondo. Nato prima come giornalista sportivo è divenuto in seguito scrittore; il suo successo è andato oltre la fine della beat generation. Il suo romanzo più accreditato resta il già citato Fear and Loathing in Las Vegas, un resoconto del viaggio che Thompson fece, insieme al suo avvocato Oscar Zeta Acosta, ufficialmente per seguire i lavori della conferenza antidroga dell'Associazione nazionale dei procuratori distrettuali.
In realtà, Thompson e Acosta si mettono alla ricerca del sogno americano a Las Vegas, con l'aiuto di notevoli quantità di LSD, mescalina e numerose altre droghe. A tale vicenda è ispirato il film omonimo Fear and Loathing in Las Vegas girato nel 1998 da Terry Gilliam e con Johnny Depp nel ruolo dello stesso Thompson. Da ricordare anche un suo romanzo dedicato agli "Hell's Angels" i terribili teppisti californiani in motocicletta.
Thompson è morto in circostanze poco chiare nel 2005 (ma ufficialmente la morte è stata archiviata come morte per suicidio) mentre indagava sugli attentati alle Torri Gemelle di New York del settembre 2001. Il giornalista-scrittore cercava le prove per dimostrare che i servizi segreti americani, pur sapendo del terribile attentato alle Torri Gemelle in cui persero la vita quasi tremila persone, non sarebbero intervenuti in forma preventiva, per consentire al governo U.S.A. dell'epoca di intervenire successivamente nello scacchiere internazionale a scopo repressivo.
Un colpo di pistola mise fine alle sue inchieste mentre era al telefono con la moglie. In mancanza di prove certe, preferisco non esprimere alcun giudizio sulla teoria che Thompson si era ripromesso di dimostrare durante gli ultimi anni della sua vita; teoria che, d'altronde, è stata avanzata anche da altre parti. Certo è che senza il sanguinario e spietato attentato dell'11 settembre 2001, il mondo oggi sarebbe diverso. Sicuramente migliore e più sicuro.
Forse la storia saprà dare quelle risposte che la cronaca di questi ultimi ventidue anni non è riuscita a dare. Hunter Stockton Thompson resta comunque una figura emblematica di un modo coraggioso e diretto di fare giornalismo e letteratura tipicamente americano che in Europa, e soprattutto in Italia, ha fatto davvero pochi validi proseliti.