Adesso viaggiano sulle rotelle, in materiale leggero, e la macchina da presa le trova meno fotogeniche, viceversa le valigie vecchio stampo furono “scritturate” per decadi nelle epoche gloriose del grande schermo. Evocatrici di mistero nei noir anni Quaranta, simbolo di disfatta matrimoniale (di solito momentanea) negli anni Cinquanta. Miseria, vite perdute, flebili speranze di avvenire in luogo esotico: ci si poteva infilare di tutto. Siccome il regista Paolo Benvenuti è protagonista, fin da ragazzo, di vicende cinematografiche anche fuori dal set, era fatale che gli toccasse in sorte una valigia da film. Dimenticata in una cantina pisana, traboccante di rivelazioni su Giacomo Puccini.
Assistente di Roberto Rossellini nel 1972, aiuto regista di Jean Marie Straub nel 1974, Benvenuti è autore di corti, documentari e sei lungometraggi nei quali ricostruzioni storiche scrupolose rifulgono in una bellezza formale che proviene dalla sua passione pittorica coltivata con gli studi. Dopo aver restituito la dignità a Gostanza da Libbiano, contadina processata dall’Inquisizione come strega, impersonata da Lucia Poli nel film del 2000, premiato al festival di Locarno, Benvenuti pensò fosse tempo di riabilitare la figura di Doria Manfredi, giovanissima domestica di casa Puccini, trattata da servetta perfino dopo il suicidio avvenuto nel 1909.
Sempre appassionato di giustizia, il regista ha vissuto un’avventura degna di un detective culminata in Puccini e la fanciulla, pellicola firmata con Paola Baroni, presentata come evento speciale nel 2008 alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia e appena tornata alla ribalta in occasione del centenario della morte del compositore (1924-2024): proiezioni all’Arsenale di Pisa, in giro nei cinema d’Italia e l’estate prossima alle Terme di Caracalla. Un’opera senza dialoghi, le uniche voci sono fuori campo, che ammalia con la musica, le immagini e la luce.
Elvira Bonturi, moglie di Puccini, era convintissima di aver visto Doria baciare il marito in un canneto…
La storia di Doria Manfredi, saggio di diploma di Marcella Niccolini alla Scuola di formazione professionale operatori audiovisivi di Pisa, fece conoscere a Benvenuti il destino infelice della giovinetta. “Marcella Niccolini aveva intuito che dietro alla vulgata edulcorata, il suicidio di una modesta cameriera come gesto estremo di una delusione d’amore causata da Puccini, vi era altro - spiega Benvenuti nella postfazione del libro di Rossella Martina Giacomo Puccini Gloria e tormento -. Proposi, quindi, agli studenti della scuola di cinema Intolerance di Viareggio, di avviare l’indagine sul “caso Doria” ovvero scoprire, se possibile, le vere e inesplorate ragioni di quel suicidio”.
Elvira Bonturi, moglie di Puccini, era convintissima di aver visto Doria baciare il marito in un canneto, l’accusò ferocemente, la cacciò di casa, non si placò neanche dopo la sua accertata innocenza di vergine (l’unica richiesta di Doria, che non si difese con sufficiente determinazione, fu infatti quella di essere visitata post mortem). Elvira fu processata e condannata dal tribunale di Lucca per istigazione al suicidio e solo l’intervento del marito la salvò dalla gattabuia.
“Sono molti gli autori che ritengono gli innamoramenti di Puccini addirittura “funzionali” alla scrittura delle sue opere e che li collegano con le varie eroine; Mimì, Butterfly, Tosca -continua il regista -. Nessuno però è riuscito a individuare la donna reale che ha ispirato Minnie, la fanciulla del West. Gli studenti tornarono allora a Torre del Lago alla ricerca del misterioso personaggio femminile. Il primo indizio arrivò dalle foto dell’epoca: la palafitta denominata “Terrazza Emilio” o, meglio, il suo interno, con il bancone per la mescita dei vini. Ebbene guardando quelle immagini si notava una evidente somiglianza con il bozzetto del saloon “Polka” dove Minnie serve whisky ai suoi minatori, quello della prima rappresentazione a New York del 1910. Si scoprì così che alla “Terrazza” di Emilio c’era spesso la figlia del proprietario, Giulia, a servire e a tenere a bada i numerosi avventori”. Benvenuti racconta che, dopo la visione di Puccini e la fanciulla, Fortunato Ortombina, sovrintendente e direttore artistico del Teatro La Fenice, dal prossimo primo di settembre alla Scala, gli disse che il film offre la testimonianza della segreta e sorprendente toscanità di quella che si era sempre ritenuta la più americana delle opere pucciniane, La fanciulla del West.
Giulia Manfredi, nata nel 1889, era cugina di Doria. Sottomessa, quest’ultima, a una sorte che la volle trasparente e senza diritti, sguardo smarrito. Risoluta Giulia: alta, corpo bello, estroversa, sguardo penetrante. Sparava meglio degli uomini.
Elvira Bonturi, moglie di Puccini, era convintissima di aver visto Doria baciare il marito in un canneto mentre il buio forse nascondeva proprio Giulia. Elvira non ebbe dubbi perché granitica su un preconcetto. Sua figlia Fosca, nata dal matrimonio con Narciso Gemignani, era stata sorpresa da Doria a letto con il giovane librettista di Puccini, Guelfo Civinini: timorosa che la sua tresca fosse smascherata cominciò a sorvegliare la donna di servizio e notando cenni d’intesa fra lei, solo messaggera d’amore per la cugina Giulia, e il patrigno, le sguinzagliò dietro la madre.
Il giornalista Aldo Valleroni scrisse negli anni Ottanta del Novecento Puccini minimo nel quale già narrava di una lunghissima relazione del compositore con Giulia Manfredi e Giampaolo Rugarli nel romanzo La divina Elvira del 1999 già sospettava che Doria fosse stata scacciata perché testimone di una scena scabrosa. Nel 2006, Benvenuti venne a sapere da Giulio Marlia, coordinatore della scuola di cinema Intolerance, che Giulia Manfredi aveva avuto un bambino da padre sconosciuto, a Pisa. Nella sua veste di regista-investigatore si fiondò nell’archivio dell’anagrafe pisana dove scoprì che il 17 giugno 1923 una certa Gilda Manfredi (Giulia, dall’indirizzo e da altri dati scritti sul certificato) aveva partorito un maschio e lo aveva chiamato Antonio, come il figlio di Puccini ed Elvira.
Il piccolo non si era mai visto a Torre del Lago quindi non c’erano testimoni da interrogare e, in preda all’eccitazione, Benvenuti lo cercò a Pisa dov’era nato: “Antonio Manfredi era morto nel 1988 ma trovai sua moglie Nara e sua figlia Nadia. Proprio il marito di Nadia si ricordò che nel 1976 aveva accompagnato il suocero Antonio a Torre del Lago per recuperare gli effetti personali di Giulia, morta quell’anno. Antonio raccolse in una valigia le carte della madre e altri piccoli oggetti. Mise la valigia in cantina e non volle più sentirne parlare”.
Ovviamente Benvenuti pregò la famiglia di andare a vedere se il bagaglio accantonato fosse ancora lì: “Che incredibile scoperta! La valigia c’era, la aprimmo e trovammo uno straordinario contenuto fatto di ricordi, lettere e altri documenti che, dopo attento studio, non solo ci confermarono in pieno le nostre ipotesi ma chiarirono ancora meglio tanti lati oscuri del suicidio di Doria. Ma ciò che fu ancora più sorprendente, per me regista, è che nella valigia c’era anche un filmato: Puccini al pianoforte che si fa riprendere mentre suona un brano della Fanciulla del West. Un filmato che ho fatto restaurare e che ho presentato anche alla Mostra del Cinema di Venezia”. Le lettere sono state poi acquistate sul mercato dalla Fondazione Simonetta Puccini e al momento si trovano nell’archivio di Torre del Lago. Ma non fu certo Benvenuti il venditore. Anzi…
Se Elvira Bonturi, moglie di Puccini, che era convintissima di aver visto Doria baciare il marito in un canneto avesse potuto vedere le foto di Antonio Manfredi, di sua figlia Nadia, del trisnipote, non avrebbe esitato, davanti a quelle somiglianze da rimanere di stucco, a scagionare Doria e indirizzare gli strali su Giulia, la fanciulla di Torre del Lago, forse del West. Del resto, osserva Benvenuti, mettendo a confronto le foto delle due cugine: se foste stati Puccini, voi chi avreste scelto? Non che Giulia fosse carinella, ma era piena di fuoco.
Il fuoco del quale arde Benvenuti quando racconta questa storia, nell’ascoltarlo sembra che non ci siano altre storie al mondo e a una giornalista può capitare di dimenticarsi di registrare o di prendere appunti. Ah, ci sono poi aspetti che ancora non si possono rivelare.
E quando si diceva che la vita di Benvenuti è un film: le lettere contenute nella valigia gli sono state rubate. E nessun Auguste Dupin le ha scovate in un punto appariscente della stanza. “Ho fatto denuncia e vi è stato un lungo iter giudiziario che ha anche individuato diversi passaggi di proprietà delle lettere, compravendite e molto altro. La ricerca della verità continua da parte mia e dei miei legali”.
Un bel dì vedremo.